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Posted in Cronaca
Provincia di Vercelli, Regione Piemonte

Ez 47, 1-2.8-9.12

Dal libro del profeta Ezechièle
In quei giorni, [un uomo, il cui aspetto era come di bronzo,] mi condusse all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro.
Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Àraba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina».

Sal 45

RIT: Un fiume rallegra la città di Dio.

Dio è per noi rifugio e fortezza,
aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce.
Perciò non temiamo se trema la terra,
se vacillano i monti nel fondo del mare.

  RIT: Un fiume rallegra la città di Dio.

Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio,
la più santa delle dimore dell’Altissimo.
Dio è in mezzo a essa: non potrà vacillare.
Dio la soccorre allo spuntare dell’alba.

  RIT: Un fiume rallegra la città di Dio.

Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro baluardo è il Dio di Giacobbe.
Venite, vedete le opere del Signore,
egli ha fatto cose tremende sulla terra.

  RIT: Un fiume rallegra la città di Dio.

2 Ts 2, 16 – 3, 5

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.

Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.
Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.

Gv 2, 13-22
Dal Vangelo secondo Giovanni

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO “MATER CARMELI” DI BIELLA

FESTA DELLA DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE

Dio abita dove lo si lascia entrare

(Ez 47, 1-2.8-9.12; Sal 45; 1Cor 3,9-11.16-17; Gv 2, 13-22)

Si avvicina la Pasqua dei Giudei e Gesù sale a Gerusalemme, come ogni pio israelita faceva per la più grande festa religiosa dell’anno.

Quando arriva al Tempio, Gesù trova uno spettacolo davanti al quale sembra si mostri a noi non precisamente “mite e umile di cuore”.

A ben considerare, però, mitezza e umiltà non sono rassegnazione, debolezza, accondiscendenza e pace ad ogni costo, ma cooperano giustamente allo zelo per combattere tutto ciò che sfigura l’immagine vera dell’amore di Dio, il senso vero del Tempio del Signore.

Gesù animato da questo ardore grande per la casa di Dio scaccia da essa ogni mercante, rovescia ogni commercio che viene organizzato per sostenere il culto.

Gesù contrasta e condanna con grande forza questo genere di offerte fatte al Padre; non sono queste che Dio cerca, come già gli antichi profeti avevano annunciato:

“Sono stanco e sazio dei sacrifici di montoni, di buoi e di capri, chi richiede da voi queste cose? Voglio l’amore e non il sacrificio la comunione con me più di tutti gli olocausti” (cf Os 6,6). 

La casa del Padre non è un luogo di mercato, non è nemmeno lo spirito mercanteggiante di quando ci rivolgiamo a Dio quasi per piegare la sua volontà alla nostra.

Nel suo incontro con la donna Samaritana Gesù dirà:

“chi adora Dio deve adorarlo in spirito e verità perché il Padre cerca tali adoratori” (cf Gv 4).

Gesù si rivela come il vero Tempio di Dio, in lui abita lo Spirito Santo che manifesta e diffonde l’amore del Padre. Farisei e scribi di fronte al gesto compiuto da Gesù, lo affrontano chiedendo di accreditare con un segno il suo comportamento.

Gesù risponderà indicando il segno della distruzione e risurrezione del Tempio. Qui è usata la parola Tempio con un doppio significato: farisei e scribi intendono il Tempio fatto di mura, Gesù invece allude al Tempio del suo corpo. Anche i discepoli non comprendono il gesto e le parole del Signore; solo dopo la sua morte e risurrezione si ricorderanno e crederanno alla parola del maestro.

Gesù non teme l’incomprensione degli uomini, di chi lo osteggia e di chi lo segue; al centro della sua vita c’è esclusivamente il timore del Padre, l’amore per il suo nome, la testimonianza della verità. “Per questo sono venuto: per rendere testimonianza alla verità” (Gv 18, 37-38).

In Gesù abita tutta la pienezza della divinità e in lui anche noi possiamo prendere parte alla sua pienezza (cf Col 2, 9-10).

Dio abita dove lo si lascia entrare: apriamo la porta del nostro cuore per diventare dimora, casa di Dio, per mezzo dello Spirito.

“Ho trovato il mio Cielo sulla terra”, diceva santa Elisabetta della Trinità, “il mio Cielo è Dio che abita in me”.

Il Verbo si fece carne e viene ad abitare in noi!

Il mistero dell’inabitazione di Dio nel cuore dell’uomo è uno dei misteri del cristianesimo forse meno compresi e quindi meno vissuti.

Il Signore apra gli occhi della nostra mente per scoprire e vivere questa realtà ineffabile e grandiosa che dona a tutti una dignità unica e inviolabile, che fa di noi il Tempio santo di Dio, la dimora della sua gloria per sempre!

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza     

Posted in Pagine di Fede

Un bel successo di pubblico, favorito dalla grande partecipazione di Operatori commerciali (oltre 100) sorride all’edizione 2025 della Fiera della Festa di tutti i Santi firmata Ascom Fiva, che si è svolta il 1 novembre a Vercelli lungo Viale Rimembranza.

Volti sorridenti, tante le trattative che non è stato difficile catturare nelle immagini della gallery.

Nel nostro video parla per tutti una “matricola” della manifestazione, il Titolare di un’azienda che alleva api: lavoro tutt’altro che semplice.

Per il resto, i settori merceologici sono stati quelli tradizionali: oggettistica abbigliamento, degustazione enogastronomica, senza dimenticare i prodotti per la casa.

Non potevano mancare i Venditori di caldarroste presenti per tutta la durata della fiera.

Al prossimo anno.

 

Posted in Eventi e Fiere
Provincia di Vercelli, Regione Piemonte

Gb 19, 1.23-27

Dal libro di Giobbe.

Rispondendo Giobbe prese a dire:
«Oh, se le mie parole si scrivessero,
se si fissassero in un libro,
fossero impresse con stilo di ferro e con piombo,
per sempre s’incidessero sulla roccia!
Io so che il mio redentore è vivo
e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!
Dopo che questa mia pelle sarà strappata via,
senza la mia carne, vedrò Dio.
Io lo vedrò, io stesso,
i miei occhi lo contempleranno e non un altro».

Sal 26

RIT: Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.

Il Signore è mia luce e mia salvezza,
di chi avrò paura?
Il Signore è difesa della mia vita,
di chi avrò timore?

  RIT: Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.

Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita,
per gustare la dolcezza del Signore
ed ammirare il suo santuario.

  RIT: Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.

Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi.
Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto.

  RIT: Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore.

  RIT: Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.

Rm 5, 5-11

Dalla lettera di san Paolo ai Romani.

Fratelli, la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.

Gv 6, 37-40

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.
Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE

“Pellegrini di speranza”… ormai l’anno giubilare ha declinato la speranza nell’alfabeto della vita.

Non può deludere la Speranza, perché i cristiani a seguito della crocefissione  e Risurrezione di Cristo, si trovano in una “nuova prospettiva”.

La fede ci ha reso “giusti”: liberi perché “liberati”, “riconciliati” dalla morte e dal peccato.

Liberati per amore e questa è la “speranza”, quella che “non delude”.

La Speranza fondata sull’Amore di Cristo.

Una speranza “ben fondata”, una speranza che “non fa arrossire di vergogna” (come si dovrebbe tradurre).

La speranza che rafforza nel coraggio (come sottolinea la lettera ai Romani da cui è tratta la seconda lettura), che nasce dall’Amore e si fonda nell’Amore.

Speranza che rende “saldi”, perché quell’Amore di Cristo ci pervade, ci incoraggia, non ci abbandona: “chi potrà separarci dall’amore d Cristo?” (cfr. Rm 8,35).

Speranza “fondata” sulla fede, “resa viva” dall’amore.

San Paolo esorta a vivere la speranza e l’argomentazione è la riconciliazione: “giustificati nel suo sangue, saremo salvati”.

Camminatori di speranza, uomini e donne riconciliati mediante il sangue di Cristo, il Figlio di Dio, per una “vita in pienezza”.

La Speranza che “sorregge”: “Dio ha messo il suo amore nei nostri cuori”.

L’Amore di Dio nei cuori, Amore con cui Dio ci ama e noi, con questo amore, amiamo Dio.

Cammino nella fede, perseveranza nella speranza, certezza nella salvezza di Cristo,con vita di carità.

Speranza, consolazione e riconciliazione.

Riconciliazione coraggiosa per un “cammino” che parte dal cuore, dalla vita,dalla Verità,dalla fede, per un’ autentica “conversione” .

Riconciliazione che nutre la speranza e percorre strade di pace, sentieri di concordia, che fa germogliare semi d’amore. Dono gratuito che aiuta a non “avvitarsi” sul passato, ma a guardare con occhi luminosi il futuro, a “realizzare” “idee di speranza”, fondate sulla Grazia di Cristo, su quella sua “esperienza” che ci chiede di mettere in atto: “amatevi come io vi ho amato”.

Riconciliazione che fa vivere la speranza degli uomini amati, consolati, perdonati, abbracciati, “resistenti”…

E questo giorno “illumini” la nostra vita: “abbiamo accesso alla grazia”, siamo nel mistero di Dio, siamo nel suo disegno di salvezza, siamo “aperti” alla speranza e camminiamo con fiducia verso Cristo per vedere “faccia a faccia” quel suo volto d’Amore.

Io so che il mio Redentore è vivo” (prima lettura).

Ecco la speranza.

Giobbe uomo “vinto” che non si fa “schiacciare”, ma afferma la sua fede, la conferma, la difende.

La solitudine dell’uomo abbraccia Dio.

Giobbe è uomo di fede e di giustizia, uomo di speranza.

“Io so” traduciamo l’ebraico  (‘ǎnî“Si’ , io si lo so…”.

Fede e Speranza.

Certezza.

Il “Redentore” anche in questo caso è importante una riflessione: nell’Antico Testamento viene utilizzato il termine go’el come esecutore di giustizia, colui che riscattava l’eredità perduta di un parente deceduto, colui che “riscatta” lo schiavo, ma anche Dio, il Signore che difende, che libera, che salva.

La vicenda di Giobbe ci interroga e ci aiuta.

Giobbe “apre” alla comprensione di una “vita nuova”. Giobbe si interroga sui “meriti” e sulle “colpe”, siamo ancora ancorati ad una logica “retributiva”, eppure quella frase apre a ciò che sarà: Amore totale ed assoluto, puro e generoso.

Cristo “porterà alla luce” la logica di Dio.

Un Dio uomo, un Dio dono,un Dio amore che passa attraverso la croce.

E il libro di Giobbe fa risuonare quelle parole del Salmo 26:

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura?… Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. Spera nel Signore, sii forte”.

La Luce e la salvezza… il volto bello di Dio, lo splendore che fa “brillare” la notte, la luce che “squarcia” le tenebre, che non “abbaglia” e fa chiudere gli occhi, ma che illumina e “fa vedere”.

Fiducia incondizionata e speranza che va continuamente “rinnovata”.

Mi piace leggere questa “fiducia” come quell’atteggiamento del credente che canta a Dio con gli occhi luminosi della speranza: Dio è con noi sempre, nulla devo “dubitare”, nulla mi deve “spaventare”, nulla mi deve “scoraggiare”. Dio è con noi e noi siamo alla “sua Presenza”.

Che bella questa “Presenza” vicina ed amorevole di Dio, che “solleva” dal “timore” (lo ricordiamo la parola compare come “non temere” nella Bibbia 365 volte).

Spero… l’Amore Infinito non abbandona… forse qualche volta siamo afferrati dal dubbio… ma “contempleremo la bontà del Signore”, quel volto di luce e di amore.

Voglio chiede al Signore, con le parole del Salmo: “si rinsaldi il mio cuore”, voglio che queste parole siano sempre quel soffio di speranza, voglio “abitare” quel verbo bellissimo che nel Vangelo diventerà il “dimorare” di Gesù con l’uomo, non solo “avere abitazione”,  “andare in casa”, ma  “entrare nel cuore e nella vita” (cfr. episodio di Zaccheo in Lc e il riferimento a Gv 15), perché quello “stare dimorando”, cambia il cuore.

Dimorare” perché “nulla vada perduto” (Vangelo).

Una espressione che ha il “sapore” della cura.

Cura e premura per l’umanità: compito affidato dal Padre.

Nulla e nessuno è abbandonato.

E la volontà dal Padre è chiara: “chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.

Gesù viene per “risuscitare”  ogni parte della nostra vita, della nostra storia, del nostro essere.

Il destino di ogni uomo nel progetto di Dio: affidamento al Figlio, mandato, Incarnato, per la vita eterna.

Il segreto?

L’Amore di Dio.

E nella liturgia della commemorazione dei defunti questo brano ci riporta alla “consolazione”, alla certezza, alla speranza, vita nell’Amore.

Parla alla folla, Gesù, parla a noi e ci rivela il Mistero.

Il mistero della bellezza dell’uomo nella sua umanità, quella sperimentata anche da Gesù: la capacità di amare.

E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno”: che nessuno si perda, l’amore ostinato di Dio Padre nella logica della “volontà”: “Questa è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna” (6,40), per una “vita piena”.

Quella morte che “fa paura”, che è “limite dell’uomo”, ma che vive della “certezza dell’eternità” alla luce della fede:

“Nella morte, Dio chiama a sé l’uomo. Per questo il cristiano può trasformare la sua propria morte in un atto di obbedienza e di amore verso il Padre, sull’esempio di Cristo (Lc 23,46)”. (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1011).

“Affidati” al Figlio che porta al Padre, nel suo abbraccio di Amore.

Un Amore così grande da essere “Eterno”.

Desiderio infinito di vita e di eternità.

“Affidarsi” per una “opportunità reale”.

E la bellezza di queste letture nel giorno della commemorazione dei defunti, ci aiuta a riflettere sulla “risurrezione”, quando  si vedrà “a faccia a faccia”, con quello sguardo luminoso e con quei volti “luminosi”.

Quegli occhi degli uomini nuovi che “guardano uomini nuovi”.

Posted in Pagine di Fede
Provincia di Vercelli, Regione Piemonte

Ap 7,2-4.9-14

Dall’Apocalisse di san Giovanni Apostolo.

Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».
E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele.
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».
E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».

Sal 23

RIT: Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.

Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.

  RIT: Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.

  RIT: Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

  RIT: Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.

1 Gv 3, 1-3

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo.

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.

Mt 5, 1-12

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE

Presente e futuro: oggi siamo chiamati allo sguardo.

Oggi siamo chiamati alla speranza.

Oggi siamo chiamati a riflettere sulla “santità”.

Oggi siamo ri-chiamati a riflettere sul nostro agire come “cristiani”, coloro che “sono di Cristo” e Cristo ci chiama alla santità.

I santi che “camminano” nella storia e che hanno “camminato” nella storia.

La visione dell’Apocalisse ci introduce la riflessione: “Vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua” (Lettura, Ap 7,9).

La “moltitudine immensa”… allora è possibile… non si può contare, ma è “possibile raggiungere”: quale consolazione! Tutti abbracciati dalla misericordia del Padre, quella rivelata in Gesù e donataci dallo Spirito.

“Tutti”: possibilità e certezza: nel cristianesimo non c’è “esclusione a priori”, tutti “chiamati”.

 “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello” (cfr.Ap 7,14): ecco chi appartiene alla “moltitudine”; la salvezza e la redenzione di Cristo “raggiunge” ogni uomo ed ogni donna.

Ogni uomo e ogni donna… chiamati alla santità, nella “grande tribolazione” della quotidianità, ciascuno con la sua esistenza, con i suoi passi, con il suo cammino, con le sue scelte, con la sua libertà, con i suoi sì ed i suoi no.

Santi, non “perfetti”.

Santi per essere “uomini e donne nuove”, “in cammino”.

Santi perché uomini e donne “vere”, con le difficoltà dell’esistenza, con i dubbi ed i tentativi, con il bagaglio di umanità, con una fede-dono, con una fede vacillante, con una fede matura, con una fede salda… con una fede, con la speranza, con la certezza della “chiamata alla santità”.

Santi perché chiamati a percorrere quelle strade dell’umano che Gesù stesso ha percorso, santi perché “chiamati” da Dio ad essere “nel mondo” ma non “del mondo” (cfr. Gv 17,15-18).

Santi perché vivi nel tempo e chiamati all’eternità.

Santi perché (santo dalla radice dell’ ebraico kadosh)altro”, “distinto”, separato dalle logiche del mondo.  “La santità, la pienezza della vita cristiana consiste nell’unirsi a Cristo, nel vivere i suoi misteri, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua” (Benedetto XVI, Udienza generale, 13 aprile 2011).

Santi per “vocazione”.

Santi con la certezza che ci viene dai figli amati: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui” (seconda lettura).

Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità: da questa santità è promosso, anche nella società terrena, un tenore di vita più umano” (Lumen Gentium, n. 40).

Santità di tutti.

Nell’Apocalisse, san Giovanni apostolo indica un numero “centoquarantaquattromila segnati” , l’intero popolo di Dio.

Ricordiamo che 12 è di solito il numero che sta per il popolo di Dio (12 tribù di Israele e 12 apostoli), da qui: 144 = 12 x 12 dunque l’intero popolo di Dio. Il numero viene  moltiplicato da 1000 per indicare la sua grandezza. Quindi i 144000 sono tutti i salvati, tutto il popolo di Dio, quelli che “cantano un canto nuovo” (cfr. Ap 14).

Santi perché “immersi” nella paternità di Dio, nel suo Amore, “diretti” verso il “cielo”, verso la “Gloria” di Dio.

Santi perché amati.

E quella “santità” ci “indirizza” (Vangelo), con quell’amore sovrabbondante che ci chiama alla felicità.

I santi pervasi dall’Amore di Dio che ci chiama a seguirlo per una beatitudine che non conosce tramonto.

Santi in cammino su quella “via”.

Un approssimarsi spaziale che colloca la “direzione”.

Su quel monte (secondo il racconto dell’evangelista Matteo e vogliamo ricordare anche il brano “parallelo” del Vangelo di Luca) Gesù “chiama” alla santità.

Gesù invita ad un “capovolgimento”, ad un “ordine nuovo di priorità”.

Le chiamiamo “beatitudini”, ma forse dovremmo ricordare l’origine ebraica asher che indica proprio quel “cammino retto” da percorrere per arrivare a Dio, il greco màkarios lo trasforma in “beato”, “felice”, ma “in cammino”.

Felicità.

Non una “felicità statica”, ma una “felicità dinamica”, una “chiamata” all’ascesa, come su quel monte con lo spazio “pianeggiante”, dove ci si può “mettere a sedere”, non solo per “parlare con autorità”, come fa Gesù-maestro, ma per aiutare a capire che dopo la “camminata”, “arrivo”, posso “sedermi”, contemplare e “stare” alla Presenza.

Folle in attesa di “parole di felicità”, che giungono da quel “monte”, da quel Dio “seduto” che invita a “metterci in piedi”. Da un Dio che “siede” e “parla” e “insegna” dopo aver camminato da “uomo in piedi” ed aver sperimentato i passi e la polvere, il male alle gambe e il bisogno di fermarsi. Parole di un Dio che non teme di “rivoluzionare” e “sconvolgere”, ma di “trasformare” le logiche della felicità “umana”.

E allora oppressi, miti, poveri in spirito, affamati ed assetati di giustizia, puri di cuore, operatori di pace, insultati, perseguitati, oppressi, emarginati… per il Suo Nome… diventeranno “camminatori di speranza”, anelanti di felicità.

Lo sa Dio, la felicità è una “ricerca”, è un “desiderio” e su quell’altura, con l’azzurro del cielo che si fonde con quel “mare”… parte da qui, parte dal “desiderio di Dio”: “vedranno Dio”. La felicità.

“Vedere” Dio. Bello, luminoso, Amore che dona Amore, Amore che dona gioia, che non “lascia in sospeso i desideri dell’uomo”, ma vuole dare gioia,luce, pace.

Un Dio che parla di felicità e la rende “possibile”, “accessibile”, un Dio che sa che l’uomo “rincorre”, “brama”, “ha sete”, tanto da intessere lodi, canti e preghiere appassionate…

E Dio risponde: “Beato l’uomo…” .

Non solo “felice”, ma “paradossalmente felice”.

Non solo perché “teme il Signore”, non solo perché “cammina sulle sue vie”, non solo perché “non si compiace”… certo, tutte cose importanti, ma Gesù si spinge “oltre” (Libro dei Salmi): “Beato l’uomo che sa camminare” nella povertà di spirito,nell’afflizione, nella ricerca di giustizia, nella costruzione della pace…”.

Beato quell’uomo che non si “ferma sul monte”, ma che “segue Dio”.

Sappiamo quante interpretazioni, ovviamente tutte autorevoli, hanno intessuto le trame dell’esegesi e della spiegazione: Gesù “novello Mosè”, “Nuova Legge”, “Nuova Alleanza”… forse qui il “Mosè” sono gli “Apostoli” che ricevono da Dio-Gesù la risposta alla ricerca dell’uomo.

Gesù è Dio e parla “come Dio” (dal “monte” a “sedere” dalla “cattedra”).

Non “guida”, non “consigli”, ma “Parole di vita eterna”.

“Beati”: non “allegri”, non “ottimisti”, non “sorridenti”, ma liberi e alla ricerca della comunione per vivere e cercare la pace, la giustizia, la speranza, la consolazione.

Beati perché “miti ed umili di cuore” …“imparate da me”…

Ecco il “modello”: Gesù insegna la “beatitudine” attraverso la santità.

Beati per quei “cieli nuovi e terra nuova”.

Beati perché “misericordiosi”, non solo perché “perdonati”, non solo perché “soggetto” dell’Amore misericordioso di Dio, ma perché in grado di “amare” sul “modello dell’Amore”: Amare senza tornaconto, senza interesse, i poveri, gli abbandonati, i miseri, chi è in difficoltà, chi mi insulta o mi perseguita…

Beati perché “luogo di pace con la vostra vita”, propagatori di giustizia, figli di Dio amati perché artefici di pace.

Beati perché folla discendente dal mondo, saprete percorrere i passi della santità, perché  vivrete la gioia del cammino, perché una “chiamata” attende, perché saprete “contagiare” con le parole del Maestro la vita del mondo.

Beati perché non vi abbatterete, non vi fare “sommergere” dalla logica del mondo, non vi “appiattirete” alla liquidità della vita, non vi “accontenterete” ma saprete essere  “strade di pace”.

E ci mettiamo “in processione” con le parole del Salmo 23/24 (Salmo), come quella liturgia d’ingresso al Tempio, quando si cantavano quelle parole che accompagnavano il cammino di “ingresso”: “Del Signore è la terra e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti”. Siamo “tuoi” Signore, chiamati alla santità, chiamati al cammino, chiamati alla “meta”, con “mani, pensiero e cuore” (secondo la logica ebraica del salmo, cuore come luogo dove si maturano luoghi, pensieri, progetti) per vivere la santità nella relazione con Dio e con i fratelli.

Vogliamo vivere i passi della santità e preparare il cuore al Mistero di quel volto splendente e glorioso che vedremo “faccia a faccia” (seconda lettura) se sapremo percorrere la strada della felicità con quell’esortazione di San Giovanni apostolo a non vivere più secondo il peccato, ma secondo il comandamento di Gesù, quello dell’amore, con la fede di chi ha abbracciato la fede in Gesù che ci permette di essere “figli di Dio”.

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Provincia di Vercelli, Regione Piemonte

Sir 35,15-17.20-22

Dal libro del Siràcide.

Il Signore è giudice
e per lui non c’è preferenza di persone.
Non è parziale a danno del povero
e ascolta la preghiera dell’oppresso.
Non trascura la supplica dell’orfano,
né la vedova, quando si sfoga nel lamento.
Chi la soccorre è accolto con benevolenza,
la sua preghiera arriva fino alle nubi.
La preghiera del povero attraversa le nubi
né si quieta finché non sia arrivata;
non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto
e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.

Sal 33

RIT: Il povero grida e il Signore lo ascolta.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

  RIT: Il povero grida e il Signore lo ascolta.

Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.

  RIT: Il povero grida e il Signore lo ascolta.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia.

  RIT: Il povero grida e il Signore lo ascolta.

2 Tm 4,6-8.16-18

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo.

Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.
Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone.
Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Lc 18, 9-14

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO “MATER CARMELI” DI BIELLA

Signore, continua ad avere sempre misericordia!

(Sir 35,15b-17.20-22a; Sal 33; 2Tim 4,6-8.16-18; Lc 18, 9-14)

Nel Vangelo di questa domenica Gesù cerca di parlare al cuore, di raggiungere in profondità la vita di alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri.

Non è facile comunicare quando ci si ritiene giusti e si ripone il valore di se stessi nella propria presunta integrità.

Questa immagine viene incarnata dal fariseo che recatosi al tempio a pregare, rimane in piedi; convinto di essere a posto, pronuncia tra sé e sé un ringraziamento compiaciuto a Dio, che a suo giudizio, gli consente di essere migliore degli altri. E’ un esempio di come si possa usare della religione per guadagnare stima ai propri occhi e per credere di essere graditi a Dio e ammirati dagli uomini. 

L’osservanza puntuale della Legge, in realtà ha l’effetto di gonfiare di sè il fariseo; le sue parole rivelano un uomo dal cuore privo di carità, incapace di relazione e di autentica preghiera.

La superbia compromette ogni azione buona, a nulla giova al fariseo digiunare e pagare le decime, perché, come dirà san Paolo, senza la carità niente giova, nemmeno dare il proprio corpo alle fiamme (cf 1 Cor 13,3).

La preghiera del superbo non raggiunge il cuore di Dio, mentre l’umiltà del misero lo spalanca (Papa Francesco).

E misero appare il pubblicano che sale anche lui al tempio a pregare.

Egli non ha virtù da presentare ma un cuore contrito dal quale parte la sua preghiera: egli si batteva il petto dicendo: O Dio abbi pietà di me peccatore.

Quest’uomo, che si ferma a distanza, che non osa nemmeno alzare gli occhi al cielo, desidera e domanda la pietà di Dio. Il fariseo si accorge della sua presenza ma solo per disprezzarla, non pensa lontanamente di avvicinarlo e accoglierlo come un fratello.

A volte, purtroppo, tristemente, tra i credenti si riscontra freddezza, poco entusiasmo, disinteresse per un nuovo venuto, che magari non può vantare una vita da santo. Senz’altro maggior calore, accoglienza, clima di famiglia, potrebbe incoraggiare tanti fratelli e sorelle nell’intraprendere un cammino di avvicinamento o ritorno al Signore nella sua Chiesa.

Il fariseo e il pubblicano che salgono entrambi al tempio, restano distanti l’uno dall’altro mentre Dio vede e ascolta entrambi. Uno solo però torna a casa giustificato: il pubblicano che parte peccatore e incontra il Signore. La pietà invocata lo rende un uomo migliore. (Pietà si può tradurre con abbi benevolenza, misericordia.

Deriva dall’imperativo aoristo del verbo greco eleo.

Questo modo e tempo verbale indicano un’azione continuativa: è quindi una richiesta a Dio di continuare ad avere misericordia. -Wikipedia-). 

La partecipazione alla preghiera deve lasciare il segno, se non succede niente, se il nostro cuore rimane lontano da Dio e dagli uomini, non serve a nulla.

Impariamo dal pubblicano la preghiera del cuore e coltiviamo un vivo desiderio di conversione, disposti ad accogliere umilmente, continuamente, l’azione misericordiosa del Signore che guarda verso l’umile mentre al superbo volge lo sguardo da lontano (Sal 138,6).

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza     

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Provincia di Vercelli, Regione Piemonte

Es 17, 8-13

Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm.
Mosè disse a Giosuè: “Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio”. Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle.
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.
Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.

Sal 120

RIT: Il mio aiuto viene dal Signore.

Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra.

  RIT: Il mio aiuto viene dal Signore.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele.

  RIT: Il mio aiuto viene dal Signore.

Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.

  RIT: Il mio aiuto viene dal Signore.

Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.

  RIT: Il mio aiuto viene dal Signore.

2 Tm 3, 14 – 4, 2

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo.

Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù.
Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento.

Lc 18, 1-8

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
“In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi””.
E il Signore soggiunse: “Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”.

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO “MATER CARMELI” DI BIELLA

La preghiera è il respiro dell’anima

(Es 17,8-13; Sal 120; 2 Tm 3,14-4,2; Lc 18, 1-8)

Gesù ci propone una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai, che ha come protagonisti una vedova e un giudice. Qualcuno sta approfittando della donna, probabilmente anziana e sola, nella sua condizione di debolezza non può difendersi dal suo avversario e non può contare su nessuno che prenda le sue difese. Lei però non si rassegna a subire un’ingiustizia e si rivolge alla legge. Nella sua città, c’è un giudice che viene descritto come l’ultima persona dalla quale sperare aiuto: egli, infatti, non teme Dio e non ha riguardo per alcuno. Pur sapendo questo, la vedova non si perde di coraggio e con grande determinazione e insistenza va da lui. Non si lascia spegnere dai rifiuti ripetuti e alla fine la sua insistenza riesce a vincere l’indifferenza egoista del giudice. Nessuna compassione in quest’uomo, egli decide di farle giustizia unicamente per il fastidio che la donna continuamente gli procura; la vedova non desistendo, ottiene quel che spera. Interessante è vedere come il Signore vesta la preghiera al femminile. La donna, ancora oggi in molti luoghi e in modi più o meno velati, continua ad essere in una condizione di minorità, di svantaggio, di fragilità. Una condizione però che può togliere la barriera dell’orgoglio, di chi anche se nel bisogno non si abbassa a chiedere aiuto. La vedova della parabola vince la vergogna, l’umiliazione di vedersi cacciata, di vedersi chiudere la porta in faccia; la sua forza d’animo l’aiuta ad andare oltre, a perseguire il suo obiettivo vincendo ogni difficoltà. Essa diventa un esempio che Gesù vorrebbe trovare tra coloro che lo seguono come intendiamo dalla domanda aperta con la quale si conclude il vangelo di questa domenica: “quando il Figlio dell’uomo verrà troverà la fede sulla terra?”. La preghiera è legata a doppio filo alla fede, senza la fede la preghiera non ha senso, si ferma a un ritualismo vano e facilmente dannoso per sé e per altri. Gesù ci lascia il modello della vedova per incoraggiarci a vivere la preghiera con perseveranza, senza temere di dar fastidio a Dio. A volte si pensa che Egli non ci ascolti, che abbia cose più importanti, invece il Signore si fa attento alla nostra preghiera, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo (Dt 4,7). Egli si fa vicino per farci giustizia, per liberarci dai nostri nemici che si intendono soprattutto in senso spirituale; sono i nemici dello spirito, le forze che avversano in noi la capacità di amare, la crescita nell’amore. Il libro dei Salmi, uno dei 73 libri che compongono la Bibbia, è interamente composto da preghiere che esprimono la vita interiore di ogni fedele. Sono preghiere di fiducia, di supplica, di lode, di ringraziamento, di intercessione, di imprecazione; nulla di quanto un uomo e una donna possono vivere è escluso dalla preghiera; tutta l’esistenza è continuamente in relazione con Dio. Pregare continuamente è vivere questa consapevolezza, è diventare coscienti che in Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo (cf At 17,28). La preghiera è il respiro dell’anima, è l’ossigeno dello Spirito Santo che Dio con prontezza ci dona!

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza     

Posted in Pagine di Fede

Anche questa diciottesima Fiera d’Autunno targata Fiva (la federazione dei commercianti ambulanti) Ascom di Vercelli è stata coronata da un successo, certamente favorito anche dal sole tiepido che ha rasserenato la giornata, ma soprattutto dalla varietà e qualità dell’offerta.

La gallery che abbiamo realizzato facendo una passeggiata tra i banchi parla meglio di tante parole e – se non ci sbagliamo – i visitatori sono stati tanti, ma non si è trattato di semplici curiosi: gli acquisti non sono mancati.

Ma ora ecco la gallery.

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PiemonteOggi, Provincia di Vercelli, Regione Piemonte

2 Re 5, 14-17

Dal secondo libro dei Re.

In quei giorni, Naamàn [, il comandante dell’esercito del re di Aram,] scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola di Elisèo, uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato [dalla sua lebbra].
Tornò con tutto il seguito da [Elisèo,] l’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: “Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo”. Quello disse: “Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò”. L’altro insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò.
Allora Naamàn disse: “Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore”.

Sal 97

RIT: Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.

  RIT: Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.

  RIT: Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!

  RIT: Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.

2 Tm 2, 8-13

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo.

Figlio mio,
ricòrdati di Gesù Cristo,
risorto dai morti,
discendente di Davide,
come io annuncio nel mio vangelo,
per il quale soffro
fino a portare le catene come un malfattore.
Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.
Questa parola è degna di fede:
Se moriamo con lui, con lui anche vivremo;
se perseveriamo, con lui anche regneremo;
se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà;
se siamo infedeli, lui rimane fedele,
perché non può rinnegare se stesso.

Lc 17, 11-19

Dal Vangelo secondo Luca

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”. Appena li vide, Gesù disse loro: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”. E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: “Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”. E gli disse: “Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!”.

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO “MATER CARMELI” DI BIELLA

La bellezza della gratitudine

(2 Re 5,14-17; Sal 97; 2 Tm 2,8-13; Lc 17,11-19)

Gesù è in cammino verso Gerusalemme, questa è la meta per lui e per tutti coloro che scelgono di seguirlo. Gerusalemme è la città di Dio, è il luogo santo dove Gesù dà la vita per amore ed è l’immagine della Gerusalemme celeste dove Dio sarà tutto in tutti. Nel suo viaggio Gesù si ferma in molti luoghi incontrando tante persone e tra queste anche ognuno di noi. L’evangelista Luca ci dice che attraversava la Samaria e la Galilea, due territori evitati dai Giudei: la Samaria era considerata terra di scismatici e la Galilea terra di pagani. Gesù non appoggia separazioni e distinzioni di alcun genere tra le persone, l’uomo guarda l’apparenza, Dio va in profondità e guarda il cuore; Egli non fa differenze di persone ma accoglie chiunque abbia il cuore sincero e un comportamento giusto a qualunque popolo appartenga (At 10,35). In questo Vangelo Gesù è raggiunto da dieci lebbrosi che si fermano a distanza, nel rispetto della Legge (cf Lv 14), gridando a Lui il loro dolore: “Gesù maestro abbi pietà di noi!”. A questo grido Gesù risponde dicendo loro di andare a presentarsi ai sacerdoti. Chi era lebbroso andava dal sacerdote quando era guarito perché il ministro doveva certificarne la guarigione e riammetterlo nella vita sociale e religiosa dalla quale era stato escluso. Qui Gesù li manda quando sono ancora malati; possiamo pensare a una prova di fede, come nell’episodio delle nozze a Cana di Galilea quando il Signore dice ai discepoli di attingere acqua dalle giare e di portarla al maestro di tavola: l’acqua diventerà vino (cf Gv 2,1-11). Ogni volta che Dio prova la nostra fede compie un atto di fiducia verso di noi e ci dona la possibilità di crescere in quella fede che diventa relazione e vita. Lungo il cammino, gli uomini malati di lebbra vengono tutti guariti, tra loro c’è anche un samaritano, l’unico che vedendosi guarito decide di tornare indietro. Con la sua voce ora non grida più il proprio dolore ma loda Dio e ringrazia Gesù, mentre sperimenta la parola del Salmo (30,12-13): “Hai cambiato il mio lutto in danza, la mia veste di sacco in abito di gioia. Gesù osserva: non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse a rendere gloria a Dio all’infuori di questo straniero?”. Uno solo ha sentito il bisogno di tornare indietro per ringraziare. La decisione di quest’uomo fa sì che egli non solo venga guarito ma anche salvato: “alzati e va’ la tua fede ti ha salvato”. Gesù rialza il samaritano, prostrato ai suoi piedi, e lo rimanda nella convivenza umana come testimone della salvezza che Dio ha operato in lui. A noi rimane di dare risposta alla domanda: “dove sono gli altri nove?”. Preghiamo di poter imparare dall’uomo samaritano, dalla sua disponibilità ad accogliere e riconoscere la grazia, il dono che Dio, in risposta alla sua preghiera, al suo desiderio di vivere in pienezza, gli offre.

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza

 

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