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Posted in Eventi e Fiere, Società e Costume
Provincia di Vercelli, Regione Piemonte

Qo 1, 2; 2, 21-23

Dal libro del Qoèlet.

Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità.
Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male.
Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!

Sal 94

RIT: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: “Ritornate, figli dell’uomo”.
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

RIT: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.

RIT: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

RIT: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.

RIT: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

Col 3, 1-5. 9-11

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi.

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria.
Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato.
Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.

Lc 12, 13-21

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: “Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità”. Ma egli rispose: “O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”.
E disse loro: “Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”.
Poi disse loro una parabola: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio”.

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO “MATER CARMELI” DI BIELLA

L’orizzonte da guardare

(Qo 1,2; 2,21-23; Sal 89; Col 3,1-5.9-11; Lc 12,13-21)

Uno della folla chiede praticamente a Gesù che faccia quello che lui desidera, che gli risolva il problema dell’eredità con suo fratello.

In realtà capita che siamo così convinti di essere nel giusto che ci sembra logico “suggerire” a Gesù di prendere le nostre difese; anche la scorsa domenica abbiamo visto un intervento simile da parte di Marta, che contestava il comportamento della sorella Maria.

La risposta di Gesù però non è quella sollecitata in entrambi i casi, egli infatti chiede a chi domanda di cambiare modo di pensare, cerca di comunicare il perché della sua risposta che sembra prendere le distanze dai problemi che ci mettono in difficoltà.

Gesù non è giudice o mediatore sopra di noi, non risolve i problemi al posto nostro, ma ci aiuta a capire la radice e il valore di quanto ci preoccupa.

L’amore al denaro è la radice di tutti i mali, leggiamo nella prima lettera a Timoteo (6,10).

Non si condanna il denaro in sé ma l’amore al denaro, il suo desiderio smodato, le cui conseguenze non sono buone.

In fondo si pensa che la felicità venga dalle cose, così come lo crede il protagonista della parabola che Gesù presenta, la sua vita è tutta rivolta verso i beni che sono la sua unica compagnia; questo uomo fondamentalmente è solo, parla con se stesso, pensa solo a sé, progetta per assicurarsi il futuro sull’unica dimensione materiale dei bisogni primari del mangiare, bere, riposarsi e divertirsi.

La sovrabbondanza del raccolto della sua campagna sembra essere una possibilità (l’ultima prima di morire) per uscire da sé, per pensare anche al bisogno degli altri, per condividere quella straordinaria abbondanza che la vita (e non solo il suo lavoro), gli dona.

Purtroppo l’amore al denaro fa scegliere a quell’uomo, che non sapeva dove riporre la grande quantità del raccolto, di decidere la demolizione dei suoi magazzini per costruirne altri più grandi, invece di pensare alla solidarietà e alla condivisione di quella eccezionale ricchezza.

La ricchezza sembra non bastare mai, più si ha più si vuole, dimenticando che il valore della nostra vita non dipende da quello che possediamo, ma da quello che siamo.

I beni materiali sono necessari, sono beni e possono e dovrebbero essere un mezzo per vivere onestamente e nella condivisione con i più bisognosi.

Gesù ci invita a considerare che le ricchezze possono incatenare il cuore e distoglierlo dal vero tesoro che è nei cieli.

Ce lo ricorda anche san Paolo nella seconda lettura: “cercate le cose di lassù, rivolgete il pensiero alle cose di lassù non a quelle della terra”.

Questo non vuol dire estraniarsi dalla realtà ma cercare le cose che hanno un valore che non passa: la giustizia la solidarietà, l’accoglienza, la fraternità, la pace. La conclusione della parabola che ci propone l’evangelista è particolarmente efficace: così è di chi accumula tesori per sé e non arricchisce presso Dio.

È un ammonimento che rivela l’orizzonte verso cui tutti noi siamo chiamati a guardare.

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza     

Posted in Pagine di Fede, Vercelli Oggi
Provincia di Vercelli, Regione Piemonte, Torino, Vercelli Città

Sono tanti, questa mattina, 29 luglio, presso la parrocchia salesiana del Sacro Cuore al Belvedere di Vercelli, i ragazzi provenienti da tutte le Diocesi del Piemonte e della Svizzera Italiana che si accingono a compiere il pellegrinaggio della Speranza, a partecipare al Giubileo dei Giovani, a Roma, ad incontrare Papa Leone XIV.

Quella Speranza che è la promessa più ardita ed irrinunciabile della nostra Fede, la Speranza nella resurrezione dei morti, capace di dare senso alla vita, altrimenti e inevitabilmente destinata ad essere giocata sulla caducità della materia, forse sedotti dalle mendaci promesse degli idoli e destinati, infine, a non comprendere mai perché il Padre ci abbia voluti e voluti a sua immagine: ognuno di noi, unico ed irripetibile.

Tanti di questi giovani seguono il cammino neocatecumenale e oggi si sono dati appuntamento qui a Vercelli per una Liturgia che non abbiamo spesso occasione di vivere e documentare, la Liturgia penitenziale.

Si confessano.

Con la naturalezza che tanti di noi forse hanno dimenticato, si accostano ai Sacerdoti che li ascoltano, assolvono, benedicono.

Il Sacramento della Riconciliazione, certo il viatico più bello per il pellegrinaggio della Speranza.

La Liturgia è presieduta dall’Arcivescovo di Vercelli, Mons. Marco Arnolfo, con il Vicario Generale Mons. Stefano Bedello ed altri 16 Sacerdoti.

***

Vivranno di nuovo la giornata penitenziale venerdì 1 agosto, quando qui celebreremo il Patrono Sant’Eusebio, al Circo Massimo, sarà possibile confessarsi dalle 10.30 fino alle 18, con oltre 1000 Sacerdoti che, ogni due ore, si alterneranno sotto grandi tende poste per dare respiro ai fedeli, viste le alte temperature previste. I pellegrini di lingua italiana, spagnola, inglese, francese, portoghese e polacca troveranno delle postazioni nella propria lingua disponibili per tutta la durata dell’evento.

***

Oggi sono qui in 350 e ieri sera la parrocchia salesiana ha visto un “fuori programma” che è parso a suo modo provvidenziale: un gruppo di oltre 100 giovani provenienti dagli Stati Uniti, che aveva subito le conseguenze di un guasto all’aereo che avrebbe dovuto portarli a Roma, ha fatto tappa qui a Vercelli, “accampandosi” presso i capaci locali dell’Oratorio.

Poi, questa mattina, la partenza per Roma.

Li ritroveremo tutti nei prossimi giorni, seguendoli in questa bella esperienza.

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Provincia di Vercelli, Regione Piemonte

Gn 18, 20-32

Dal libro della Genesi.

In quei giorni, disse il Signore: “Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!”.
Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore.
Abramo gli si avvicinò e gli disse: “Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?”. Rispose il Signore: “Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo”.
Abramo riprese e disse: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?”. Rispose: “Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque”.
Abramo riprese ancora a parlargli e disse: “Forse là se ne troveranno quaranta”. Rispose: “Non lo farò, per riguardo a quei quaranta”. Riprese: “Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta”. Rispose: “Non lo farò, se ve ne troverò trenta”. Riprese: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti”. Rispose: “Non la distruggerò per riguardo a quei venti”. Riprese: “Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci”. Rispose: “Non la distruggerò per riguardo a quei dieci”.

 Sal 137

 RIT: Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto.

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

RIT: Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.

RIT: Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto.

Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;
il superbo invece lo riconosce da lontano.
Se cammino in mezzo al pericolo, tu mi ridoni vita;
contro la collera dei miei avversari stendi la tua mano.

RIT: Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto.

La tua destra mi salva.
Il Signore farà tutto per me.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani.

Col 2, 12-14

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi.

Fratelli, con Cristo sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti.
Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce.

Lc 11, 1-13

Dal Vangelo secondo Luca

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: “Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli”. Ed egli disse loro: “Quando pregate, dite:
“Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione””.
Poi disse loro: “Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!”.

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO “MATER CARMELI” DI BIELLA

Nel segreto del cuore Dio ascolta e dona lo Spirito

(Gen 18,20-32; Sal 137; Col 2,12-14; Lc 11,1-13)

“Gesù si trovava in un luogo a pregare”.

Questa indicazione fa pensare che la preghiera ha bisogno di un luogo, anche se nella lettera a Timoteo, san Paolo ispirato dallo Spirito scrive: voglio che gli uomini preghino, dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure, senza ira e senza contese (1 Tm 2,8).

Potremmo dunque dire che il luogo della preghiera è principalmente il cuore, bisogna quindi imparare a scendere nel nostro cuore e lì nel segreto di questa stanza interiore pregare il Padre.

Possiamo farlo dovunque anche al lavoro, in viaggio, mentre facciamo una passeggiata…e certamente possiamo farlo scegliendo un luogo anche fisico che possa facilitare la preghiera.

Questo è quello che fa Gesù, quando cerca luoghi deserti, quando sale sul monte, quando per pregare esce di casa mentre è ancora buio, quando passa la notte in preghiera. Focalizzando l‘attenzione al vangelo di oggi notiamo che quando Gesù finisce di pregare si fa avanti uno dei discepoli che desidera imparare a pregare; la preghiera dunque si impara, chi prega può aiutarci a pregare, e chi prega non solo con le labbra ma con il cuore, può attirare, suscitare il desiderio di pregare anche in chi questa esperienza non la vive o non la vive abbastanza.

La prima parola che Gesù dice in risposta al discepolo volenteroso di imparare a pregare è: Padre.

Gesù chiama Dio “Abbà”, papà, utilizzando una terminologia assolutamente nuova che nella preghiera giudaica del tempo suonava inusuale e irriverente.

Il cambiamento di Gesù è quello di considerare Dio a livello più intimo, intrattenendo con lui un rapporto filiale di amore e di fiducia.

Gesù non comunica una teoria astratta, né una tecnica efficace ma indica che la preghiera è innanzitutto relazione, possibilità di riconoscere e sperimentare che Dio è Padre mio e Padre nostro.

Egli rivela la profondità del suo rapporto con Dio e invita anche i suoi discepoli a sperimentare la stessa vicinanza e fiducia filiale.

E’ come il tentativo di risvegliare la nostalgia di un rapporto personale che si svolge nell’orizzonte del noi comunitario.

Se è vero, infatti, che la preghiera cristiana ci conduce a vivere un’intimità di amore con Dio, non ci chiude mai nell’intimismo.

Il Padre mio è Padre nostro e quanto di bene desidero per me ugualmente lo desidero e lo chiedo anche a nome e insieme a tutti i miei fratelli e sorelle.

Gesù ci insegna ancora a pregare con fede, con insistenza anche inopportuna nella certezza che Dio ascolta, si fa attento al grido della nostra preghiera.

Se Egli è nostro Padre, non può che volere il meglio per i suoi figli; se già un padre terreno cerca di dare cose buone ai propri figli, tanto più il Padre della vita e di ogni bontà, darà senza misura, a quelli che glielo chiedono, la cosa buona per eccellenza che è Spirito Santo.

Gesù ci esorta a chiedere, a cercare e a bussare perché il Padre è pronto ad ascoltare ed è pronto a comunicare il dono più grande: lo Spirito Santo!

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza   

Posted in Pagine di Fede, Vercelli Oggi

E’ arrivato l’ultimo giorno della kermesse valsesiana che ha richiamato migliaia di persone.

Tante le proposte rivolte ai visitatori nei dieci giorni della manifestazione che hanno permesso di scoprire le eccellenze enogastronomiche, i lavori degli artigianali, le tradizioni e il territorio.

Ieri sera (sabato 19 luglio), discoteca a cielo aperto con i Dj Curly Brothers, Urge e Ozzie.

La loro energia, il loro sound tech-house ha coinvolto il pubblico che ha ballato e cantato in un clima di puro divertimento.

Sempre affollata l’area commerciale con diversi espositori provenienti da molte regioni italiane e da paesi limitrofi e visitatori incuriositi anche dai manufatti esporti nelle Contrade Storiche dai piccoli artigiani, dai produttori e dagli hobbisti.

Un successo le visite guidate, le mostre allestite che hanno portato alla scoperta del patrimonio storico e culturale della città.

A Palazzo d’Adda per l’occasione “Palazzo dell’Artigianato” sempre numerosa la visita di coloro che vogliono scoprire i manufatti degli artigiani e le “Invenzioni anticonvenzionali”.

Al Parco d’Adda spazio alle Associazioni di Volontariato e alle Pro Loco che propongono piatti tipici della tradizione e serata musicali. Questa sera musica live alle ore 21.30 con Dj Delpo.

Musica anche al Valsesia Chiringuito dalle 21.30 con Dj Bellafà.

La Piazza del Gusto: il pranzo sarà affidato a Oggi cucino io: antipasto sfizioso, pasta dei golosi e dolce a sorpresa!. La cena sarà affidata Hostaria Orcobacco (Borgomanero): gnocchi di ricotta con sugo di pomodoro fresco, olive, basilico e crumble di pane croccante alle acciughe e a Ristomacelleria (Quarona): battuta di fassona piemontese con robiola di Roccaverano DOP e cipolle rosse di Tropea caramellate.

In Piazza Garibaldi divertimento assicurato con il Luna Park, sfere galleggianti, tappeti elastici, scivolo taboga, pesca verticale, pesca dei cigni, jumping e spara alla lattine.

A concludere i concerti in Piazza Vittorio Emanuele II, questa sera alle 21.30 sarà Francesco Renga che porterà sul palco il suo tour “Angeloventi”, che celebra 20 anni dall’uscita del brano Angelo.

Un’occasione unica per rivivere emozioni senza tempo e celebrare la carriera straordinaria di una delle più grandi voci della musica italiana.

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Redazione di Vercelli

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Provincia di Vercelli, Regione Piemonte

Gn 18, 1-10

Dal libro della Genesi.

In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno.
Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: “Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo”. Quelli dissero: “Fa’ pure come hai detto”.
Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: “Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce”. All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.
Poi gli dissero: “Dov’è Sara, tua moglie?”. Rispose: “È là nella tenda”. Riprese: “Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio”.

Sal 14

RIT: Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.

Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua.

RIT: Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.

Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.

RIT: Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.

Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.

RIT: Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.

Col 1, 24-28

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi.

Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa.
Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi.
A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.

Lc 10, 38-42

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma il Signore le rispose: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”.

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE

“Alle Querce di Mamre… nell’ora più calda del giorno…”

In lontananza tre uomini…

E subito una tavola imbandita.

Con sollecitudine Sara è invitata a preparare: “Tre seah di fior di farina, impastala e fanne focacce”.

Tra i sette e i dodici litri (seah era stimata con questo valore per i solidi).

Ospitalità sollecita e sovrabbondante.

All’ombra… delle querce…

Nel deserto l’ombra di una quercia è un sollievo, è un incontro, è una accoglienza, è condivisione, è benedizione.

L’ospite inatteso.

Il calore dell’accoglienza… l’ospite inatteso accolto… lo straniero ospitato… come fosse Dio.

Mani sporche di farina e mani bagnate di acqua… per accogliere, ospitare, rendere accogliente la permanenza e far “dimorare”.

All’ombra delle querce, sotto la tenda, dentro la casa… insieme.

Nella Bibbia la quercia è un albero che indica la “sacralità” di un luogo (ricordiamo l’episodio di Giacobbe presso Sichem o la sepoltura di Debora ai piedi di una quercia), un albero con una chioma folta che fornisce riparo e ombra.

Abramo e Sara siedono… sono anziani, il deserto con la sua arsura non risparmia i due sposi, sono affaticati e hanno bisogno di riposo e ombra… “nell’ora più calda”… (mi sovviene il ricordo di un’altra “ora più calda del giorno…” ed un incontro vicino ad un pozzo… arsura e bisogno di acqua… richiesta e dono…).

Abramo e Sara… vicino ad una tenda… la loro condizione di pellegrini… hanno lasciato ormai da molti anni Ur… e vivono in “attesa”, con fiducia… “lascia il paese e la casa di tuo padre”… abbandono e fiducia… una tenda come riparo… e quelle stelle a ricordare una promessa…

Ma di giorno le stelle non si vedono, il deserto è abitato solo dal calore in quell’ora più calda…

Eppure all’ombra di quella quercia il cuore di Abramo arde di speranza, la speranza e la fiducia…

Abramo anche se anziano è “vigile”, si alza prontamente e anche lui prepara, come Sara “prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo.

Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro”.

I cibi della vita nomade, offerti con generosità, posati “davanti” a loro.

Accoglienza, generosità, sollecitudine…

Abramo si muove in fretta e sollecita Sara e il servo.

La “fretta” (anche in questo caso ci sovviene un passo del Vangelo che ha come protagonista Maria la mamma di Gesù dopo aver ricevuto l’annuncio dell’angelo).  

Fretta come sollecitudine e desiderio di accoglienza, di “ospitare”, di accogliere, di far visitare e dimorare nella propria vita.

Un vitello (anche in questo caso non possiamo non rammentare il vitello per una festa di ritorno inatteso).

E gli ospiti mangiano, si rifocillano.

Sono tre, sono stanchi, hanno camminato nell’ora più tarda, ma ora sono qui, con Abramo e Sara, sotto la tenda all’ombra… e condividono cibo e l’ospitalità sacra.

Ombra, acqua, cibo… Abramo offre ciò che a lui è dato.

Condivisione.

Straniero accoglie stranieri.

Apre la sua tenda, il suo albero, la sua mensa.

E ad Ebron (vicino a Gerusalemme, luogo di quelle Querce) la promessa diventa vita.

Lo straniero annuncia, è portatore di vita.

Dio “appare” e dona la vita.

Sara tra un anno… il tempo… l’attesa…

Perché “nulla è impossibile a Dio”.

Il figlio della promessa.

Tre ospiti accolti regalmente.

Dio è con loro.

Dio “rimane” fedele e mantiene le promesse.

Dio è.

Un Dio accolto, ospite inatteso, vicino.

Accogliendo si accoglie Dio.

E in un altro villaggio… un’altra accoglienza (Vangelo).

E mentre cammina…”

Gesù è in viaggio verso Gerusalemme, è “sulla strada” e lascia la strada per una casa.

Gesù: dal cammino alla casa…

Gesù accolto.

Gesù forse non atteso, ma ospitato.

Non una tenda, ma l’ombra di una casa… e due donne… sorelle, amiche.

Il calore della famiglia che ospita.

Dio in casa.

La “padrona di casa”, colei che ospita, si chiama Marta (nella cultura ebraica il significato aramaico del nome è “signora”, “padrona”).

Donna attenta, laboriosa, ospitale e dedita alla casa…

Marta che ha ben in mente la vita, i “doveri”, le “necessità”, la famiglia…

In una casa di amici… il brano qui non ci dice che Marta aveva un fratello ed erano amici di Gesù, qui ci presenta solo la sorella, Maria.

Due donne ed una casa a Betania.

Due donne ed un “ospite d’onore”.

Un ospite da accogliere, Gesù da ospitare.

Mi immagino la scena… Gesù predica, siede… è bello ascoltare Gesù che parla, è bello perché le cose che dice “toccano il cuore”, così bello che Maria “dimentica” il dovere dell’ospitalità, così bello che Maria siede ai suoi “piedi”, così bello che neppure il “richiamo” della sorella forse maggiore, dunque dotata di “autorità” mi fa desistere da quell’ascolto.

In una casa a Betania Marta cerca di “fare qualcosa” per Gesù, Maria è lì a ricevere “da Gesù”.

Non mi soffermo e dilungo sulle diverse interpretazioni, tutte belle, giuste, autorevoli, importanti, rigorose.

Mi fermo sulle due donne: una “in piedi” ed una “seduta ai piedi”.

Donne che ascoltano e che accorrono: una Chiesa in quella stanza e lì con loro c’è Dio.

Non sappiamo dove è Lazzaro, qui “vediamo” solo le due sorelle: una “silente”, in ascolto, ed un in “accoglienza”, “sollecita”, “viva e vivace”… e in queste donne vedo Maria mamma di Gesù, vedo la Chiesa.

Non mi piace mai la “contrapposizione”, preferisco il dialogo, il confronto, gli opposti sono tali perché complementari, perché “chiarificatori”.

Qui vedo le donne nella Chiesa intorno a Gesù e Gesù è lì ad insegnare loro.

“Parte migliore”, indubbiamente… ma essere lì è “essere parte”.

Gesù è lì e le donne sono con lui.

Marta e Maria sono in quella casa, l’espressione della donna nella famiglia, la stessa madre che ha cresciuto ed accompagnato Gesù, sua mamma Maria, sollecita, in cammino ed in ascolto, sotto la croce, ma “in piedi”, colei che era “la migliore” eppure ha “serbato” e “meditato” le cose nel cuore, quel cuore “trafitto”.

Ma Gesù, in quella casa, non “accusa” Marta, non la “rimprovera”, non fa una classifica della “sua preferita”, Gesù in quella casa parla di “ascolto”: Marta… “non preoccuparti…” ascolta … osserva, guarda… puoi “imparare” a comprendere che cosa è importante, puoi “sederti” ed assaporare le Parole.

Marta, “punta lo sguardo in alto”.

Dal basso all’alto.

Dalla nostra condizione di persone a Dio.

Marta, “non provare inquietudine…” affidati…

Gesù in quella casa “porta alla luce un’ anima”…

Porta alla luce una donna.

Gesù in quella casa, ci fa “vedere” la Chiesa.

Non la “Chiesa delle donne”, la Chiesa dell’uomo che ascolta, che osserva, che è comunione.

La Chiesa di Maria mamma di Gesù.

La Chiesa che scegliendo di “fissare lo sguardo” su Cristo, lo “fissa sui fratelli”.

La Chiesa che non contrappone vita attiva e vita contemplativa, ma la Chiesa che è comunione di vita attiva e contemplativa.

La Chiesa che “spezza il pane” con quell’ospite atteso, che “cerca” la collaborazione dei fratelli, che ascolta e “siede” a mensa, non da sola, intorno a Gesù.

Vedo in quella casa a Betania, la gioia e la preoccupazione della Chiesa che è accoglienza, incontro, ospitalità.

Betania è “casa” (significato del termine può essere tradotto con casa di povertà o casa di Anania).

La Chiesa è casa.

La Chiesa è ospitalità operosa, è ascolto generoso, la Chiesa è “spazio” per mangiare insieme, perché quell’ “ospite ospitato” cenerà con loro, ma  si farà e sarà poi per loro, come per noi,  Pane e Cibo.

Ma in quella casa non c’è una semplice accoglienza, c’è ascolto, ascolto della Parola.

Ascolto e “servo”.

Davanti al “prossimo” devo “scegliere” e Gesù, qui è “prossimo”, è vicino… e devo “prendere posizione”… nella Chiesa, come in quella casa, devo capire come “voglio essere”, come “voglio stare”.

Questo ci è chiesto: prendere posizione sul nostro stile di vita.

Quella donna che lo ha accolto, è uscita “trasformata”… è bastava una Parola… è bastato chiamarla per nome… indicarle la “parte migliore”… perché il Signore è Colui che ha “qualcosa da dire a me”, sia che io sia ai suoi piedi, seduta ad ascoltarlo, sia che io sia bisognosa di un “richiamo”.

Gesù non vuole “discepoli  e discepole perfetti”, ma “discepoli e discepole autentici”.

Gesù vuole discepoli che sanno “accogliere” con la vita, non con la “formalità”, vuole discepoli e discepole che sanno “dimorare”, come Lui ha dimorato in quella casa.

A Gesù “importa”, sta a “cuore” (Luca qui usa la stessa espressione che Marco userà in quell’episodio, quando Pietro gli dirà. “Non ti importa…” Mc 4,38).

A Gesù “importa”, perché Gesù non crea “frattura” (“Signore non ti curi – non ti importa – che mia sorella mi ha lasciato sola a servire.”…) Gesù usa la “maieutica del bene”… aiuta a comprendere… Gesù usa la “maieutica della misericordia”, guida alla comprensione… Gesù usa la “maieutica della vita”, la “maieutica della pace” perché solo con la Sua pace possiamo comprendere chi siamo: “Marta Marta”… il nome. Gesù chiama all’amore.

Maria ha scelto… anche Marta sceglierà.

Anche noi siamo “chiamati” e dobbiamo scegliere.

Posted in Pagine di Fede

Serravalle Sesia in festa per il centenario del Gruppo Alpini.

Ai festeggiamenti, partiti dal mattino di ieri, domenica 13 luglio, hanno partecipato numerosi Gruppi Alpini provenienti dai paesi limitrofi.

Primo appuntamento l’Ammassamento per la registrazione dei Gagliardetti in Piazza Libertà, a seguire l’alza bandiera e il corteo, accompagnato dalla Fanfara Taurinense.

Il corteo ha sfilato con al seguito anche i famigliari degli “alpini andati avanti” e ha raggiunto il Monumento dei Caduti in Piazza 1° Maggio e il Monumento Alpini S. Euseo dove sono state deposte le corone.

La Santa Messa presso la Chiesa Parrocchiale San Giovanni Battista è stata molto partecipata.

Successivamente in Piazza Libertà si è svolta la cerimonia delle consegne delle targhe, il Carosello della Fanfara Taurinense e l’ammaina bandiera.

I festeggiamenti si sono conclusi con il pranzo presso il Ristorante Monterosa di Serravalle Sesia per condividere una giornata ricca di emozioni.

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Redazione di Vercelli

Posted in Società e Costume
Provincia di Vercelli, Regione Piemonte

Dt 30, 10-14

Dal libro del Deuteronomio.

Mosè parlò al popolo dicendo:
“Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge, e ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima.
Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica”.

Sal 18

RIT: I precetti del Signore fanno gioire il cuore.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

RIT: I precetti del Signore fanno gioire il cuore.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

RIT: I precetti del Signore fanno gioire il cuore.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

RIT: I precetti del Signore fanno gioire il cuore.

Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.

RIT: I precetti del Signore fanno gioire il cuore.

Col 1, 15-20

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi.

Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione,
perché in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte in lui sussistono.
Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
È piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli.

Lc 10, 25-37

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: “Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”. Costui rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”. Gli disse: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”.
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è mio prossimo?”. Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”. Quello rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ così”.

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE

Il testo della prima lettura dal libro del Deuteronomio, è l’ultimo dei testi attribuiti a Mosè.

Il popolo è in esilio, ma Mosè, ripercorre le tappe: osservazione di comandi e decreti, conversione, adesione con la mente e con il cuore.

Con il Deuteronomio si conclude la Torah del popolo ebraico.

Un messaggio di speranza, non distante, oltre il cielo o il mare, ma “vicino” tale da essere udito e “possibile”.

Obbedienza non come “atto di volontà”, ma come “conversione”.

Una legge “giusta” e “pensata”, non esterna all’uomo, ma “umanizzante”: legge di Dio ma “liberante” per l’uomo, esigenza “del cuore”.

Ma non ancora più importante, non è solo una “legge lontana” dall’uomo, è parola, non solo comandamento: questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica”.

Siamo nell’evoluzione della logica del “comandamento”: non più le “singole parole” (parole del Decalogo), ma la parola che viene da Dio per coloro che Lui ama.

Una parola d’Amore.

Una parola che traduciamo in “fare la volontà di Dio”.

Uno “stravolgimento” della logica vetero – testamentaria.

Il cammino del popolo di Israele si è accompagnato alla promessa dell’alleanza, alla promessa di salvezza ed  all’osservanza della legge donata da Dio al popolo.

Ecco la nuova “logica”: Dio deve intervenire per il popolo in esilio non con la legge, seppur giusta, che deve essere osservata, ma con una “legge” che  entri “nel cuore” del popolo per aiutarlo a vivere nella fedeltà nella giustizia e nella fraternità.

La “legge” nel cuore che non si limita alle “cose da fare o evitare”, ma che mi libera, mi insegna il rispetto dell’uomo, della sua dignità.

Relazione d’amore e di fedeltà che è “impegno” dell’uomo e promessa di Dio.

Relazione e promessa che ci sostiene nel “passaggio” da quella “legge” scolpita nella pietra a quella “legge scolpita nel cuore”.

E quella “legge” come diventa “azione”? (Vangelo).

Gesù è in cammino verso Gerusalemme (capitolo precedente del Vangelo di Luca) lascia il villaggio dei Samaritani e trova un altro alloggio.

E si incammina, e guarda, allarga lo sguardo su quella strada romana che da Gerico conduce a Gerusalemme…30 Km in un paesaggio montuoso e desertico…

Ancora una domanda di un dottore, di un esperto, che suscita quella “visione di Gesù sul mondo e sulla vita” (parabola nei Vangeli a differenza dei testi in uso in Israele).

Ma soprattutto una domanda: la domanda dell’uomo, sull’uomo.

Non è racconto di “cronaca”, una catechesi, un insegnamento.

“Ed ecco”: Il discorso del Vangelo viene interrotto…  Gesù nei versetti precedenti stava spiegando, non ha terminato, ma viene interrotto da un dottore della Legge.

L’uomo è subito presentato con il suo “titolo” di studio: uno importante, un giurista (nomikós).

Questo esperto della Toràh e della sua tradizione in Israele vuole mettere alla prova Gesù, vuole verificare la sua conoscenza scritturistica e la sua fedeltà o meno alla tradizione.

Per metterlo alla prova”: l’ orginale del Vangelo greco dovrebbe essere tradotto con “per tentarlo” (usato da san Luca solo 2 volte, in questo brano e una nelle tentazioni nel deserto con la stessa parola il sostantivo greco peirasmos , appunto prova).

Il discorso diretto inizia riconoscendo a Gesù il titolo di “maestro” (didáskale) e l’attenzione è rivolta a ciò che è “contenuto nella legge”.

Che fare per ereditare la vita eterna?.

Ereditare la vita eterna: eredità è parola che viene utilizzata da San Luca con kleronomeo, cioè un bene che “non si merita” ma “si  riceve”.

Gesù gli risponde con una contro-domanda: “Che cosa sta scritto nella Legge? Ancora meglio: “Come leggi?”, cercando in questo modo di portarlo a esprimersi in prima persona.

Gesù è abile maestro, lo fa avvicinandosi all’esperienza di quell’uomo e quindi gli chiede che cosa dice la legge visto che lui la conosce bene, sottolineando che forse la “legge” da sola non basta.

Ovviamente la risposta che “il dottore della legge” formula, è giusta, perfetta: il dottore della legge conosce la legge.

E il discorso si fa incalzante, passa alla “questione del prossimo e della prossimità” e lo sappiamo molto bene qual era la definizione di “prossimo” in Israele.

La questione, in realtà si presenta come ancora più “sottile” perché il “dottore della legge” chiede a Gesù: “chi merita di essere amato”.

Ed a questo punto, Gesù “entra nel vivo”, e lo fa con quella “parabola”, con quello “sguardo” che le è proprio, con quella “visione sulla vita” che saprà “aprire gli occhi” a chiunque vorrà “affinare lo sguardo”, a tutti coloro che “vorranno allargare lo sguardo per provare a guardare come guarda Gesù”.

La parabola la conosciamo tutti e le parole per spiegarla sono tante e tante ne sono state impiegate per fornire una comprensione legata alla esegesi, alle implicazioni, alle logiche…

Una parabola di un uomo per l’uomo.

Un “tale” che incontra un tale che si è “imbattuto” in altri tali…

L’umanità nelle sue molteplici sfaccettature.

Mi piace chiamarla la “parabola dei nuovi comandamenti”, perché si conclude con quei verbi che ci raccontano Dio e l’uomo.

Ci raccontano i “nuovi comandamenti di Gesù”, maestro di misericordia.

Quell’uomo che passa da quella strada “osserva, guarda e cammina” e mentre “vede”, ama.

E mentre ama, fa tutto quello che può…

Usa l’ “amore intelligente”, si ferma, si china, pulisce e cura le ferite, lo carica (meglio, lo solleva) sulla cavalcatura, lo porta, lo conduce, lo affida, si raccomanda, ritorna.

E quell’amore-compassione diventa misericordia, diventa l’amore “viscerale”, diventa amore dono totale… diventa “Và e anche tu fa’ così”, diventa fa’ misericordia, volgiti intorno, osserva, cammina, guarda bene, con discernimento, avvicinati, fatti prossimo, senti una “compassione viscerale”, fatti “scuotere” dall’umano, diventa “umano” e fa’ misericordia, prenderti cura del bisognoso, anzi, “prenditi cura dell’uomo”…

Non esiste il prossimo “ideale”, tutti siamo “prossimi” e tutti possiamo farci ed essere “prossimi”.

Prossimo è colui che io decido di rendere vicino, colui che mi rende “misericordioso”, misericors è da misereor e cor -cordis (cuore), colui che faccio avvicinare al mio cuore.

Il Samaritano non è prossimo, si “fa prossimo”.

Diventa una “persona che ama”.

Possiamo tutti “essere prossimi” diventando “persone che amano”.

E quei verbi-comandamenti diventano la “grammatica” della compassione di Gesù, e quei verbi “agiti” dicono chi siamo…

Essere cristiano è andare “oltre la necessita’”, è andare “oltre”: “te lo rifondero’… al mio ritorno…” un compito per noi… e Lui rifonderà.

Gesù ci affida il compito di mettere di più, di mettere di noi, di metterci in azione, con gli altri.

Abbiamo sempre bisogno di Dio che si fa nostro prossimo, per poter diventare a nostra volta prossimi

Dio stesso, che per noi è lo straniero, il lontano, si è incamminato per venire a prendersi cura della sua creatura ferita.

Dio, il lontano, in Gesù Cristo si è fatto prossimo” (Benedetto XVI, Gesù di Nazareth pag.238).

Solo “facendoci prossimi” sapremo vivere in modo “giusto” in un “mondo giusto”, impareremo ad amare “in modo giusto”.

La risposta allora sarà: Amiamoci come Dio ci ha amato e vivremo nella bellezza, nella giustizia, nell’ Amore.

Riecheggia quell’amore-beatitudine che Luca ci ha presentato al capitolo 6.

Riecheggia quel “chinarsi” sull’altro, sulle sofferenze e sulle fragilità, sulle gioie per condividerle, sui silenzi per accoglierli, sulle parole per ascoltarle…sulla “persona”, chiunque essa sia, con qualsiasi caratteristica si presenti.

Riecheggia quel “commuoversi” che non si “ferma alla commozione”, allo scuotimento delle viscere”, ma che mi sollecita, muove alla compassione, muove all’ azione, muove l’ “io” verso il “tu”, il “me stesso” verso l’ “altro”, facendomi diventare “capace” di amare.

E l’amore, “trasforma”, mi rende “umano”, mi fa agire da cristiano.

Perché il cristiano è la persona dell’amore, è la persona dell’azione per amore, il cristiano non si ferma solo a guardare la sofferenza dell’altro, la “fa sua”, la “solleva”, la “porta”, la “affida”, si “prende cura” e non “abbandona”.

E fa camminare… “venite, benedetti…”.

Azione e cammino, perché chi “agisce”, non “subisce”, si “muove”, cammina…

Cammina, guidato su quei “pascoli erbosi”, “guidato”, perché a lui “nulla mancherà”, basterà l’Amore di Dio, basterà donare con gioia, non per “dovere”, ma per amore.

E allora anche noi “andiamo e facciamo lo stesso”.

E possiamo lodare (Salmo 18/19) Dio creatore per amore, che ci ha lasciato il “messaggio”: Dio ha creato le meraviglie dell’amore, nella natura e nell’uomo, la Parola rivelazione di Dio.

La “legge”, La Parola che “illumina” come il sole e la luce, la vita dell’uomo.

La Parola, il Logos che è Amore che ci ha insegnato ad amare.

La Parola “legge del Signore che illumina gli occhi”, quella “meraviglia” fatta carne (seconda lettura), quel Logos incarnato che diventa “mediatore” della creazione che ha riconciliato, con il suo sangue, tutta l’umanità con Dio.

Cristo è immagine del “Dio invisibile”, primogenito di tutta la creazione, del Dio-Amore che ci insegna l’Amore chinandosi sull’uomo.

Il Dio-Amore che dona e il Figlio-Amore donato che si dona e dona l’Amore.

E l’uomo “impara” ad amare, fatto ad “immagine e somiglianza” dell’Amore, agisce con amore, prova ad amare, cammina nell’amore…

Impara da quell’ “olio e vino versato”, da quelle “ferite fasciate”, da quel corpo “sollevato sopra la cavalcatura”, da quella “cura”, da quei “denari versati”, da quel “denaro rimborsato”…

Impara l’Amore.

Impara a “scendere dalla sua cavalcatura” per avvicinarsi in modo autentico a chi è sul ciglio della strada, impara a essere prossimo, a farsi prossimo, a diventare prossimo, perché amato e amante.

Impara ad essere “icona di Dio”, immagine dell’Amore.

Impara ad essere discepolo.

Impara ad essere colui che per “compassione”, “muove la propria vita” nell’amore.

Impara a non “rinchiudere” il prossimo in una definizione, perché “prossimo” siamo noi; siamo noi quando ci avviciniamo e siamo avvicinati, quando ci chiniamo e siamo oggetto di cura, quando impariamo a guardare ed agire, con gli occhi, il cuore e le mani di Cristo.

 

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