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Is 2, 1-5
Dal libro del profeta Isaìa.
Messaggio che Isaìa, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme.
Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore
sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli,
e ad esso affluiranno tutte le genti.
Verranno molti popoli e diranno: “Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri”.
Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore.
Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli.
Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada
contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra.
Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore.
Sal. 121
RIT: Andiamo con gioia incontro al Signore.
Quale gioia, quando mi dissero:
“Andremo alla casa del Signore!”.
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!
RIT: Andiamo con gioia incontro al Signore.
È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.
RIT: Andiamo con gioia incontro al Signore.
Chiedete pace per Gerusalemme:
vivano sicuri quelli che ti amano;
sia pace nelle tue mura,
sicurezza nei tuoi palazzi.
RIT: Andiamo con gioia incontro al Signore.
Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: “Su di te sia pace!”.
Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.
RIT: Andiamo con gioia incontro al Signore.
Rm 13, 11-14
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.
Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti.
La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.
Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.
Mt 24, 37-44
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
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UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO “MATER CARMELI” DI BIELLA
I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)
Vieni Signore Gesù!
(Is 2,1-5; Sal 121; Rm 13,11-14a; Mt 24,37-44)
Gesù richiama l’attenzione dei discepoli ai giorni di Noè in relazione alla venuta del Figlio dell’uomo.
Come descrive la Bibbia i tempi di Noè?
Essenzialmente non c’è relazione con il divino, l’umanità è immersa nella malvagità e il suo peccato la rende cieca e sorda ai richiami del Cielo, come dice il Salmo: “nel cuore dell’empio parla il peccato” (Sal 35,2).
L’unico in grado di cogliere la parola di Dio è Noè, uomo giusto con il quale Dio rinnova l’Alleanza nel segno dell’arcobaleno.
Tutta l’umanità distolta e immersa nella dimensione orizzontale e materiale della vita, ha perso il contatto con la sua origine e fine.
Il tempo si esaurisce nel qui ed ora, nel cogliere l’attimo fuggente senza radice e senza frutto, chiusi ad ogni senso ulteriore.
San Paolo, nella seconda Lettura, esorta ad essere consapevoli del momento, perché è ormai tempo di svegliarsi dal sonno (cf Rm 13,11).
Chi dorme vive in uno stato di incoscienza, non può accorgersi di ciò che accade, il cuore intorpidito non attende, resta avvolto e immerso nelle tenebre.
Gesù all’inizio di questo nuovo anno liturgico cerca di risvegliare in noi la fede nella sua venuta: la sua venuta con l’Incarnazione che celebriamo nel mistero del Natale, la sua venuta nell’anima di chi ama (cf Gv 14,24-24), la sua venuta nella gloria, quando si compirà la beata speranza e Dio sarà tutto in tutti.
In particolare della terza venuta ci parla il Vangelo di oggi, mentre il ritornello del Salmo ripete: “andiamo con gioia incontro al Signore!”.
Non si tratta di un’attesa immobile e triste, felici di procrastinare più a lungo possibile l’incontro con Cristo, ma come pregavano i primi cristiani, si tratta di affrettare con gioia la venuta del Signore cantando di cuore salmi, inni, cantici spirituali, ripetendo nel cuore e nella vita: “Maranathà”, che a seconda dell’accento significa: “Vieni Signore Gesù”, oppure: “il Signore è qui”.
Si, vieni Signore Gesù, tu che non sei lontano da ciascuno di noi, vieni, prepara la nostra terra ad accoglierti, rendici disposti a lasciare tutto pur di non perdere te, vieni Ladro divino e ruba i cuori che hai creato, vieni e fa di noi la tua eredità in eterno!
Le Sorelle Carmelitane
Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza
2 Sam 5, 1-3
Dal secondo libro di Samuele.
In quei giorni, vennero tutte le tribù d’Israele da Davide a Ebron, e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”».
Vennero dunque tutti gli anziani d’Israele dal re a Ebron, il re Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele.
Sal 121
RIT: Andremo con gioia alla casa del Signore.
Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!
RIT: Andremo con gioia alla casa del Signore.
È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.
RIT: Andremo con gioia alla casa del Signore.
Col 1, 12-20
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési
Fratelli, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce.
È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre
e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore,
per mezzo del quale abbiamo la redenzione,
il perdono dei peccati.
Egli è immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione,
perché in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte in lui sussistono.
Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
È piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli.
Lc 23, 35-43
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
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UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE
Un re, Davide (secondo re di Israele) e tutte le tribù indicano l’appartenenza (prima lettura).
Appartenenza che è di “tutto” l’essere: ossa e carne.
Il “legame di sangue”.
Dopo Saul le tribù si “compattano” sotto la guida di Davide, che è “appartenenza”, che “guida” e “conduce” e che è “promessa del Signore”.
Davide “conduce e riconduce”.
Davide “unto”.
Samuele lo aveva “consacrato” con l’unzione a Betlemme, la sua città di nascita e Davide conclude con gli anziani di Israele un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed “essi unsero Davide re d’Israele”.
Il rito dell’unzione era pratica di conferimento per un incarico sacro, ed in forza di esso il re veniva designato “unto” cioè mashiah (in greco christos).
Davide “scelto” da Dio e confermato dai rappresentanti delle tribù, un’alleanza, con diritti e doveri tra i contraenti: il re a “servizio” del popolo “davanti al Signore”, garante del “patto”.
Un’alleanza ed una appartenenza, un “mandato” da Dio: “Tu pascerai…”
La “guida” per il popolo e il popolo che si “affida”. Sappiamo quanto sia “bello” lasciarsi “guidare” e avere “cura” per le cose che “stanno a cuore”.
La “cura che guida”, che sa “condurre”…
Il “leader” della storia, a “nome di Dio”.
La “custodia” del popolo con il “titolo regale”.
Re di Israele.
Capacità, intelligenza, coraggio, tenacia, vittorie sui nemici… Davide si “distingue”… ma non basta…
La “cura” della pazienza dell’attesa, la cura dei gesti della speranza, delle attenzioni che troppo spesso anche come Chiesa non sappiamo più donare… troppo nelle “faccende affaccendati” si “dimentica” della cura paziente… “pascere”… verbo interessante (e ricordiamo “ripreso” da Gesù esortando Pietro (cfr.Gv 21,16 e Pietro negli Atti degli Apostoli “esorterà” di anziani” cfr. 1Pt 5,1-4 e At 20,28) indica il “provvedere il cibo alle pecore”, ma anche “avere cura, governare, proteggere, dirigere, curare con tenerezza”.
Verbo della “responsabilità”.
La “guida” di una comunità che “guida”, “cura”, “ha a cuore” con “responsabilità”.
Davide “pastore del popolo”.
Alla “casa di Davide” apparterrà la discendenza di Gesù: Dio prepara la “cura” l’Incarnazione del Figlio.
Dio prepara il “tempo” con cura.
Il “senso” per il “senso” del tempo e della storia.
Promessa al popolo.
Promessa che si realizzerà in quel “Pastore buono”, Cristo le cui cose sono state create “per mezzo di lui e in vista di lui” (seconda lettura), Lui che è stato il primo a vincere la morte e ad aprire a tutti il cammino verso Dio.
Così egli ha sottomesso al proprio potere i troni, le dominazioni, i principati e le potestà.
La ri-velazione di Cristo, “Signore dell’universo”.
Ri-velare… aprire al Mistero, ma anche nascondere ciò che non si può comprendere proprio perché Mistero: Cristo “immagine” del Dio “invisibile”.
Cristo, pienezza della Chiesa, Cristo “immagine e somiglianza” dell’uomo, di cui ri-vela la dignità.
Dignità della potenza e regalità di Dio, “ri-conosciuta” in quelle parole del malfattore sulla croce: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” (Vangelo).
Atto d’Amore assoluto che ri-vela il Regno.
“Venga il tuo Regno”… ha insegnato a pregare così Gesù, con questa richiesta…
E quel Regno è lì su quel trono-croce che rivela in pienezza l’annuncio del futuro di quel seme gettato…
Sulla sua testa sarà appesa la condanna INRI: lo ha deciso Pilato… “Tu sei Re?”
Quale “trono” per questo Re?
Un Suppedaneum inchiodato su un Patibulum appeso ad uno Stipes?
Eppure quel malfattore riconoscere il Re… “ricordati di me…” e come può Dio dimenticare?.
Un Re con il cuore misericordioso, che non scorda, che “porterà” nel suo Regno.
E tra tutti quelli che ai piedi di Gesù aspettano il “miracolo” e la “ dimostrazione” della “regalità”, si ode quel sussurro… non una voce… la timida parola pronunciata a fatica per il dolore della crocefissione, una sorte a lui “meritata” che riconosce che Gesù è “vittima” dal cuore regale.
Il “malfattore” giustamente condannato al patibolo della croce che “vede” la bontà di Gesù, che ri-conosce, “svela” e “ri-vela” la bontà di Gesù.
“Io che sono malfattore riconosco che tu non lo sei, ri-conosco che tu sei buono, che il tuo è Regno di Bontà e di Amore”.
L’evangelista Luca ci narra che mentre il “il popolo stava là a vedere” quella crocefissione, mormora, parla, si interroga… In realtà, il verbo utilizzato è theoréo, “contemplare, guardare riflettendo”, non è solo “guardare con curiosità”, “osservare”… è contemplare e riflettere…
Quella “crocefissione” non è come le altre…
Su quella croce c’è un Re: “Gesù Nazareno Re dei Giudei…” la condanna ad un “Re”.
Ma quel “Re”, proprio da quella croce, non “salverà se stesso”, ma “salverà il mondo”.
La “miopia” di chi guarda senza comprendere e la “voce flebile” ma veritiera di chi “vede” il “Regno” di pace e di giustizia.
La “regalità” di Dio osteggiata e ridicolizzata, giudicata “blasfema” a causa di quell’attesa non corrisposta… dovrebbe salvarsi se è il messia, dovrebbe scendere dalla croce se è re… (ricordiamo la precisione dei termini utilizzati nel brano dall’evangelista: verbo empaízein come ridicolo commento e scherno v.36; come oltraggio ed ingiuria verbo blasphemeîn v.39).
La “regalità riconosciuta” dal malfattore, tanto che “rimprovera” l’altro malfattore crocifisso “giustamente” e “meritatamente” (v. 40: verbo epitimáo) “Non hai timore…”.
Non la “paura”… il “timore” davanti ad un Re.
“Riconosco la tua innocenza nella Verità”.
A quel Re una “conversione”.
Quel regno che è “giunto” e che richiede il “convertitevi e credete”… la fede di chi ha “visto” il Re dal cuore misericordioso e puro, ricco di Grazia.
Il Re che “risponde”… “oggi con me sarai”… non sarai più solo, la tua esistenza è in me, per me, con me…
Oggi… il tempo “compiuto”… il Regno “abbracciante”, la comunione con Dio.
Il “dono” del Re in croce: il Re che “vede” e riconosce pur in ogni “malfattore” che c’è in noi, il seme del pentimento, la briciola del bene, la scintilla dell’ “immagine e somiglianza”…
Il “Re del bene”, il “Re dell’Amore donato”, il “Re della tenerezza misericordiosa”, il “Re che usa il suo “ultimo fiato” per “re-galare il Paradiso”, per “fare un posto nel Regno”…
“Ricordati di me…” non perché ho “paura”, ma perché “vedo il tuo Bene”, vedo il “tuo Regno”…
“Ricordati di me…” e “portami con Te”.
E la preghiera del “Padre nostro” con quella invocazione, diventa la preghiera del “Regno di Dio”, dell’accoglienza della Parola e del seme gettato, della pazienza che sa attende, dello sguardo che sa “vedere” il Re oltre gli oltraggi, gli sputi, i rivoli di sangue.
La preghiera del Padre nostro diventa la preghiera del Regno di pace, di giustizia, di misericordia, di perdono.
La preghiera del Padre nostro diventa la “preghiera del bene”, di quel Figlio, Incarnato, Re crocefisso che “non ha fatto nulla di male”, ma che attraverso il dolore, la sofferenza, la morte, condurrà nel Suo Regno.
La preghiera con quelle invocazioni del Padre nostro diventa la “preghiera del Regno dell’ostinato e tenace Bene”, dell’immenso e incommensuralbile Amore.
Amore eterno.
Santhià ha avuto il merito di donare a tutti, prima di tutto ai santhiatesi, ma non solo, un momento straordinario di unità ed identità civile.
L’intitolazione della biblioteca civica ad un gigante della Cultura, della divulgazione, della promozione delle tradizioni locali come il Cavaliere di Gran Croce Mario Pistono, padre di Fabrizio, presidente della Pro Loco, non è soltanto un tributo alla memoria di un cittadino che si è sempre speso, senza afasie, con gioia e impegno, per la propria città.
E’ il riconoscimento di quanto sia possibile cercare, nelle cose che uniscono davvero, occasioni per pensare il domani con il coraggio e la sapienza di veri “costruttori responsabili della società terrena”.
La semplice cerimonia di ieri, sabato, ha visto l’intervento del Sindaco, Signora Angela Ariotti e l’intervento davvero illuminante di un altro santhiatese con la “S” maiuscola, Piero Giuseppe Barbonaglia, ex Sindaco, ma soprattutto studioso e custode delle memorie cittadine.
Desideriamo offrire la versione integrale del suo intervento, affinchè resti patrimonio di tutti e consegni al futuro la figura di Mario Pistono. Si tratta di un testo ponderoso, quasi un trattato: merita però di essere letto, approfittando della “parte migliore” di Internet, cioè l’essere liberati dai problemi di spazio.
Qui il link ad un ricordo di VercelliOggi.it
Ecco il testo, con alcune immagini veramente rare.

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Relazione tenuta a Santhià il 15 novembre 2025 in occasione dellla intitolazione della Biblioteca civica al Cavaliere di Gran Croce Mario Pistono, Presidente della Pro Loco dal 1964 al 2013.
In occasione, il 13 luglio u.s., della celebrazione per il decennale della scomparsa del Cavaliere di Gran Croce MARIO PISTONO, avvenuta Il 15 giugno 2015 all’età di 86 anni, conclusi la mia relazione proponendo alla Sindaca Angela Ariotti di valutare l’opportunità di intitolargli la Biblioteca civica. da lui fondata, in qualità di Presidente della Pro Loco, nel lontano 1963. e diventata, nel tempo, una delle realtà culturali più importanti non solo della provincia di Vercelli ma di tutto il Piemonte. La sindaca, presente alla celebrazione, promise che avrebbe sottoposto l’idea alla Giunta municipale ed oggi quella promessa è diventata realtà.

Intervento della Sindaca Angela Ariotti in occasione della celebrazione del decennale del decesso
Mario Pistono era nato a Fossano l’11 maggio del 1929. Giovanissimo, all’età di sei anni, il 17 febbraio 1935 in una fredda domenica, si era trasferito, con la famiglia, a Santhià dove il padre Ovidio aprì un negozio di “Ferramenta” con annessa attività di “Mulita. Quel negozio, alla morte del padre, venne rilevato dal figlio Mario ed al suo pensionamento dal nipote Fabrizio sino al 30 marzo u.s., giorno di chiusura definitiva dell’attività durata ben 90 anni.
Giunto alla stazione Mario fu colpito da un avvenimento che probabilmente lo avrebbe condizionato, in positivo, per tutta la sua vita: L’arrivo di Gianduja. Infatti il 17 febbraio 1935 era la domenica di Carnevale ed era anche la prima volta i cui il Maestro Eugenio Sacchetti, succeduto al maestro Peppino Violino emigrato in America, aveva assunto la Direzione della Banda musicale “Cesare Battisti”, direzione che manterrà, anche dopo la guerra, quando la Banda cambiò il nome in Banda musicale cittadina, per 46 anni sino al 1980, anno della sua morte.
Con la morte di Mario nel 2015, se ne è andato il più importante protagonista della storia culturale della città degli ultimi 50 anni.
Autodidatta, aveva frequentato solo le scuole dell’obbligo, durante la sua vita si aprì ad ogni sapere ed acquisì conoscenze approfondite nel campo della cultura, dell’arte e della musica mettendole a disposizione di tutta la cittadinanza.
La casa di Mario era una Biblioteca con centinaia di libri ed una raccolta discografica di primo piano oltre che una rassegna d’arte con decine di quadri.
Mario era amante di tutto ciò che era bello, ed oltre alla pittura ed alla lettura, aveva una particolare predilezione anche per la musica (strimpellava la fisarmonica).

Esposizione delle fisarmoniche in occasione della trasmissione televisiva su RAI 2 “Mezzogiorno in famiglia”
Nel corso degli anni aveva raccolto una serie di strumenti musicali antichi, a corda, a fiato, a percussione ed ovviamente fisarmoniche che si possono ammirare in un “museo atipico” gelosamente custodito dal figlio Fabrizio ed in parte esposti al pubblico, nel 2014, in occasione della trasmissione televisiva “Mezzogiorno in famiglia” condotta da Manila Nazzaro su Rai due.
Possiamo affermare che Il negozio di Mario era la vera sede della Pro Loco. Infatti era diventato il luogo di incontro delle personalità più disparate e la fucina di idee per molte delle iniziative che furono concepite e successivamente realizzate.
Ripercorrere la sua vita è un compito arduo e si rischia di omettere molte delle iniziative da Lui pensate e realizzate nei tantissimi anni di presidenza della Pro Loco.
Socio fondatore nel 1963 quando, su richiesta del Sindaco Giuseppe Santhià un gruppo di amici decise di dare vita all’Associazione,fu nominato Presidente nel Novembre 1964 a seguito delle dimissioni, per motivi di lavoro, del Presidente provvisorio Vito Durola nominato dal Sindaco in attesa dell’espletamento del Tesseramento e delle conseguenti elezioni ufficiali che lo confermarono come effettivo.
Con il gruppo di amici originario, alcuni provenienti dalla compagnia della Farfalla quali Tullio Manavella e Luciano Boggio, aveva condiviso la passione sportiva per la Juventus,

Con John Charles celebre centravanti gallese della Juventus dal 1957 al 1962
e l’amore per le tradizioni Carnevalesche partecipando nel 1950 e 1951 , oltre che alle sfilate santhiatesi, anche alle sfilate del Carnevale di Ivrea con due bellissimi carri dal titolo rispettivamente di “Romeo e Giulietta” e “la Farfalla” conseguendo, in entrambe gli anni, brillanti affermazioni.
Al gruppo degli amici della Farfalla se ne aggiunsero altri quali l’Avvocato Pino Morello, Renato Pavese, Giovanni Aguzzi, Elio Rigazio, Gualtiero Quaglia, Francesco Sala, Wiliam Salveri ed il sottoscritto che avevano accolto positivamente l’invito del Sindaco Giuseppe Santhià. L’attività fu subito frenetica e assecondammo Mario nel dare vita ad una serie di iniziative che portarono alla nascita di associazioni di settore quali il Foto club, presieduto da Enrico Camoriano e Giovanni Marocchino, La Bocciofila, Presieduta da Severino Dainese, la sezione storica, presieduta da Giovanni Aguzzi, la sezione turistica, diretta da Clemente Rosso. Le manifestazioni programmate portarono la nostra città, in breve tempo, ad assurgere fra la più invidiata nel mondo culturale piemontese e italiano.
Purtroppo il lungo elenco dei promotori con il passare degli anni si è sempre più ridotto e siamo rimasti in vita solo più in due: Elio Rigazio ed il sottoscritto.
Alcune delle iniziative promosse durarono decenni, altre sono tutt’ora in corso.
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CARNEVALE
Il carnevale storico, ad esempio, che nel 1962 era stato sospeso, grazie a Lui, riprese a vivere con il recupero ed il rilancio della ultra centenaria manifestazione, mantenuta in vita, nel periodo post bellico, da Mario Sacchetti e Renato Genta due personaggi che avevano nel cuore l’amore ed il rispetto delle tradizioni, gradatamente tornò ad assumere rilevanza nazionale ed internazionale. Molte furono le innovazioni portate negli anni ma sempre nel rispetto della originaria tradizione.
Potrei citare, fra le innovazioni, la collaborazione con la Famja Turineisa, organizzatrice del Carnevale di Torino che consentì di ospitare ,fra i primi in Piemonte, Gianduja, la maschera ufficiale della regione, con il seguito delle Giacomette, alla fagiolata del Lunedì grasso;

Mario Pistono, Renato Genta ed il “piccolo” Fabrizio Pistono con il Gianduja Ghiglieri
l’istituzione dei Cavalieri del Carnevale (5 in vita: Mario Sacchetti nel 1968 , Renato Genta nel 1971, Pier Giuseppe Barbonaglia nel 1973, Mario Pistono nel 1974, Francesco Innocenti nel 1975.) Oggi i Cavalieri in carica sono: Piero Giuseppe Barbonaglia 1973, Gian Franco Bertolino 1996 ( aveva rivestito i panni di STEVULIN per due anni, nel 1969 con Carla Pontigia e nel 1970 con Mariangela Boschetti), Luigi Zampa 2016, Fabrizio Pistono 2018 e Gian Carlo Berri 2022);

Investitura del Cav. Mario Sacchetti-Carnevale 1963
il primo raduno delle Maschere del Piemonte nel 1967 alla sala Piccadilly che registrò la partecipazione di tutte le più importanti Maschere piemontesi; l ’internazionalizzazione della manifestazione nel 1972, con la partecipazione alle sfilate di tre gruppi francesi di Majorettes con oltre 200 ragazze; il battesimo nel 1972, con Majutin il nostro Sindaco attuale Angela Ariotti e Stevulin il marito Ing.Pier Carlo Gallo, del ricostituito Corpo dei Pifferi e tamburi fortemente voluto dall’impareggiabile Teresio Berri; la modernizzazione dei Giri di gala; l’animazione del Corso principale, durante le sfilate, da parte della “Ambrosia Big Band”, un complesso jaz itinerante composto da musicisti professionisti milanesi; l’introduzione, nel 1990, su suggerimento di Gianni Franceschina, della sfilata notturna; la pubblicizzazione della manifestazione a livello nazionale in accordo con il Carnevale di Viareggio e con il Gruppo storico di Querceta; la presenza per l’apertura del Carnevale del 1997 di Miss Italia Denny Mendez, iniziativa che si è ripetuta anche nel 2024 con Francesca Bergesio e Ofelia Passaponti nel 2025.
Il crescente interesse nazionale della manifestazione carnevalesca creò le condizioni per la firma di un patto di gemellaggio con il Carnevale di Viareggio, suggellato il 10 agosto 2013, dopo la visita al Carnevale di Santhià delle maschere ufficiali del Carnevale di Viareggio Burlamacco e Ondina e con il conferimento, nel 2014, dell’incarico di Direttore tecnico del nostro Carnevale a PAOLO BONANNI che per 10 anni aveva rivestito i panni del Burlamacco.

Burlamacco e Ondina, Maschere ufficiali del Carnevale di Viareggio, incontrano, a Santhià, Mario Pistono-2013
MOSTRA DI PITTURA
La Mostra di Pittura e l’apertura della Biblioteca civica, entrambe nate nel 1964, furono le sue due splendide creature. Lo spunto per dare avvio alla rassegna pittorica era stato fornito dal pittore vercellese Venanzio Mele che, dopo aver tenuto una mostra personale nei locali della Pro Loco ed aver colto le potenzialità culturali ed organizzative di Mario, gli propose di indire una Rassegna di pittura a livello regionale.
Le prime edizioni, denominate “Santhià vecchia e nuova”, prevedevano la realizzazione delle opere in loco. Centinaia di Pittori provenienti da ogni parte d’Italia invasero la città e trasferirono su tela, in tre giorni di permanenza, gli angoli più reconditi del nostro borgo. Dopo le prime quattro edizioni l’iniziativa cambiò la denominazione in Premio di Pittura la “ Rana d’oro” in quanto il primo premio era costituito da un piccolo batrace in oro.
La prima edizione , nel 1964, venne assegnata al Pittore novarese Primo Baldini.
Il premio, nato a livello regionale, ben presto si impose, quale Concorso nazionale, inserito nel calendario delle Manifestazioni ufficiali dello Stato e intitolato al grande pittore vercellese Gaudenzio Ferrari.
Unitamente al Premio città di Bormio, coordinato dal giornalista Walter Visioli, ed al Premio Marina di Ravenna, nato su iniziativa del pittore Walter Magnavacchi, “La rana d’oro” si impose a livello nazionale e internazionale diventando il più longevo concorso di Pittura nazionale e per quasi 50 anni, sino al 2010, richiamò sulla nostra città l’attenzione del mondo pittorico italiano.

Il Prof. Luigi Servolini, critico d’arte ed incisore di valore mondiale, Presidente di Giuria, esamina con gli altri giurati e membri della Pro Loco, alcune delle opere.
Aderirono alla iniziativa migliaia di Pittori provenienti da ogni regione d’Italia e dall’estero ed un pubblico di migliaia di visitatori fra i quali si poterono annoverare, tra gli altri, anche il cantante Claudio Villa, il Regista cinematografico Maurizio Corgnati, marito della cantante Milva e l’Arcivescovo di Vercelli Mons. Albino Mensa oltre ad esperti e critici d’arte italiani e stranieri. Due furono anche le edizioni, nel 1968 e nel 1969, che ospitarono una sezione riservata “all’amicizia europea” con la partecipazione di pittori provenienti da 8 Stati Europei. Alla cerimonia di premiazione di quelle edizioni presenziarono anche i consoli della Polonia e dell’Austria a suggellare la vittoria, nella sezione europea, dei pittori rappresentanti il loro Paese.

A sinistra Michele Gariglio, Presidente del Premio “La pesca d’oro” di Borgo D’Ale accanto a Claudio Villa, a destra Mario Pistono accanto al Regista Maurizio Corgnati.
Nel 1973, riconoscendo la valenza culturale della Manifestazione a livello nazionale, il Presidente della Repubblica Giovanni Leone conferì il patrocinio e l’assegnazione di una Medaglia d’oro. Qualche anno dopo anche il Vaticano si associò con l’assegnazione di un Premio speciale. Nel 1993, in occasione del trentennale della iniziativa, con il Patrocinio della Regione Piemonte, della Provincia di Vercelli, del comune di Santhià e della Regione militare nord-ovest, 84 opere appositamente selezionate fra le premiate nei diversi anni, per 15 giorni nel mese di novembre, furono esposte a Torino presso il Circolo Ufficiali e visitate da migliaia di persone.
L’allestimento della Mostra venne curato dal grande Pittore UGO NESPOLO. Ugo aveva trascorso la sua infanzia a Santhià sino al compimento della scuola media ed eravamo compagni di classe. Per motivi di lavoro del padre si trasferì poi a Torino dove conseguì il diploma in pittura presso l’Accademia Albertina ed una laurea in Lettere. Ma la sua passione era la pittura e ben presto i suoi quadri vennero apprezzati e venduti in ogni parte del mondo. Le sue opere sono esposte nei musei delle più importanti città d’arte internazionali. Era inoltre un appassionato di cinema e firmò, quale regista, alcuni film. Dal 2011 al 2019 fu Presidente del Museo del Cinema di Torino , incarico che lasciò a Enzo Ghigo, ex Presidente della Regione Piemonte ed ex senatore di Forza Italia.
Nel 2012 la città di Santhià gli ha conferito la cittadinanza onoraria.

Ugo Nespolo con Mario Pistono in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria.
Fra i vincitori delle 47 edizioni si annoverano anche due vercellesi: L’architetto Enrico Villani nel 1970 e Gastone Cecconello, di Salussola, nel 1983. Gastone Cecconello nel 1995 si aggiudicò anche il Premio speciale “Gianni Schellino” in occasione del 50° Anniversario della Liberazione, istituito dalla famiglia a ricordo della improvvisa scomparsa del figlio.
L’ultima edizione, nel 2010, venne assegnata a Sergio Saccomandi di Barbania, il Premio era dedicato all’Avvocato vercellese Giorgio Allario Caresana, già Presidente dell’Archivio di Stato e per molti anni componente della Giuria.

Frontespizio del catalogo dell’ultima edizione del Premio nel 2010
Gastone Cecconello era ed è molto legato alla nostra città. Di lui ricordiamo, fra le tante collaborazioni, nel 1979 il Monumento per i caduti della Resistenza per il 35° anniversario dell’eccidio di Santhià, nel 1997 l’Affresco nella Piazza dei Pittori e nel 2002 l’effige del Beato Ignazio sul frontespizio del Battistero del Duomo di Santhià.

Gastone Cecconello completa l’affresco del Beato Ignazio sulla facciata del Battistero
Nel 1995 un Gruppo di Pittori che si erano particolarmente distinti negli anni precedenti, eseguirono una serie di affreschi, raffiguranti le 14 stazioni della Via Crucis, sulle facciate di alcuni edifici per le vie della città.
Lo stesso gruppo di pittori provenienti da tutta Italia negli anni 1996 e 1997 realizzarono in una piazzetta creatosi a seguito dell’abbattimento di un vecchio caseggiato nei pressi della Piazza Biglia, un bellissimo progetto denominato “Santhià, cultura, storia, lavoro e costume” eseguendo una ventina di affreschi. Venne così creata quella che sarà ufficialmente chiamata “Piazzetta degli affreschi”. Oggi, su suggerimento di Arturo Sacchetti , la piazza è dedicata al compositore e musicista Giovanni Carisio.

Gian Franco Bertolino, Pier Giuseppe Barbonaglia e Mario Pistono nella fase di allestimento della Piazzetta degli affreschi
L’esperienza maturata da Mario Pistono, Presidente autorevole, per tanti anni, della Giuria del Premio, composta da qualificati critici d’arte e Pittori italiani quali Luigi Servolini, Raffaele De Grada, Renato Guttuso, Vasco Melani, Domenico Purificato, Gastone Breddo, Mario Lepore, Marco Valsecchi, Luciano Budigna, Mario Portalupi, Salvatore Fiume e tanti altri , favorì il suo inserimento negli organismi giudicanti di molti importanti Concorsi di pittura italiani quali il Città di Bormio, il Marina di Ravenna, il premio internazionale città di San Remo, la biennale d’arte della Malpensa, il Premio città di Borgosesia e di Massino Visconti. Su sua iniziativa presero vita anche il Premio “La pesca d’oro” di Borgo d’Ale ed il Premio “Bozzalla” di Ponzone.
Nel corso dei 47 anni di durata dell’iniziativa le opere premiate furono acquisite dalla Pro Loco, formando una collezione di oltre 400 quadri esposti nella Galleria civica d’arte moderna, riconosciuta ed iscritta nell’albo ufficiale delle Gallerie d’arte della Regione Piemonte sin dal 1964.
La sua sede iniziale fu nei locali della ex Pretura di Via De Amicis. Nel 1977 venne trasferita nel Castello del Capitano e nel 1980 presso l’Auditorium San Francesco. Purtroppo da alcuni anni, causa i lavori di adeguamento di tutto il complesso dell’ex Convento di S.Francesco, la Galleria non è più visitabile. Si auspica però che, terminati i lavori per il recupero totale dell’area, si trovi una giusta collocazione che consenta di riportare in vita una collezione, espressione dell’arte pittorica italiana degli ultimi 50 anni.
Parallelamente, grazie alla Mostra nazionale, si diffuse in città la passione per l’arte pittorica che portò alla nascita di una vera e propria scuola, diretta dal maestro Gastone Cecconello. Alla scuola aderirono una ventina di artisti locali che si organizzarono in una Associazione presieduta da Lorenzo Griva. Per oltre dieci anni, in autunno, venne organizzata una rassegna “Santhià arte” a loro riservata, consentendo di mettere in evidenza le doti di pittori quali Lorenzo Griva, Corrado e Ignazio Michelatti, Nerino Cavallaro, Ennio Cobelli, Giacomo Cusinato, Angelo Rosso ed altri.

1964.1° Sede Galleria d’arte moderna in Via E. De Amicis (ex Pretura)
BIBLIOTECA CIVICA
La nascita della Biblioteca Pro loco fu la risposta alle istanze del mondo della scuola manifestate alla Amministrazione comunale ed alla Pro loco.
Il Sindaco, Giuseppe Santhià, delegò alla Pro Loco, mettendo a disposizione alcuni locali della ex Pretura di Via E. De Amicis e vecchi arredi recuperati dall’ammodernamento degli uffici comunali, il compito di promuovere, organizzare ed attivare il servizio.
L’apertura ufficiale avvenne, dopo il lavoro di schedatura e classificazione degli iniziali 2500 volumi, frutto di donazioni dei cittadini santhiatesi o acquistati con il contributo della Amministrazione provinciale e regionale, l’8 marzo 1964. Nei primi mesi di attività il servizio di apertura bisettimanale al pubblico venne garantito direttamente dal Presidente e dai componenti il consiglio di Amministrazione della Pro Loco. Successivamente il coordinamento venne affidato alla sorella di Mario Pistono, la Sign.ra Egle che, avvalendosi della collaborazione della Sign.ra Silvana Ricci in De Andreis, Luciano Zublena, Fermo Bornengo, Emilio Brignoli e Alfredo Albertone, ampliarono i turni di apertura a quasi tutti i giorni della settimana. Nel 1979 la Regione Piemonte assegnò una stagista, la Sign.rina Anna Santhià e l’orario di apertura fu esteso a 47 ore settimanali.
Diverse vicissitudini, legate sempre ad una disponibilità temporanea dei locali, costrinsero la Pro Loco nell’arco dei 33 anni di gestione diretta, a cambiare ben 5 sedi. Dal 1964 al 1970 venne collocata presso i locali della ex Pretura, dal 1970 al 1974 in Piazza Roma nella casa natale dell’illustre concittadino Jacopo Durandi; dal 1975 al 1977, in seguito alla vendita dell’immobile di Piazza Roma, in Via Mons. Ravetti nei locali del ex Oratorio messi a disposizione dal Parroco Don Giovanni Aimaro, dal 1977 al 1986 nel Castello del Capitano ove si era trasferita la sede della Pro loco grazie alla disponibilità del proprietario di allora, l’amico Renato Genta e dal 1986 al 1997 presso le scuole elementari di Via Collodi.

Inaugurazione sede della Biblioteca in Piazza Roma (1970-1974)
In tutti quegli anni la Biblioteca registrò un notevole sviluppo sia in termini di aumento del numero e della qualità dei volumi che di lettori e di servizi prestati. Necessitava pertanto la disponibilità di personale fisso in grado di garantire i servizi richiesti dall’utenza in modo continuativo. Per questo motivo la Amministrazione comunale accolse la proposta del Presidente della Pro loco Mario Pistono ed individuò una sede dignitosa e definitiva in grado di assicurare continuità alla istituzione ormai fortemente radicata nella vita scolastica e culturale cittadina.
L’Amministrazione comunale, dopo una accurata ricerca, scelse, quale sede idonea, i locali della ex scuola materna di Via Dante resisi liberi a seguito del trasferimento nel nuovo plesso di Via Silvio Pellico.
Con l’assegnazione dei locali ed Il finanziamento per la loro ristrutturazione venne anche predisposta la pianta organica che prevedeva l’assunzione di un responsabile atto a garantire la gestione e l’organizzazione diretta del servizio. Nel contempo accettò la donazione, da parte della Pro Loco, degli oltre 13.000 volumi, dell’arredo e di tutte le attrezzature tecnologiche. L’inaugurazione della nuova sede, dopo i lavori di ristrutturazione, avvenne il il 26 settembre 1997 con l’intervento dell’illustre scrittore Bruno Gambarotta. L’apertura era garantita inizialmente da un gruppo di volontari trasformatisi poi in una Associazione “Vobis”. Bruno Gambarotta è ritornato ancora fra di noi il 26/09/2022 in occasione della celebrazione dei 25 anni di attività quale Biblioteca comunale.
La Biblioteca oggi è gestita direttamente dal Comune in collaborazione con l’Associazione di volontariato Vobis Presieduta da Rita Curzio.

Sede attuale della Biblioteca comunale inaugurata il 26 settembre 1997
CINE CLUB
La frequentazione a Ivrea, ancora prima della nascita della Pro Loco, da parte di Mario Pistono e di alcuni di noi, del Cine club “Adriano Olivetti”, ci indusse a tentare nel 1962, di sperimentare l’iniziativa anche a Santhià grazie alla disponibilità del Sign. Giovanni De Andreis, titolare del Cinema Ideal. Il successo fu clamoroso e pertanto venne riproposto, sotto l’egida della neonata Pro Loco, anche nel 1963.
L’iniziativa venne accolta positivamente dalla cittadinanza e continuò per ben 13 edizioni con una presenza media di oltre 500 spettatori provenienti anche dai paesi vicini. Furono programmati più di 150 film espressione dei registi più famosi dell’epoca quali Antonioni, Visconti, Bergman, Bellocchio, Pasolini, Godard, Fellini e molti altri. La proiezione veniva preceduta dalla presentazione da parte di un critico cinematografico e, successivamente alla visione, si apriva il dibattito con il pubblico presente. Presero parte all’iniziativa i critici cinematografici delle più importanti testate giornalistiche italiane quali Guido Aristarco, Pietro Bianchi, Leo Bianchi, Leo Pestelli, Adelio Ferrero, Morando Morandi, Vito Spinazzola ed i critici del Centro San Fedele di Milano.
CONCORSO FOTOGRAFICO
In contemporanea con la rassegna di Pittura alcuni appassionati dell’arte fotografica (Guido Gattoni, Enrico Camoriano, Giovanni Marocchino e lo studio fotografico Grasso di Alfonso Mocafico) sottoposero alla attenzione del Presidente della Pro Loco la possibilità di dare vita ad un Concorso fotografico di portata nazionale. La macchina organizzativa si mise immediatamente in moto e nell’ottobre del 1964 parti la prima edizione del Concorso nazionale fotografico. La manifestazione durò per oltre 15 anni. Venne inserita nel Calendario delle manifestazioni ufficiali dello Stato e patrocinata dalle più importanti Associazioni nazionali di fotografia.
Nel 1968 venne istituito il trofeo nazionale “Achille Bologna” a ricordo del padre del notaio Giulio Bologna, con studio in Santhià, che era stato uno dei più apprezzati fotografi, noto in tutto il mondo, per aver creato autentici capolavori di composizioni fotografiche.
Il Concorso, suddiviso in due sezioni, fotografia e diapositive, ottenne un successo strepitoso. Parteciparono fotografi provenienti da ogni regione d’Italia che misero in seria difficoltà le qualificate Giurie composte da esperti di Associazioni fotografiche nazionali, nella valutazione delle centinaia di fotografie e diapositive presentate.
Le mostre e le proiezioni delle diapositive premiate, data la serietà e l’importanza raggiunta dalla manifestazione, vennero esportate in molte città dell’Italia settentrionale ed ospitate nelle diverse sedi di Associazioni fotografiche.
SPORT
Dove Mario Pistono non aveva competenze specifiche dirette si avvalse sempre di collaboratori , ad esempio nello sport, qualificati che consentirono alla città di emergere in diverse discipline..
Severino Dainese e Carlo Carpo diedero vita alla sezione bocce, con oltre 200 iscritti, conseguendo numerosi successi nelle varie competizioni regionali e nazionali sia nelle gare a copia che nelle gare a quadretta. I campi gioco del ristorante “Ferroviario” ospitarono l’esibizione della quadretta del campione del mondo in carica Umberto Granaglia, vincitore di ben 13 titoli mondiali, contro la formazione del Vice campione, il biellese Gian Carlo Selva, 14 volte campione italiano e 2 volte campione del mondo.
Primo Ruffilli fondò l’associazione pescatori sportivi con oltre 150 iscritti.
Pino Morello ed Elio Rigazio, con un gruppo di amici, promossero la costruzione, nell’attuale Parco Jacopo Durandi, di uno dei primi Campi da Tennis della provincia frequentato da tennisti provenienti anche dai centri vicini.

Mario Pistono ed i soci della bocciofila con la quadretta del Campione del mondo Beppe Granaglia
Il Geom. Mario Andorno riorganizzò l’U.S.Santhià calcio, società che era nata nel lontano 1905. La squadra venne iscritta al campionato di terza categoria riprendendo cosi il cammino del glorioso passato.
Con l’avvento alla dirigenza della Società di Giuseppe De Grandi, Gian Carlo Coggiola e Domenico Mila la sezione calcio riprese la completa autonomia gestionale lasciando la Pro Loco e la Polisportiva.
La Polisportiva era nata negli anni 70 e inizialmente comprendeva il calcio, la pallavolo, la pallacanestro e l’Atletica leggera.
Un gruppo di amici del ciclismo, con a capo Ferruccio Ugliono, riprendendo una tradizione degli anni 50 che aveva visto gareggiare a Santhià, grazie ad Alfredo Macchieraldo titolare del Bar Milanesio, Gino Bartali e Fausto Coppi, organizzarono un circuito ciclistico a cui prese parte, nel settore donne, anche la campionessa d’Italia Mary Cressari.
INIZIATIVE VARIE
Gli anni 60/70 furono ricchi di iniziative in diversi settori soprattutto di interesse locale.
Nel 1965 il Veteran Car club, retto da Bruno Toselli, e affiliato alla Pro Loco, organizzò il Primo raduno Piemontese di auto d’epoca. Oltre 70 auto , provenienti da ogni parte d’Italia, sfilarono in città.
Nello stesso anno prese vita una Caccia al tesoro automobilistica, molto partecipata, coordinata dal Dott. Mario Ferraris e dal Dott.Pino Morello.
Mario Pistono curò personalmente la realizzazione di una selezione dello spettacolo televisivo, riservato ai bambini, “Lo Zecchino d’oro” dell’Antoniano di Bologna a cui prese parte il conduttore Cino Tortorella.
In occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale nel 1965 venne programmata una “Tribuna elettorale”, con la partecipazione di esponenti provinciali di tutti i Partiti, moderata dal Dott. Pino Morello.
In collaborazione con diverse Case Editrici nel 1966, venne realizzata una Mostra libraria preceduta da una serie di conferenze in collaborazione con l’Istituto culturale francese di Torino e vennero programmate lezioni in lingua.
Su iniziativa della sezione turismo, coordinata dal Sign. Clemente Rosso, nel mese di ottobre del 1966, fu indetto il “Convegno dei santhiatesi” trasferitisi a Torino nel dopo guerra. Furono 500 le famiglie individuate ed interessate. Aderirono all’iniziativa, tenutasi a Torino nei locali della “Famja Turineisa” in Via Po, oltre 300 persone. Presenziarono al Convegno l’On. Giuseppe Pella, già Presidente del Consiglio nel 1953, il Sindaco di Santhià Giuseppino Costanzo, l’Assessore all’Annona del comune di Torino Giuseppe Costamagna in rappresentanza del Sindaco.
Nel pomeriggio la Banda musicale cittadina, diretta dal M° Eugenio Sacchetti, tenne un Concerto in Piazza San Carlo a Torino alla presenza di un folto pubblico. Fu quella l’occasione per l’inaugurazione delle nuove divise del complesso bandistico.
Gli anni 70/90 furono caratterizzati da iniziative molto interessanti che, ancora una volta, proiettarono la nostra città ad assurgere ad esempio a livello non solo provinciale ma regionale e nazionale.
Notevole è stata la collaborazione data da Mario Pistono al Parroco Don Giovanni Aimaro alle iniziative messe in atto per il recupero ed il restauro di due Pale d’altare del Polittico del pittore Giovenone, trafugate da ignoti nel 1978.

Le pale d’altare recuperate dall’arma dei Carabinieri e restituite al Parroco Don. G.Aimaro
Il restauro delle opere rubate fu affidato al laboratorio di Nicola d’Aramengo ed il ritorno in sede venne salutato da una bella manifestazione con sfilata per le vie della città alla presenza della banda musicale cittadina.
Gli anni 70/90 furono anche gli anni delle Stagioni Concertistiche, delle Rassegne teatrali, del Luglio in Piazza, delle manifestazioni folcloristiche e delle grandi pubblicazioni di storia locale nonché la pubblicazione di Stampe e litografie d’arte.
STAGIONI CONCERISTICHE
Grazie all’amicizia personale di Mario Pistono con due illustri musicisti, Arturo Sacchetti santhiatese e Angelo Gilardino, vercellese, ebbe inizio una collaborazione che consentirà alla città di godere, per oltre 20 anni, di una serie di Concerti di musica classica ad altissimi livelli.

I giovanissimi artisti Arturo Sacchetti ed Angelo Gilardino con Mario, prima di un concerto nella chiesa della alla S. S. Trinità
Le Stagioni musicali, curate da Arturo, ospitarono grandi musicisti di valenza nazionale ed internazionale oltre a diverse sue prestazioni, sull’organo Serassi del Duomo e sull’organo della S.S, Trinità ristrutturato dall’Organologo Marzi su sua iniziativa. Si esibirono, fra gli altri, la Camerata polifonica Viotti diretta da Vittorio Rosetta, il flautista Gabriele Gallotta, i vincitori del Concorso Viotti 70 e 71. il chitarrista Gabriel Estarellas, il pianista Vincenzo Balzan, il soprano americano Maya Randolph, il pianista Luciano Sangiorgi, il trio d’archi del Conservatorio “G. Verdi” di Torino , l’Ensamble Barocco e molti altri.
Inoltre nel 1981 si esibì il Coro da Camera della Rai di Torino, diretto da Arturo Sacchetti . Il Coro si era aggiudicato nel 1979 il “Viotti d’oro”. Il riconoscimento, istituito nel 1958, venne consegnato personalmente da Joseph Robbone Presidente del Concorso internazionale Viotti di Vercelli.
Nel 1983 la Pro Loco organizzò due giorni di festeggiamenti in omaggio all’arte di Arturo Sacchetti per celebrarne “ Tutta la vita per la musica”.
Arturo è stato ed è un artista eccezionale. Ha rivestito incarichi prestigiosi, ha diretto il Coro della Rai di Roma ,è stato Presidente della Società Cameristica di Lugano e Direttore artistico della Radio Vaticana. Ha tenuto Concerti d’organo in tutta Europa, è ancora oggi un brillante conferenziere. Con l’occasione venne festeggiato anche il padre Eugenio per oltre quarant’anni Direttore della Banda musicale cittadina.

La sala consigliare , alla presenza del Consiglio comunale e delle Autorità civili e religiose, ha ospitato il momento celebrativo dell’arte di Arturo Sacchetti
La brillante carriera artistica del chitarrista e compositore vercellese Angelo Gilardino decollò grazie al connubio con Mario. Infatti la prima edizione della “Primavera della chitarra” , studiata da Angelo e finanziata dalla Camera di Commercio di Vercelli retta dal Dott. Marcello Biginelli, non trovò sponsor organizzativi a Vercelli . L’idea fu colta al volo da Mario e l’iniziativa venne patrocinata e organizzata dalla Pro Loco. La prima edizione si tenne nel 1970 alla Caulera di Trivero. Quindici giovani chitarristi aderirono al Corso, della durata di una settimana che si concluse con un grande Concerto nella Chiesa della S.S.Trinità a Santhià.
Per oltre quindici anni la Manifestazione venne riprogrammata con diversi concerti, alcuni tenuti dallo stesso Angelo Gilardino che ,nel frattempo, era diventato uno dei massimi concertista e compositore di chitarra classica conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo. Si esibirono anche giovani talenti quali Enrico Tagliavini e Marco De Santi, allora diciassettenne. Oggi De Santi è considerato il più grande chitarrista classico del 900. De Santi oggi è anche Presidente della Associazione “Angelo Gilardino” istituita a Vercelli da 7 allievi del grande maestro dopo la sua morte avvenuta il 14 gennaio 2022 all’età di 80 anni.

Uno dei primi concerti di Angelo Gilardino alla Sala Piccadilly di Santhià
Oltre alla musica classica Mario Pistono era un appassionato cultore del folclore e delle tradizioni. Era un sostenitore appassionato della Banda musicale cittadina e del Corpo delle Majorettes che divennero l’attrazione principale degli spettacoli promossi dalla Pro Loco nelle sei edizioni del “ Luglio Piazza”.

Spettacolare Concerto della Banda musicale cittadina e del Corpo delle majorettes in Piazza Roma in occasione del “luglio in piazza”
Nelle varie serate il folklore locale e provinciale ebbe una parte preponderante ma ci fu spazio anche per gruppi stranieri. Si esibirono infatti il Balletto nazionale della Romania e il Gruppo nazionale di suono di corni austriaco, Furono ospitati inoltre tre memorabili Concerti di Giorgio Gaber, Gipo Farassino e del famosissimo gruppo vercellese dei “Celti” composto da Cesare Filippone, Alceo Mantovan e Beppe Scarparo.
Il cantautore torinese Gipo Farassino era un grande amico di Mario ed era di casa a Santhià dove si esibì per ben tre volte con enorme successo.
Anche Cesare Filippone era molto legato alle nostre tradizioni e grande amico del gruppo carnevalesco “I Bosa”. Con alcuni componenti la Banda cittadina, che seguiva nelle sue trasferte nelle varie manifestazioni in Italia, diede vita ad un complesso musicale, denominato “La Rabiusa bifolk”, che portò il calore delle tradizioni popolari santhiatesi e vercellesi sulle piazze di molte città e paesi del Piemonte.

Cesare Filippone (a sinistra) con Mario Pistono ed il pittore Albino Reggiori di Mombello Laveno ad una delle tradizionali “Pule” del carnevale santhiatese
La rassegna ospitò anche, fra i tanti, un musicista d’avanguardia come il chitarrista Riccardo Zappa e la compagnia di danza classica del teatro regio di Torino di Loredana Furno.
L’amicizia personale di Mario con la nonna della moglie di Mike Bongiorno, la Sign.ra Zuccoli, gli agevolò il compito nel convince il famoso presentatore televisivo a prendere parte al “ Gran galà delle viole”, tenutasi alla sala Piccadilly.
Verso la fine degli anni ottanta, con la nascita del Liceo Musicale, promossa dalla Banda musicale cittadina ed in particolare da Gian Carlo Berri e da Ottavino Ruzza Assessore alla cultura del Comune di Santhià, l’organizzazione delle manifestazioni musicali venne gestita dai tre Enti (Liceo, Pro Loco, Comune) consentendo di organizzare grandi Concerti in collaborazione con il Liceo musicale città di Ivrea, il Teatro Regio di Torino, l’Orchestra di fiati di Padova di cui faceva e fa parte il nostro concittadino Marco Bertona ed il quintetto di fiati del Teatro la Scala di Milano con la prima tromba, il santhiatese Francesco Tamiati.

Da sinistra Francesco Tamiati con Arturo Sacchetti e l’Assessore Renzo Bellardone in occasione di una serata musicale tenutasi alla Riseria Molinaro di Santhià
STAGIONI TEATRALI
Gli anni 70 furono caratterizzati anche da una iniziativa decisamente innovativa per una realtà piccola come la nostra: LE STAGIONI TEATRALI. Nella prima esperienza teatrale, molto singolare e d’avanguardia, in collaborazione con l’Arci Piemonte, vennero rappresentati tre spettacoli che suscitarono molte discussioni e molte polemiche: ”Diario di classe “ ad opera del Collettivo “Nuova scena”, al termine del quale si aprì una vivace discussione con il pubblico sulle finalità della scuola dell’obbligo; ” La madre” di Bertol Brecht e “Morte accidentale di un anarchico” con Dario Fo. Il Premio Nobel era stato contattato personalmente al Teatro Sociale di Biella dal Presidente Pistono e da alcuni componenti del Consiglio di Amministrazione per convincerlo ad accettare l’invito.
Erano tempi difficili e di contestazione e l’attore manifestava anche nei suoi lavori idee fortemente di sinistra. Per questo motivo la città la sera dello spettacolo, il 18 giugno 1971, fu invasa da poliziotti in divisa e da borghesi della DIGOS per evitare un eventuale contestazione di massa. Ma tutto si svolse nel più rigoroso ordine.
Dopo questo primo esperimento, con l’adeguamento del palco e dei camerini per gli attori concordato con il gestore del Cinema Ideal Giovanni Deandreis, si poterono programmare, per un decennio, vere e proprie stagioni teatrali, in collaborazione con la Regione Piemonte ed il Teatro stabile di Torino.
Sul palco del Cinema ideal furono presentati spettacoli da parte delle più importanti compagnie italiane (La Compagnia della Rocca di Firenze, la Compagnia di Giulio Bosetti di Roma, la Piccionaia di Vicenza, il Gruppo nuova scena di Bologna, La fabbrica dell’attore di Roma, La Compagnia di Peppe Barra di Napoli, La Compagnia del teatro comico piemontese di Carlo Campanini e Franco Barbero, la Coperativa teatrale dell’Elfo, la Compagnia del Bagatto ed ovviamente la Compagnia del Teatro stabile di Torino.) ed il pubblico potè applaudire grandissimi attori quali Tino Buazzelli in “La Bottega del caffè”, Massimo Scaglione in “La trappola per topi”, Franco Parenti in “Palla ai piedi” di Feideau, Macario e Marisa del Frate in una piece su Macario, Giulio Bosetti con un lavoro di Pirandello, Bruno Cirino, Ave Ninchi in “ La Clizia”, Enrico Maria Salerno in “Il trionfo della medicina”, Beppe Barra in “Nel regno di Pulcinella”, Ombretta Colli con il marito Giorgio Gaber già ospitato durante il Luglio in Piazza e molti altri.
Ci fu spazio anche per l’operetta, in collaborazione con la Compagnia italiana dell’operetta di Roma. Vennero programmati 4 spettacoli fra i quali “La vedova allegra, Il paese dei Campanelli e la Traviata”.

Volantino illustrativo della stagione teatrale 1981-1982
PUBBLICAZIONI
Infine non si può non ricordare la intensa attività di Mario nel andare alla scoperta, nelle varie biblioteche, di documenti inerenti la storia della nostra comunità. La sezione storica, diretta inizialmente dal Rag. Giovanni Aguzzi, ha dato alle stampe ben 33 pubblicazioni che documentano alcune la vita dei Santhiatesi “Famosi” quali S. Agata, Il Beato Ignazio da Santhià o lo storico, giurista,drammaturgo il poliedrico Jacopo Durandi. Il Durandi era nato a Santhià in Piazza Roma il 25 luglio 1739 e deceduto a Torino il 28 ottobre 1817.
In occasione delle celebrazioni, nel 1967, per i 250 anni dalla morte, nella casa natale di Piazza Roma venne allestita una Mostra di una parte dei suoi scritti e di cimeli recuperati nel Museo civico della città di Saluzzo dove aveva trascorso una parte della sua vita.

1967-Inaugurazione Mostra Jacopo Durandi, nella sede di Piazza Roma, alla presenza del pro-nipote.
Altre pubblicazioni interessavano la storia religiosa della città, dalle confraternite alle diverse chiese ed ancora le antiche origini a partire dal XV secolo, le tradizioni citate nelle cantate popolari del Carnevale.
Ricordo alcuni titoli: “Alla scoperta di un feudo, un castello, una chiesa, Vettignè”, “Il cristianesimo, la chiesa, le confraternite in Santhià”,”Il pianeta Carnevale”, “La cesa granda”, “Santhià è andata a scuola così” e tanti altri.
Personalmente Mario ha curato la pubblicazione di due bellissimi volumi di cui uno fotografico “Un secolo di immagini e pensieri scambiati con il resto del mondo” pubblicato nel mese di Novembre del 1997 dalla Grafica santhiatese. Nel volume ha mirabilmente documentato l’evoluzione del nostro Borgo antico. Ha evidenziato il passaggio dalla vita prevalentemente rurale di fine 800 allo sviluppo industriale dei primi anni del 900, alla trasformazione urbanistica degli anni 60 sino alla esplosione dei nuovi simboli tecnologici che contraddistinsero la fine del secolo scorso.
Il secondo “Nel mito dei cieli”, edito nel mese di novembre del 1999 sempre dalla Grafica santhiatese, venne presentato in occasione del Convegno per l’intitolazione della Piazza del mercato a Federico Zapelloni, da lui perorata e documentata e condivisa dalla Amministrazione comunale.
Il Convegno si tenne presso la Biblioteca civica alla presenza delle Autorità comunali e provinciali e dai rappresentanti della famiglia Zapelloni e Caproni appositamente arrivati da Roma. Il libro è una rievocazione della vita avventurosa, frutto di una meticolosa ricerca storica e d’archivio, di Federico Zapelloni nato a Roma il 15 settembre 1891,figlio di una famiglia radicata nella nostra città nel secolo scorso il cui zio, Carlo, ricoprì per molti anni l’incarico di Sindaco. Federico, pioniere dell’aeronautica ed eroe di guerra, insignito nel 1922 della medaglia d’oro al valor militare per una missione svolta nel 1917 testimoniava alcune doti, ormai rare, quali l’amore di patria, il coraggio, la temerarietà e l’ardimento. Morì a Roma il 16 gennaio 1979 all’età di 88 anni.

1999 Convegno in occasione della presentazione del libro su Federico Zappelloni e la sua l’intitolazione della Piazza del mercato
L’intento di Mario Pistono, con la pubblicazione, era stato quello di far riscoprire un passato ormai lontano ma ricco di ideali richiamando alla memoria costumi di vita trascorsi ed in parte dimenticati che furono fulgidi esempi di rinunce, sacrifici che ebbero il grande pregio non solo di memoria storica ma soprattutto di stimolo educativo per le giovani generazioni.
Lo stesso stimolo che lo indusse a trasferire, sin dal 1975, in 10 bellissime litografie rari documenti e immagini di storia santhiatese. La prima elegante cartella, contenente 5 stampe, venne curata, con procedimento manuale, dallo stampatore vercellese Pier Giovanni Baldissone. Successivamente la raccolta si arricchì di altre interessanti tavole curate questa volta dalla Grafica santhiatese di Roberto Brambilla.
Originale anche l’iniziativa di far ricordare, a livello nazionale, le sue due più importanti creature, la Mostra Nazionale di Pittura e la continuità del Carnevale storico nato nel 1430, con la emissione di due annulli postali nel 2000 e 2011 effettuati dalle Poste Italiane nei giorni delle Manifestazioni.

Annulli postali emessi il 10 settembre 2000 ed il 6 marzo 2011
Come avrete potuto capire da questa lunga ma incompleta elencazione di strabilianti iniziative, Mario Pistono è stato veramente, per oltre 50 anni, (dal 1962 al 2013) il motore dello sviluppo socio-culturale della nostra città promovendo, ad ogni livello, il nostro territorio attraverso la diffusione della cultura e delle tradizioni locali.
Le sue qualità, la sua intraprendenza, la sua disponibilità, la sua alta valenza culturale sono state riconosciute ed apprezzate ufficialmente dallo Stato italiano che, nel 1978, gli conferì il titolo di Commendatore all’ordine ed al merito della Repubblica Italiana, nel 1983 il titolo di Grande Ufficiale e nel 1991 il Cavalierato di Gran Croce, la più alta Onorificenza oggi esistente in Italia, consegnatagli dall’allora Sottosegretario al Ministero dei Beni culturali, il valsesiano Gian Franco Astori, oggi Consigliere del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Il Sottosegretario ai Beni culturali, On. Gian Franco Astori, presenzia alla consegna a Mario delle insegne di Cavaliere di Gran Croce conferitogli dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga
Non possiamo poi dimenticare che Mario Pistono era stato anche proclamato, a pieno titolo e con grande merito, nel 1974, “Cavaliere del magnifico Carnevale di Santhià”.
Infine il 12 maggio 2012, in occasione del suo 83° compleanno, il Comune di Santhià, retto dal Sindaco Angelo Cappuccio, gli conferì, proprio in questo luogo, l’onorificenza di “Benemerito della città di Santhià”.

L’anno successivo 2013, per motivi di salute, non si ricandidò più per il rinnovo del Consiglio di amministrazione della Pro Loco ed il nuovo Consiglio, eletto dalla Assemblea dei soci, nominò quale Presidente il figlio Fabrizio che da anni era stato un attento e qualificato collaboratore del padre.
Se tutto ciò è avvenuto, se Mario Pistono ha potuto dedicare “anima e corpo” alla sua città, per favorire la conoscenza storica delle origini , per consolidare e diffondere le tradizioni , per aprire le menti a nuove e interessanti proposte culturali, insomma per trasmettere “cultura” lo si deve anche alla presenza discreta ma determinante della moglie Caterina Piccinini, da tutti conosciuta come Kati, che per tanti anni lo ha….sopportato e soprattutto supportato sia nella sua attività lavorativa che nell’organizzazione delle attività.
Mi piace concludere con questa fotografia

che ben rappresenta lo spirito che ha animato tutta la sua vita: nel sorriso la gioia di vivere e di trasmettere valori, nel contesto ambientale la presenza visiva della sua più grande invenzione culturale, la Mostra Nazionale di Pittura , nel microfono la voglia di continuare a infondere in tutti noi l’amore per l’arte e la cultura che sono talenti, dono e modestia e l’invito a continuare sulla strada da lui tracciata che ha reso grande , a livello regionale e nazionale, la nostra comunità.
L’intitolazione di questa Biblioteca segna quindi il doveroso riconoscimento da parte della Amministrazione comunale e di tutti i cittadini per il ruolo da lui svolto, per la sua perenne dedizione alla diffusione delle tradizioni e della cultura fra i giovani e per i giovani e per l’ amore incondizionato verso la sua città.
Piero Giuseppe Barbonaglia
Ml 3, 19-20
Dal libro del profeta Malachìa
Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno.
Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio.
Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.
Sal 97
RIT: Il Signore giudicherà il mondo con giustizia.
Cantate inni al Signore con la cetra,
con la cetra e al suono di strumenti a corde;
con le trombe e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore.
RIT: Il Signore giudicherà il mondo con giustizia.
Risuoni il mare e quanto racchiude,
il mondo e i suoi abitanti.
I fiumi battano le mani,
esultino insieme le montagne
davanti al Signore che viene a giudicare la terra.
RIT: Il Signore giudicherà il mondo con giustizia.
Giudicherà il mondo con giustizia
e i popoli con rettitudine.
RIT: Il Signore giudicherà il mondo con giustizia.
2 Ts 3, 7-12
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi.
Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi.
Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.
Lc 21, 5-19
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
***
UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO “MATER CARMELI” DI BIELLA
Promessa che diventa realtà!
(Ml 3,19-20; Sal 97; 2Ts 3,7-12; Lc 21,5-19)
Gesù ascolta le riflessioni ammirate di alcuni di fronte alla bellezza del tempio ornato di belle pietre e doni votivi. La bellezza della casa di Dio continua ad essere un valore anche per noi. Quando entriamo in una chiesa sicuramente siamo colpiti anche dalla sua bellezza esteriore; dal decoro, che esprime la cura e l’amore. Per questo anche l’impegno di chi si presta per tenere in ordine la chiesa non può che essere lodevole, come un servizio tanto umile quanto prezioso.
Gesù davanti all’ammirazione per il tempio interviene con un annuncio grave che parla di distruzione. La bellezza del tempio, anche se appare salda come pietra, sarà distrutta. Quindi mentre è lodevole prendersi cura degli edifici sacri, non si deve perdere di vista che siamo noi le pietre vive per la costruzione del tempio. Pietre non destinate a perire perché si edificano sulla parola di Dio che non passa. “I cieli e la terra passeranno le mie parole non passeranno” (Mt 24-35).
I discepoli che ascoltano la premonizione della distruzione del tempio, subito chiedono di conoscere il segno che sveli quando questo avverrà. Negli Atti degli Apostoli si riferisce che Gesù prima di ascendere al Cielo dice ai discepoli: “non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra” (At 1,7-8). Anche ora il fulcro del Vangelo è la testimonianza: “avrete occasione di dare testimonianza”. Il Signore concentra l’attenzione dei suoi esortandoli a non lasciarsi ingannare, a non lasciarsi terrorizzare da annunci di guerre e rivoluzioni e neppure da sconvolgimenti della natura e privazioni. E, prima di tutto questo, Gesù predice la persecuzione dei discepoli a causa del suo nome, e proprio quando saranno chiamati a rendere ragione della speranza che è in loro, dovranno farlo lasciando che lo Spirito stesso parli attraverso la loro vita e la loro testimonianza.
La Chiesa si edifica sul sangue dei martiri (martire, dal greco, significa testimone); mentre le pietre del tempio, le mura di tante chiese sono ad oggi distrutte in odio alla fede, il sangue di martiri è seme di nuovi cristiani. La perseveranza alla quale Cristo ci esorta è il segno della santità, è decidere liberamente di seguire Gesù Cristo, costi quel che costi, anche l’ostilità degli affetti più cari, anche il pericolo per l’incolumità della propria vita. Lo Spirito ci convince che la grazia, che l’amore gratuito e infinito di Dio, vale più della vita. San Paolo dichiara: “per me vivere è Cristo e morire un guadagno” (Fil 1,21) e alla comunità di Corinto scrive: “sempre noi che siamo vivi veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi” (Cf 2 Cor 4, 11-14).
Questa è la promessa del nostro Salvatore che, nella nostra perseveranza, diviene realtà!
Le Sorelle Carmelitane
Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza
Una due giorni di grande successo a Tronzano Vercellese, sabato 8 e domenica 9 novembre scorsi.
La Fiera di San Martino, giunta alla sua quinta edizione, ha colto nel segno: bel tempo, tanti espositori, tanta affluenza ma soprattutto tanta voglia di accogliere i visitatori che si sono recati a Tronzano da ogni provincia del Piemonte.
Tante le novità, a partire dalla mongolfiera, che ha catturato l’interesse non soltanto dei giovanissimi.
Moltissimi gli espositori, i commercianti ambulanti di Fiva Ascom, che hanno creduto in questa occasione di lavoro e sono stati ripagati dalla gente che ha apprezzato le offerte.
Il nostro video offre una panoramica dall’alto realizzata dal pallone aerostatico e, a terra, la responsabile dell’iniziativa ci spiega i segreti del volo.
Come sempre all’altezza del compito gli Alpini, che anche quest’anno hanno regalato una fantastica castagnata, che ha servito ai tanti visitatori ben 7 quintali di castagne.
Musica per tutti: diamo voce ai talenti che hanno salutato i Lettori di VercelliOggi.it.
L’appuntamento è per il prossimo anno con idee e collaborazioni sempre nuove per fare crescere questo evento.
Ez 47, 1-2.8-9.12
Dal libro del profeta Ezechièle
In quei giorni, [un uomo, il cui aspetto era come di bronzo,] mi condusse all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro.
Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Àraba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina».
Sal 45
RIT: Un fiume rallegra la città di Dio.
Dio è per noi rifugio e fortezza,
aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce.
Perciò non temiamo se trema la terra,
se vacillano i monti nel fondo del mare.
RIT: Un fiume rallegra la città di Dio.
Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio,
la più santa delle dimore dell’Altissimo.
Dio è in mezzo a essa: non potrà vacillare.
Dio la soccorre allo spuntare dell’alba.
RIT: Un fiume rallegra la città di Dio.
Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro baluardo è il Dio di Giacobbe.
Venite, vedete le opere del Signore,
egli ha fatto cose tremende sulla terra.
RIT: Un fiume rallegra la città di Dio.
2 Ts 2, 16 – 3, 5
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.
Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.
Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.
Gv 2, 13-22
Dal Vangelo secondo Giovanni
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
***
UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO “MATER CARMELI” DI BIELLA
FESTA DELLA DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE
Dio abita dove lo si lascia entrare
(Ez 47, 1-2.8-9.12; Sal 45; 1Cor 3,9-11.16-17; Gv 2, 13-22)
Si avvicina la Pasqua dei Giudei e Gesù sale a Gerusalemme, come ogni pio israelita faceva per la più grande festa religiosa dell’anno.
Quando arriva al Tempio, Gesù trova uno spettacolo davanti al quale sembra si mostri a noi non precisamente “mite e umile di cuore”.
A ben considerare, però, mitezza e umiltà non sono rassegnazione, debolezza, accondiscendenza e pace ad ogni costo, ma cooperano giustamente allo zelo per combattere tutto ciò che sfigura l’immagine vera dell’amore di Dio, il senso vero del Tempio del Signore.
Gesù animato da questo ardore grande per la casa di Dio scaccia da essa ogni mercante, rovescia ogni commercio che viene organizzato per sostenere il culto.
Gesù contrasta e condanna con grande forza questo genere di offerte fatte al Padre; non sono queste che Dio cerca, come già gli antichi profeti avevano annunciato:
“Sono stanco e sazio dei sacrifici di montoni, di buoi e di capri, chi richiede da voi queste cose? Voglio l’amore e non il sacrificio la comunione con me più di tutti gli olocausti” (cf Os 6,6).
La casa del Padre non è un luogo di mercato, non è nemmeno lo spirito mercanteggiante di quando ci rivolgiamo a Dio quasi per piegare la sua volontà alla nostra.
Nel suo incontro con la donna Samaritana Gesù dirà:
“chi adora Dio deve adorarlo in spirito e verità perché il Padre cerca tali adoratori” (cf Gv 4).
Gesù si rivela come il vero Tempio di Dio, in lui abita lo Spirito Santo che manifesta e diffonde l’amore del Padre. Farisei e scribi di fronte al gesto compiuto da Gesù, lo affrontano chiedendo di accreditare con un segno il suo comportamento.
Gesù risponderà indicando il segno della distruzione e risurrezione del Tempio. Qui è usata la parola Tempio con un doppio significato: farisei e scribi intendono il Tempio fatto di mura, Gesù invece allude al Tempio del suo corpo. Anche i discepoli non comprendono il gesto e le parole del Signore; solo dopo la sua morte e risurrezione si ricorderanno e crederanno alla parola del maestro.
Gesù non teme l’incomprensione degli uomini, di chi lo osteggia e di chi lo segue; al centro della sua vita c’è esclusivamente il timore del Padre, l’amore per il suo nome, la testimonianza della verità. “Per questo sono venuto: per rendere testimonianza alla verità” (Gv 18, 37-38).
In Gesù abita tutta la pienezza della divinità e in lui anche noi possiamo prendere parte alla sua pienezza (cf Col 2, 9-10).
Dio abita dove lo si lascia entrare: apriamo la porta del nostro cuore per diventare dimora, casa di Dio, per mezzo dello Spirito.
“Ho trovato il mio Cielo sulla terra”, diceva santa Elisabetta della Trinità, “il mio Cielo è Dio che abita in me”.
Il Verbo si fece carne e viene ad abitare in noi!
Il mistero dell’inabitazione di Dio nel cuore dell’uomo è uno dei misteri del cristianesimo forse meno compresi e quindi meno vissuti.
Il Signore apra gli occhi della nostra mente per scoprire e vivere questa realtà ineffabile e grandiosa che dona a tutti una dignità unica e inviolabile, che fa di noi il Tempio santo di Dio, la dimora della sua gloria per sempre!
Le Sorelle Carmelitane
Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza
Un bel successo di pubblico, favorito dalla grande partecipazione di Operatori commerciali (oltre 100) sorride all’edizione 2025 della Fiera della Festa di tutti i Santi firmata Ascom Fiva, che si è svolta il 1 novembre a Vercelli lungo Viale Rimembranza.
Volti sorridenti, tante le trattative che non è stato difficile catturare nelle immagini della gallery.
Nel nostro video parla per tutti una “matricola” della manifestazione, il Titolare di un’azienda che alleva api: lavoro tutt’altro che semplice.
Per il resto, i settori merceologici sono stati quelli tradizionali: oggettistica abbigliamento, degustazione enogastronomica, senza dimenticare i prodotti per la casa.
Non potevano mancare i Venditori di caldarroste presenti per tutta la durata della fiera.
Al prossimo anno.
Gb 19, 1.23-27
Dal libro di Giobbe.
Rispondendo Giobbe prese a dire:
«Oh, se le mie parole si scrivessero,
se si fissassero in un libro,
fossero impresse con stilo di ferro e con piombo,
per sempre s’incidessero sulla roccia!
Io so che il mio redentore è vivo
e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!
Dopo che questa mia pelle sarà strappata via,
senza la mia carne, vedrò Dio.
Io lo vedrò, io stesso,
i miei occhi lo contempleranno e non un altro».
Sal 26
RIT: Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Il Signore è mia luce e mia salvezza,
di chi avrò paura?
Il Signore è difesa della mia vita,
di chi avrò timore?
RIT: Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita,
per gustare la dolcezza del Signore
ed ammirare il suo santuario.
RIT: Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi.
Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto.
RIT: Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore.
RIT: Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Rm 5, 5-11
Dalla lettera di san Paolo ai Romani.
Fratelli, la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.
Gv 6, 37-40
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.
Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
***
UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE
“Pellegrini di speranza”… ormai l’anno giubilare ha declinato la speranza nell’alfabeto della vita.
Non può deludere la Speranza, perché i cristiani a seguito della crocefissione e Risurrezione di Cristo, si trovano in una “nuova prospettiva”.
La fede ci ha reso “giusti”: liberi perché “liberati”, “riconciliati” dalla morte e dal peccato.
Liberati per amore e questa è la “speranza”, quella che “non delude”.
La Speranza fondata sull’Amore di Cristo.
Una speranza “ben fondata”, una speranza che “non fa arrossire di vergogna” (come si dovrebbe tradurre).
La speranza che rafforza nel coraggio (come sottolinea la lettera ai Romani da cui è tratta la seconda lettura), che nasce dall’Amore e si fonda nell’Amore.
Speranza che rende “saldi”, perché quell’Amore di Cristo ci pervade, ci incoraggia, non ci abbandona: “chi potrà separarci dall’amore d Cristo?” (cfr. Rm 8,35).
Speranza “fondata” sulla fede, “resa viva” dall’amore.
San Paolo esorta a vivere la speranza e l’argomentazione è la riconciliazione: “giustificati nel suo sangue, saremo salvati”.
Camminatori di speranza, uomini e donne riconciliati mediante il sangue di Cristo, il Figlio di Dio, per una “vita in pienezza”.
La Speranza che “sorregge”: “Dio ha messo il suo amore nei nostri cuori”.
L’Amore di Dio nei cuori, Amore con cui Dio ci ama e noi, con questo amore, amiamo Dio.
Cammino nella fede, perseveranza nella speranza, certezza nella salvezza di Cristo,con vita di carità.
Speranza, consolazione e riconciliazione.
Riconciliazione coraggiosa per un “cammino” che parte dal cuore, dalla vita,dalla Verità,dalla fede, per un’ autentica “conversione” .
Riconciliazione che nutre la speranza e percorre strade di pace, sentieri di concordia, che fa germogliare semi d’amore. Dono gratuito che aiuta a non “avvitarsi” sul passato, ma a guardare con occhi luminosi il futuro, a “realizzare” “idee di speranza”, fondate sulla Grazia di Cristo, su quella sua “esperienza” che ci chiede di mettere in atto: “amatevi come io vi ho amato”.
Riconciliazione che fa vivere la speranza degli uomini amati, consolati, perdonati, abbracciati, “resistenti”…
E questo giorno “illumini” la nostra vita: “abbiamo accesso alla grazia”, siamo nel mistero di Dio, siamo nel suo disegno di salvezza, siamo “aperti” alla speranza e camminiamo con fiducia verso Cristo per vedere “faccia a faccia” quel suo volto d’Amore.
“Io so che il mio Redentore è vivo” (prima lettura).
Ecco la speranza.
Giobbe uomo “vinto” che non si fa “schiacciare”, ma afferma la sua fede, la conferma, la difende.
La solitudine dell’uomo abbraccia Dio.
Giobbe è uomo di fede e di giustizia, uomo di speranza.
“Io so” traduciamo l’ebraico (‘ǎnî) “Si’ , io si lo so…”.
Fede e Speranza.
Certezza.
Il “Redentore” anche in questo caso è importante una riflessione: nell’Antico Testamento viene utilizzato il termine “go’el” come esecutore di giustizia, colui che riscattava l’eredità perduta di un parente deceduto, colui che “riscatta” lo schiavo, ma anche Dio, il Signore che difende, che libera, che salva.
La vicenda di Giobbe ci interroga e ci aiuta.
Giobbe “apre” alla comprensione di una “vita nuova”. Giobbe si interroga sui “meriti” e sulle “colpe”, siamo ancora ancorati ad una logica “retributiva”, eppure quella frase apre a ciò che sarà: Amore totale ed assoluto, puro e generoso.
Cristo “porterà alla luce” la logica di Dio.
Un Dio uomo, un Dio dono,un Dio amore che passa attraverso la croce.
E il libro di Giobbe fa risuonare quelle parole del Salmo 26:
“Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura?… Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. Spera nel Signore, sii forte”.
La Luce e la salvezza… il volto bello di Dio, lo splendore che fa “brillare” la notte, la luce che “squarcia” le tenebre, che non “abbaglia” e fa chiudere gli occhi, ma che illumina e “fa vedere”.
Fiducia incondizionata e speranza che va continuamente “rinnovata”.
Mi piace leggere questa “fiducia” come quell’atteggiamento del credente che canta a Dio con gli occhi luminosi della speranza: Dio è con noi sempre, nulla devo “dubitare”, nulla mi deve “spaventare”, nulla mi deve “scoraggiare”. Dio è con noi e noi siamo alla “sua Presenza”.
Che bella questa “Presenza” vicina ed amorevole di Dio, che “solleva” dal “timore” (lo ricordiamo la parola compare come “non temere” nella Bibbia 365 volte).
Spero… l’Amore Infinito non abbandona… forse qualche volta siamo afferrati dal dubbio… ma “contempleremo la bontà del Signore”, quel volto di luce e di amore.
Voglio chiede al Signore, con le parole del Salmo: “si rinsaldi il mio cuore”, voglio che queste parole siano sempre quel soffio di speranza, voglio “abitare” quel verbo bellissimo che nel Vangelo diventerà il “dimorare” di Gesù con l’uomo, non solo “avere abitazione”, “andare in casa”, ma “entrare nel cuore e nella vita” (cfr. episodio di Zaccheo in Lc e il riferimento a Gv 15), perché quello “stare dimorando”, cambia il cuore.
“Dimorare” perché “nulla vada perduto” (Vangelo).
Una espressione che ha il “sapore” della cura.
Cura e premura per l’umanità: compito affidato dal Padre.
Nulla e nessuno è abbandonato.
E la volontà dal Padre è chiara: “chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.
Gesù viene per “risuscitare” ogni parte della nostra vita, della nostra storia, del nostro essere.
Il destino di ogni uomo nel progetto di Dio: affidamento al Figlio, mandato, Incarnato, per la vita eterna.
Il segreto?
L’Amore di Dio.
E nella liturgia della commemorazione dei defunti questo brano ci riporta alla “consolazione”, alla certezza, alla speranza, vita nell’Amore.
Parla alla folla, Gesù, parla a noi e ci rivela il Mistero.
Il mistero della bellezza dell’uomo nella sua umanità, quella sperimentata anche da Gesù: la capacità di amare.
“E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno”: che nessuno si perda, l’amore ostinato di Dio Padre nella logica della “volontà”: “Questa è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna” (6,40), per una “vita piena”.
Quella morte che “fa paura”, che è “limite dell’uomo”, ma che vive della “certezza dell’eternità” alla luce della fede:
“Nella morte, Dio chiama a sé l’uomo. Per questo il cristiano può trasformare la sua propria morte in un atto di obbedienza e di amore verso il Padre, sull’esempio di Cristo (Lc 23,46)”. (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1011).
“Affidati” al Figlio che porta al Padre, nel suo abbraccio di Amore.
Un Amore così grande da essere “Eterno”.
Desiderio infinito di vita e di eternità.
“Affidarsi” per una “opportunità reale”.
E la bellezza di queste letture nel giorno della commemorazione dei defunti, ci aiuta a riflettere sulla “risurrezione”, quando si vedrà “a faccia a faccia”, con quello sguardo luminoso e con quei volti “luminosi”.
Quegli occhi degli uomini nuovi che “guardano uomini nuovi”.
Ap 7,2-4.9-14
Dall’Apocalisse di san Giovanni Apostolo.
Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».
E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele.
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».
E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».
Sal 23
RIT: Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.
RIT: Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.
Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.
RIT: Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.
Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.
RIT: Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.
1 Gv 3, 1-3
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo.
Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.
Mt 5, 1-12
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
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UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE
Presente e futuro: oggi siamo chiamati allo sguardo.
Oggi siamo chiamati alla speranza.
Oggi siamo chiamati a riflettere sulla “santità”.
Oggi siamo ri-chiamati a riflettere sul nostro agire come “cristiani”, coloro che “sono di Cristo” e Cristo ci chiama alla santità.
I santi che “camminano” nella storia e che hanno “camminato” nella storia.
La visione dell’Apocalisse ci introduce la riflessione: “Vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua” (Lettura, Ap 7,9).
La “moltitudine immensa”… allora è possibile… non si può contare, ma è “possibile raggiungere”: quale consolazione! Tutti abbracciati dalla misericordia del Padre, quella rivelata in Gesù e donataci dallo Spirito.
“Tutti”: possibilità e certezza: nel cristianesimo non c’è “esclusione a priori”, tutti “chiamati”.
“Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello” (cfr.Ap 7,14): ecco chi appartiene alla “moltitudine”; la salvezza e la redenzione di Cristo “raggiunge” ogni uomo ed ogni donna.
Ogni uomo e ogni donna… chiamati alla santità, nella “grande tribolazione” della quotidianità, ciascuno con la sua esistenza, con i suoi passi, con il suo cammino, con le sue scelte, con la sua libertà, con i suoi sì ed i suoi no.
Santi, non “perfetti”.
Santi per essere “uomini e donne nuove”, “in cammino”.
Santi perché uomini e donne “vere”, con le difficoltà dell’esistenza, con i dubbi ed i tentativi, con il bagaglio di umanità, con una fede-dono, con una fede vacillante, con una fede matura, con una fede salda… con una fede, con la speranza, con la certezza della “chiamata alla santità”.
Santi perché chiamati a percorrere quelle strade dell’umano che Gesù stesso ha percorso, santi perché “chiamati” da Dio ad essere “nel mondo” ma non “del mondo” (cfr. Gv 17,15-18).
Santi perché vivi nel tempo e chiamati all’eternità.
Santi perché (santo dalla radice dell’ ebraico kadosh) “altro”, “distinto”, “separato” dalle logiche del mondo. “La santità, la pienezza della vita cristiana consiste nell’unirsi a Cristo, nel vivere i suoi misteri, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua” (Benedetto XVI, Udienza generale, 13 aprile 2011).
Santi per “vocazione”.
Santi con la certezza che ci viene dai figli amati: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui” (seconda lettura).
“Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità: da questa santità è promosso, anche nella società terrena, un tenore di vita più umano” (Lumen Gentium, n. 40).
Santità di tutti.
Nell’Apocalisse, san Giovanni apostolo indica un numero “centoquarantaquattromila segnati” , l’intero popolo di Dio.
Ricordiamo che 12 è di solito il numero che sta per il popolo di Dio (12 tribù di Israele e 12 apostoli), da qui: 144 = 12 x 12 dunque l’intero popolo di Dio. Il numero viene moltiplicato da 1000 per indicare la sua grandezza. Quindi i 144000 sono tutti i salvati, tutto il popolo di Dio, quelli che “cantano un canto nuovo” (cfr. Ap 14).
Santi perché “immersi” nella paternità di Dio, nel suo Amore, “diretti” verso il “cielo”, verso la “Gloria” di Dio.
Santi perché amati.
E quella “santità” ci “indirizza” (Vangelo), con quell’amore sovrabbondante che ci chiama alla felicità.
I santi pervasi dall’Amore di Dio che ci chiama a seguirlo per una beatitudine che non conosce tramonto.
Santi in cammino su quella “via”.
Un approssimarsi spaziale che colloca la “direzione”.
Su quel monte (secondo il racconto dell’evangelista Matteo e vogliamo ricordare anche il brano “parallelo” del Vangelo di Luca) Gesù “chiama” alla santità.
Gesù invita ad un “capovolgimento”, ad un “ordine nuovo di priorità”.
Le chiamiamo “beatitudini”, ma forse dovremmo ricordare l’origine ebraica asher che indica proprio quel “cammino retto” da percorrere per arrivare a Dio, il greco màkarios lo trasforma in “beato”, “felice”, ma “in cammino”.
Felicità.
Non una “felicità statica”, ma una “felicità dinamica”, una “chiamata” all’ascesa, come su quel monte con lo spazio “pianeggiante”, dove ci si può “mettere a sedere”, non solo per “parlare con autorità”, come fa Gesù-maestro, ma per aiutare a capire che dopo la “camminata”, “arrivo”, posso “sedermi”, contemplare e “stare” alla Presenza.
Folle in attesa di “parole di felicità”, che giungono da quel “monte”, da quel Dio “seduto” che invita a “metterci in piedi”. Da un Dio che “siede” e “parla” e “insegna” dopo aver camminato da “uomo in piedi” ed aver sperimentato i passi e la polvere, il male alle gambe e il bisogno di fermarsi. Parole di un Dio che non teme di “rivoluzionare” e “sconvolgere”, ma di “trasformare” le logiche della felicità “umana”.
E allora oppressi, miti, poveri in spirito, affamati ed assetati di giustizia, puri di cuore, operatori di pace, insultati, perseguitati, oppressi, emarginati… per il Suo Nome… diventeranno “camminatori di speranza”, anelanti di felicità.
Lo sa Dio, la felicità è una “ricerca”, è un “desiderio” e su quell’altura, con l’azzurro del cielo che si fonde con quel “mare”… parte da qui, parte dal “desiderio di Dio”: “vedranno Dio”. La felicità.
“Vedere” Dio. Bello, luminoso, Amore che dona Amore, Amore che dona gioia, che non “lascia in sospeso i desideri dell’uomo”, ma vuole dare gioia,luce, pace.
Un Dio che parla di felicità e la rende “possibile”, “accessibile”, un Dio che sa che l’uomo “rincorre”, “brama”, “ha sete”, tanto da intessere lodi, canti e preghiere appassionate…
E Dio risponde: “Beato l’uomo…” .
Non solo “felice”, ma “paradossalmente felice”.
Non solo perché “teme il Signore”, non solo perché “cammina sulle sue vie”, non solo perché “non si compiace”… certo, tutte cose importanti, ma Gesù si spinge “oltre” (Libro dei Salmi): “Beato l’uomo che sa camminare” nella povertà di spirito,nell’afflizione, nella ricerca di giustizia, nella costruzione della pace…”.
Beato quell’uomo che non si “ferma sul monte”, ma che “segue Dio”.
Sappiamo quante interpretazioni, ovviamente tutte autorevoli, hanno intessuto le trame dell’esegesi e della spiegazione: Gesù “novello Mosè”, “Nuova Legge”, “Nuova Alleanza”… forse qui il “Mosè” sono gli “Apostoli” che ricevono da Dio-Gesù la risposta alla ricerca dell’uomo.
Gesù è Dio e parla “come Dio” (dal “monte” a “sedere” dalla “cattedra”).
Non “guida”, non “consigli”, ma “Parole di vita eterna”.
“Beati”: non “allegri”, non “ottimisti”, non “sorridenti”, ma liberi e alla ricerca della comunione per vivere e cercare la pace, la giustizia, la speranza, la consolazione.
Beati perché “miti ed umili di cuore” …“imparate da me”…
Ecco il “modello”: Gesù insegna la “beatitudine” attraverso la santità.
Beati per quei “cieli nuovi e terra nuova”.
Beati perché “misericordiosi”, non solo perché “perdonati”, non solo perché “soggetto” dell’Amore misericordioso di Dio, ma perché in grado di “amare” sul “modello dell’Amore”: Amare senza tornaconto, senza interesse, i poveri, gli abbandonati, i miseri, chi è in difficoltà, chi mi insulta o mi perseguita…
Beati perché “luogo di pace con la vostra vita”, propagatori di giustizia, figli di Dio amati perché artefici di pace.
Beati perché folla discendente dal mondo, saprete percorrere i passi della santità, perché vivrete la gioia del cammino, perché una “chiamata” attende, perché saprete “contagiare” con le parole del Maestro la vita del mondo.
Beati perché non vi abbatterete, non vi fare “sommergere” dalla logica del mondo, non vi “appiattirete” alla liquidità della vita, non vi “accontenterete” ma saprete essere “strade di pace”.
E ci mettiamo “in processione” con le parole del Salmo 23/24 (Salmo), come quella liturgia d’ingresso al Tempio, quando si cantavano quelle parole che accompagnavano il cammino di “ingresso”: “Del Signore è la terra e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti”. Siamo “tuoi” Signore, chiamati alla santità, chiamati al cammino, chiamati alla “meta”, con “mani, pensiero e cuore” (secondo la logica ebraica del salmo, cuore come luogo dove si maturano luoghi, pensieri, progetti) per vivere la santità nella relazione con Dio e con i fratelli.
Vogliamo vivere i passi della santità e preparare il cuore al Mistero di quel volto splendente e glorioso che vedremo “faccia a faccia” (seconda lettura) se sapremo percorrere la strada della felicità con quell’esortazione di San Giovanni apostolo a non vivere più secondo il peccato, ma secondo il comandamento di Gesù, quello dell’amore, con la fede di chi ha abbracciato la fede in Gesù che ci permette di essere “figli di Dio”.
















































































