Mese: Agosto 2025
(fabio santomauro) – Anche quest’anno la sottosezione dell’Oftal di Chivasso, guidata dal dott. Gianluigi Scala e da Mariuccia Dellarole, collegata alla sezione di Vercelli, ha vissuto, nei giorni dall’11 al 17 agosto, il tradizionale pellegrinaggio a Lourdes, presieduto dall’Arcivescovo di Vercelli, Mons. Marco Arnolfo, nei giorni dell’Assunzione di Maria al cielo.
Con l’Arcivescovo il Vicario Generale Mons. Stefano Bedello e molta parte del Clero diocesano.
Sono stati giorni molto importanti, dove ognuno di noi ha vissuto giorni di preghiera e meditazione attraverso tutte le proposte delle relative giornate.
Le più importanti sono state, ad esempio: la Santa Messa alla Grotta al mattino e la Processione Eucaristica al pomeriggio del 14 agosto; la Santa Messa Internazionale al mattino e la Processione serale della luce (aux flambeaux) il 15 agosto; il Gesto dell’acqua alle piscine il 16 agosto.
Inoltre, c’è stato anche un grande momento di festa per la famiglia dell’Oftal, con l’incontro di preghiera e accoglienza per il personale del I e II anno di pellegrinaggio: consegna della mozzarella (distintivo senza medaglia) alle prime esperienze e conferma delle seconde con la consegna della medaglia Oftal.
A Lourdes si va per rispondere alla chiamata di Maria e cercare di essere discepoli dell’Immacolata, proprio come ci ha detto il presidente generale, Mons. Paolo Angelino, durante i ringraziamenti nella Messa finale di fine pellegrinaggio.
Quest’anno era presente anche il diacono permanente Moreno Lipari, che ha condiviso con noi la gioia di questi giorni.
Ritorniamo a casa con molta nostalgia, ma con tanta gioia e felicità nel cuore ed anche con una “news” molto bella!
Il pellegrinaggio Oftal interdiocesano, che dal 13 al 18 ottobre prossimi concluderà la stagione dei pellegrinaggi, sarà presieduto dal Vescovo di Ivrea, Mons. Daniele Salera.
Grazie Maria, grazie Lourdes, grazie Mons. Arnolfo e grazie Oftal!
Nostra Signora di Lourdes, prega per noi.
Regina della pace, prega per noi.
Santa Bernadette, prega per noi.
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I filmati e le fotografie sono stati interamente realizzati da pellegrini Oftal, che ringraziamo per questo servizio.
***
Albinoleffe 0
Pro Vercelli 3
Marcatori: 19’ pt A. Sow, 9’ st Rutigliano, 45’ st Comi.
Albinoleffe (3-5-2): Baldi, Boloca (10’ Brighenti), Potop, Sottini; Barba, Lombardi (40’ st Agostinelli), Mandelli (27’ st Astrologo), Parlati, Ambrosini; Sali (1’ st Angeloni), Svidercoschi (27’ st Toma).
A disp.: Di Chiara, Bonfanti, Giannini, Garattoni, Paganessi, Lupinetti, Borghi, Lekaj.
All.: Lopez.
Pro Vercelli (4-3-3): Passador; Piran, Clemente, Coccolo, Furno; Rutigliano (23’ st O. Sow), Burruano, Iotti; Akpa Akpro (41’ st Ronchi), Comi, A. Sow (19’ st Mallahi).
A disp.: Lancellotti, Ghisleri, Thiam, Coppola, Tarantola, Emmanuello, Carosso, Pino.
All.: Santoni.
Ammonito: Barba.
Recupero: 2’ pt – 4’ st
La linea verde premia la Pro Vercelli.
Sin dalla presentazione, la nuova Società aveva detto che avrebbe puntato su giovani dalle belle speranza.
Questa filosofia ha portato i suoi frutti.
Il passaggio del primo turno di Coppa Italia contro l’Albinoleffe infatti vede come migliori in campo 2 classe 2005 e un classe 2006.
Il volto noto è quello di Carlo Mattia Rutigliano che sta prendendo in mano le chiavi del centrocampo vercellese e ha siglato il gol del raddoppio.
Cosa dire degli esterni alti, Akpa Akpro a destra e A. Sow a sinistra, due frecce dalla velocità devastante.
Le loro accelerazioni sono una spina nel fianco dei lombardi.
Sow inoltre ha anche il merito di aver segnato la rete che ha messo in discesa il match e di aver servito l’assist per il raddoppio.
Poi come non citare l’esperto Comi che mette la sua firma.
La cronaca:
La velocità di Akpa Akpro si scatena già al 2’. Il classe 2005 scatta sulla destra e mette in mezzo un pallone che non trova però nessun compagno.
La Pro, al 19’, passa in vantaggio con un’azione fantastica. Akpa Akpro di prima appoggia a Rutigliano che si libera con un numero dell’avversario. Il numero 10 ci prova a giro trovando la parata di Baldi che nulla può sul colpo vincente di A. Sow.
Ottima partenza dei leoni.
Mister Santoni disegna i suoi con un 4-3-3 che si trasforma in un 4-2-3-1, grazie all’innalzarsi di Rutigliano sottopunta.
E’ il 27’ quando un nuovo spunto di A. Sow si esaurisce con la parata di Baldi, abile a salvarsi con l’aiuto del palo.
Si ritorna in campo dall’intervallo e A. Sow cerca gloria da centrocampo senza fortuna.
Il raddoppio, arriva al 9’.
Imbucata per A. Sow che accentra per l’accorrente Rutigliano, freddo a calciare a rete, battendo Baldi.
Passano una decina di minuti e la conclusione di Akpa Akpro viene smorzata.
Nel finale, Akpa Akpro lanciato a rete non inquadra lo specchio della porta.
Dopo O. Sow colpisce l’esterno della rete.
Si va avanti con la Pro Vercelli abile a manovrare e capace di non soffrire.
Completamente inoperoso il numero 1 vercellese, Passador che non è mai stato chiamato in causa tranne al 90’ quando compie un miracolo su Toma.
Ribaltamento di fronte, Iotti colpisce la traversa e Comi in tuffo cala il tris.
Buona la prima per i leoni.
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Redazione di Vercelli
Ger 38,4-6.8-10
Dal libro del profeta Geremìa
In quei giorni, i capi dissero al re: “Si metta a morte Geremìa, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché quest’uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male”. Il re Sedecìa rispose: “Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi”.
Essi allora presero Geremìa e lo gettarono nella cisterna di Malchìa, un figlio del re, la quale si trovava nell’atrio della prigione. Calarono Geremìa con corde. Nella cisterna non c’era acqua ma fango, e così Geremìa affondò nel fango.
Ebed-Mèlec uscì dalla reggia e disse al re: “O re, mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremìa, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame là dentro, perché non c’è più pane nella città”. Allora il re diede quest’ordine a Ebed-Mèlec, l’Etiope: “Prendi con te tre uomini di qui e tira su il profeta Geremìa dalla cisterna prima che muoia”.
Sal.39
RIT: Signore, vieni presto in mio aiuto.
Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
RIT: Signore, vieni presto in mio aiuto.
Mi ha tratto da un pozzo di acque tumultuose,
dal fango della palude;
ha stabilito i miei piedi sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi.
RIT: Signore, vieni presto in mio aiuto.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
una lode al nostro Dio.
Molti vedranno e avranno timore
e confideranno nel Signore.
RIT: Signore, vieni presto in mio aiuto.
Ma io sono povero e bisognoso:
di me ha cura il Signore.
Tu sei mio aiuto e mio liberatore:
mio Dio, non tardare.
RIT: Signore, vieni presto in mio aiuto.
Eb 12, 1-4
Dalla Lettera di San Paolo Apostolo agli Ebrei
Fratelli, anche noi, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento.
Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio.
Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato.
Lc 12, 49-53
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
“Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera”.
***
UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO “MATER CARMELI” DI BIELLA
Edificati nel fuoco dello Spirito
(Sap 38,4-6.8-10; Sal 39; Eb 12,1-4; Lc 12,49-53)
Nella prima lettura, la vicenda del profeta Geremia, ci ricorda che seguire la verità di Dio può portare a conflitti e opposizioni, e quindi la fede per non soccombere deve accendersi, rivestirsi del sacro fuoco dello Spirito, ardere come fiaccola per tenere alta la parola di vita, anche quando è scomodo, anche quando sembra che tutto e tutti ci diventino contrari.
L’autore della lettera agli Ebrei ci aiuta in questo cammino, esortandoci a correre con perseveranza la corsa della fede; il credente, infatti non si adagia, non si abitua, ma corre sospinto dallo Spirito tenendo fisso lo sguardo su Gesù.
Guardare Gesù, senza perderlo di vista, senza lasciarsi distrarre a lungo lasciando che altri o altro prendano il suo posto.
Egli è la bussola che orienta la nostra corsa, è la via per superare le difficoltà con fiducia, pienamente abbandonati alla parola del Signore.
E la sua parola oggi annuncia nel Vangelo che la venuta di Gesù porterà fuoco e non pace, divisione anche tra gli affetti più cari e i legami più forti.
Egli viene a portare fuoco per fondere e purificare e divisione, non nel senso di conflitto fine se stesso, ma nel senso di separare ciò che è vero da ciò che è falso, ciò che è puro da ciò che è impuro, nel nostro cuore e nelle nostre relazioni.
La pace non è il quieto vivere ottenuto aggirando o insabbiando i conflitti, ma è la pace interiore che è frutto dello Spirito, della sua azione prolungata e paziente, che quando trova accoglienza purifica e trasforma le nostre relazioni donandoci la forza di perseverare nel cammino della fede.
Il credente, pur restando nel mondo, sperimenta la separazione dal mondo, la divisione dalla sua logica; è come se due mondi fossero vicini e al tempo stesso lontani e contrari.
Quando la fede è non solo pensata ma vissuta, produce una separazione dove emerge chi appartiene a Cristo e lo segue e chi non lo conosce e non lo segue.
Gesù è venuto a distruggere in se stesso questa inimicizia, per fare dei due un solo popolo nuovo, una sola famiglia non più fondata sui legami del sangue ma edificata nel fuoco dello Spirito.
“Sono venuto a gettare fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso! Gli Apostoli, insieme ai fedeli delle diverse comunità, hanno portato questa fiamma divina fino agli estremi confini della terra: aprendo così una strada per l’umanità, una strada luminosa e hanno collaborato con Dio che con il suo fuoco vuole rinnovare la faccia della terra. Com’è diverso questo fuoco da quello delle guerre e delle bombe! Com’è diverso l’incendio di Cristo propagato dalla Chiesa, rispetto a quelli accesi dai dominatori di ogni epoca, che lasciano dietro di sé terra bruciata. Il fuoco di Dio, il fuoco dello Spirito è quello del roveto che divampa senza bruciare (cfr Es 3,2). È una fiamma che arde e non distrugge; che anzi, divampando fa emergere la parte migliore e più bella dell’uomo, come in una fusione fa emergere la sua forma interiore, la sua vocazione alla verità e all’amore (Papa Benedetto XVI).
Le Sorelle Carmelitane
Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza
Cari Lettori,
in occasione del Ferragosto ci prendiamo tre giorni di riposo.
Resteremo sempre a disposizione per urgenze e fatti di cronaca particolarmente rilevanti, ma non pubblicheremo aggiornamenti nei giorni 15, 16, 17 agosto, riprendendo l’aggiornamento di VercelliOggi.it da lunedì mattina 18 agosto.
Le nostre caselle mail
e
saranno regolarmente esaminate.
Vi ringraziamo per l’assiduità e l’amicizia con cui ci seguite, ormai da più di 16 anni, e vi auguriamo di trascorrere giorni sereni in compagnia delle persone che amate.
Arrivederci a presto
Ap 11,19;12,1-6.10
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza.
Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra.
Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito.
Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio.
Allora udii una voce potente nel cielo che diceva:
«Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo».
Sal 44
RIT: Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.
Figlie di re fra le tue predilette;
alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir.
RIT: Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.
Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre.
RIT: Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.
Il re è invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo signore: rendigli omaggio.
RIT: Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.
Dietro a lei le vergini, sue compagne,
condotte in gioia ed esultanza,
sono presentate nel palazzo del re.
RIT: Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.
1Cor 15, 20-26
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.
Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza.
È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.
Lc 1, 39-56
Dal Vangelo secondo Luca
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
***
UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE
“Cristo è risorto dai morti” (seconda lettura).
Incarnato e Risorto.
Attraverso il grembo di una donna.
Maria madre del Salvatore e Redentore.
Madre dell’Unigenito Figlio del Padre, del Risorto.
Risurrezione fondamento della fede cristiana, quella fede sperimentata da Maria, sua madre e madre di tutti i credenti, esempio di “fedele” e “cristiana”.
“Per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti”.
E per mezzo di una donna, venne quell’Uomo.
Venne da Dio, Verbo Incarnato.
Primogenito, primizia (in greco aparché).
Colui che per “primo” ha aperto la strada della morte con la sua Risurrezione.
E Maria ha accolto la “primizia” di Dio, si è fatta “grembo” ed accoglienza del “vincitore del peccato e della morte”, per donarlo.
Accoglienza e dono.
Per il mondo, nella storia, per ogni uomo.
“In quei giorni…” (Vangelo).
I giorni dell’annuncio, dello stupore, della risposta, della fede.
Nei giorni di Dio nel mondo.
Nel tempo e nella storia… i giorni del Dio Incarnato, del Dio che “visita” il mondo, che si fa “Figlio” di colei che è “sua figlia”…
Giorni di viaggio e di umiltà, giorni di abbandono e di servizio, giorni di speranza e di fiducia…
Giorni di passi e di pensieri…
Giorni di salite su quelle montagne di Giuda dalla lontana zona piana di Nazareth.
Giorni di “ingressi in casa” del sacerdote Zaccaria per “visitare”, “aiutare”, “informare” la cugina Elisabetta.
Giorni di abbracci e di parole…
Giorni e mesi di “assistenza”, di parto, di sussulti e pensieri.
Giorni di Spirito Santo.
Giorni di Cristo.
E Cristo, porta la pace, la gioia.
Il primo capitolo del Vangelo di Luca è pieno di “pace”, quella pace che fa gioire, quella pace che non ha bisogno di parole, perché è la pace dello Spirito che fa “sussultare”.
Letteralmente dovremmo tradurre quel “sussultare” con “saltellare”, bellissima immagine, ci pare di “vedere” quel “feto saltellante”, che quasi vuole “venire alla luce” subito, perché ha “visto la Luce”.
La “Luce” che “veniva nel mondo” riconosciuta da un bambino che ancora deve “venire alla luce”.
Luce che rischiara nelle tenebre e che viene “accolta”.
Lo Spirito Santo che fa riconoscere subito il Messia.
“Appena…” Elisabetta è “immediata”, lo ha “sentito” subito, attraverso quel “sussulto” di Giovanni nel grembo… il “Mediatore” lo ha annunciato: Cristo ha visitato il suo popolo, Cristo è qui nella mia casa, il Signore è con noi perché è con Maria.
Giovanni nel grembo sussulta ed Elisabetta loda.
Giovanni sussulta ed Elisabetta riconosce Dio.
Giovanni sussulta ed Elisabetta “alza gli occhi” e “vede Dio” in Maria.
Giovanni sussulta ed Elisabetta viene “colmata di Spirito Santo” per poter esclamare “Benedetta”.
Giovanni sussulta e, dopo il saluto “illuminato” dall’Amore di Dio di Elisabetta, Maria “parla”.
E con lei “parliamo” anche noi, contempliamo e meditiamo la grandezza di Dio, la sua opera, la sua misericordia verso le creature, i suoi disegni, le sue grandi opere, la sua onnipotenza, il suo braccio potente, la sua santità…
Affamati, umili, servi, poveri, timorati di Dio…
Tutti con Maria a “magnificare” Dio.
Grazie Maria perché ti sei “alzata in fretta” e hai “magnificato” Dio e noi lo vogliamo fare con te.
Grazie Maria perché ci insegni ad essere “alzati”, a rinunciare alla placida e tranquillizzante “normalità”, per essere “cristiani in piedi” ed “in cammino”, che “escono”, che si arrampicano sui monti della Giudea, non per essere “camminatori” delle cime, ma per essere missionari ed annunciatori di speranza.
Grazie Giovanni, perché hai “saltellato” di gioia e noi dobbiamo imparare ad essere “cristiani saltellanti”.
Grazie Elisabetta, perché, sotto l’azione dello Spirito Santo, ci hai insegnato ad “ascoltare” la voce di Dio, ad “usare” la nostra voce per la preghiera, hai impresso in noi le tue “parole ispirate”, affinchè anche noi imparassimo a “benedire”, a chiamare madre colei che è madre del Signore. Il “nostro Signore”, quello che è con noi, che ci viene a visitare, che non lascia soli che promette e mantiene il ritorno.
Grazie Elisabetta perché ci hai insegnato ad “ascoltare”, ad “udire” la voce di Dio nelle nostre orecchie, a prestare attenzione alle Parole di Dio che ci spinge a riconoscere ed annunciare con gioia la sua misericordia, la sua gioia, la sua pace.
In quella casa di Zaccaria, in quel villaggio in Giudea “piena della presenza dello Spirito Santo”, ci siamo anche noi come Chiesa, una casa che si fa “culla”, che “accoglie” che “prega”, che “celebra”, che “canta le lodi” di quel Dio Presente, che è in grado, con la sua presenza di trasformare la vita di chiunque lo incontra.
In quella casa si fa “esperienza di Dio” e vogliamo esserci anche noi, Chiesa in cammino, a svolte smarrita, sfiduciata, presa troppo spesso dalle “cose terrene” da dimenticare l’umiltà per l’ascolto della Presenza divina.
In quella casa ci siamo anche noi che vogliamo “servire” camminando, mettendoci in viaggio con Cristo, come Maria, Chiesa che incontra, che serve, che “procede”, che è attenta alla voce dello Spirito.
In quella casa vogliamo “cantare” con Maria la nostra fede.
Vogliamo “cantare” il Magnificat quotidiano nell’Eucaristia, come Chiesa.
Maria nel suo “cantico”, ci fa percorrere gli avvenimenti dell’Antico Testamento (l’esodo, il passaggio del Mar Rosso, il cantico di Anna, i Salmi 37 e 86, 149 quelli dei “poveri” (anawim).
Maria ci fa “camminare” nella consapevolezza delle “grandi cose” di Dio.
Dio è Dio.
Sembra una “ovvietà” eppure a volte dimentichiamo la bellezza del riconoscimento di Dio grande nell’Amore, di Colui che ha “ha amato così tanto il mondo”, di Colui che ha dato prova di “così tanto Amore”, da Incarnarsi, da farsi uomo, “piccolo”, di farsi dono, perché da Lui ricevessimo Dono.
Dio è Dio e noi siamo “salvati”.
Il Dio Salvatore salva e noi lo guardiamo con lo sguardo della fede, con lo sguardo di Maria.
Lasciamo che “Dio sia Dio” e cantiamo a Lui in cui crediamo.
Maria ce lo ricorda: siamo “nulla”, ma siamo Amati.
Siamo “nulla” ma siamo oggetti d’Amore, quell’Amore che è Dono totale e assoluto.
Siamo “nulla”, ma “immagine e somiglianza” della Verità, perché nel riconoscere la nostra “nullità” con umiltà, possiamo riconoscere la nostra grandezza, nella Sua Grandezza.
Maria ci “parla di Dio”: Signore, Salvatore, Santo, Onnipotente, Misericordia.
Ecco il “nome di Dio”, lo ha rivelato Maria: “Dio è misericordia”.
Misericordia di generazione in generazione…
Misericordia che disperde, che rovescia, che rimanda… ma che innalza, ricolma, riempie, soccorre…
Maria ci parla di Dio.
Maria ci porta Dio.
Maria ci porta a Dio.
Maria ci “parla” con la lingua di Dio, con le parole di madre che hanno accompagnato, cresciuto, educato il Figlio di Dio.
E Maria “rimane con lei circa tre mesi” (cfr. Lc 1,56).
Non si limita a “camminare”, a “visitare”, Maria “rimane”.
Si ferma: l’annuncio e la cura.
Il messaggio e la dimora.
Camminatrice e premurosa.
In anno giubilare abbiamo sperimentato i cammini… tanti… ogni occasione è stata ricca e propizia per “camminare”, ma davvero abbiamo “sostato” nei luoghi?
Siamo riusciti come Maria ad essere missionari con il dono della cura, del servizio, della disponibilità, della dimora attenta e attendente… Importante camminare, importante annunciare, ma importante è anche “avere tempo” e “dare spazio”.
Prossimità dei cammini e dell’ “esserci”, dello “stare”, perché il nostro cammino ed il nostro annuncio non sia solo uno “spot”, ma sia “dimora” e “prossimità”, condivisione e comunione.
Non è una “nota inutile” quella dell’evangelista, ci aveva detto che la cugina è “anziana” e ora sottolinea la premura di Maria.
Non fa una visita “mordi e fuggi”, non si prende la benedizione e “grazie devo pensare a me”, non fa scatenare di gioia Giovanni e si compiace del suo ruolo, non si prende la gloria e “scusate ma sono incinta anche io”…
Maria si ferma e serve.
Un versetto che ci racconta ancora, dopo quel canto di lode a Dio, l’azione di Dio in lei.
Maria che aveva detto “ecco la serva del Signore” (cfr. Lc 1,38) ora dice “ecco la serva degli uomini attraverso mia cugina Elisabetta”.
Maria dice “sono strumento” nelle mani di Dio, sono strumento del suo amore, sono serva per amore.
Maria servendo il Signore, serve, incontra, si fa prossima… realizza in prima persona quello che dirà ai servi a Cana: “qualunque cosa vi dica, fatela”.
Maria mette in opera l’opera di Dio.
Sperimenta ciò di cui si farà annunciatrice, diventa modello di servizio, non perché così “si sente bene”, non perché “se aiuto mi aiutano”, non perché “sono buona e condividiamo la carità”, non perché “se aiuto mi sento utile e buona”, Maria è lì, con Elisabetta, per “stare” con lei come si sta con Dio, per servire la cugina come serve Dio, per amare come ama Dio.
Maria con la cugina anziana crea chiesa: vive, prega, spezza il pane, crea comunione e con loro c’è Dio.






































































