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Favoriti quest’anno da un bel sole tiepido, come quello che fa amare ancora di più le nostre plaghe al tramonto dell’estate ed alla vigilia dell’autunno, i partecipanti al pellegrinaggio che unisce la sponda ovest a quella est della Sesia, hanno guadato il fiume, dopo la partenza da Albano Vercellese ed alla Volta di San Nazzaro Sesia.
In questo 2025 ricorre il 22.mo anniversario dalla ripresa di una tradizione molto antica e, tuttavia, caduta in desuetudine dagli Anni Cinquanta in poi: la Processione del Guado.
Per meglio “ripassare” la storia della processione, leggi cliccando qui un precedente articolo.
Fino al 2003, quando un pool di volenterosi guidati dalla infaticabile Prof. Alessandra Ticozzi, offrì alla nostra comunità provinciale la possibilità di recuperare una parte importante della propria identità.
E non solo perché – idealmente, quanto concretamente – si ricerchi e riviva l’unione tra sponda est ed ovest del fiume amico, tra la gente che vive e lavora lungo il suo corso.
Non soltanto perché il punto d’arrivo – San Nazzaro Sesia – racconti ancora oggi, nel piccolo Santuario, sempre tenuto con cura e passione per quello che è, un vero e proprio gioello artistico ed architettonico incastonato nella ubertosa plaga risicola.
Nemmeno – soltanto – perché la processione prenda le mosse dalla chiesa parrocchiale di Albano Vercellese, intitolata all’Assunzione al Cielo della Beata Vergine Maria.
Certo, per tutte queste cose insieme.
Ma, soprattutto, perché questa ritrovata tradizione si radica in un punto fondamentale e fondativo della Storia della Salvezza: un punto che sta tra la festa liturgica della Natività di Maria (8 settembre) e quella che ne celebra il Santo Nome (12 settembre).
Viene nel Mondo la Madre del Creatore che nel proprio nome (Amata da Dio) reca la cifra di un inizio, già proiettato verso la prospettiva escatologica.
Cura con grande sapienza pastorale la parte liturgica di questo appuntamento Don Salvatore Giangreco, apprezzato Parroco di quelle piccole, ma vive comunità, lungo la sponda Ovest della Sesia che ha accolto i pellegrini presso la Parrocchiale di Albano Vercellese.
Ha celebrato la S.Messa presso il Santuario della Madonna della Fontana il Vicario Generale della Diocesi di Vercelli, Mons. Stefano Bedello.

Presenti come sempre tanti Sindaci, Amministratori locali ed il Presidente della Provincia, a sottolineare come questo appuntamento sia segno di unità e concordia delle comunità locali. Di come il fiume sia, se gli intenti sono di cordialità, collaborazione e ricerca sincera del bene comune, un confine che non divide, ma unisce: anche in questo senso la simbologia offerta dal “guado” ne è un segno plastico.
Sap 9, 13-18
Dal libro della Sapienza.
Quale, uomo può conoscere il volere di Dio?
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
I ragionamenti dei mortali sono timidi
e incerte le nostre riflessioni,
perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima
e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.
A stento immaginiamo le cose della terra,
scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
ma chi ha investigato le cose del cielo?
Chi avrebbe conosciuto il tuo volere,
se tu non gli avessi dato la sapienza
e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?
Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito
e furono salvati per mezzo della sapienza”.
Sal. 89
RIT: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: “Ritornate, figli dell’uomo”.
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.
RIT: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.
RIT: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Insegnaci a contare i nostri giorni
E acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!
RIT: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.
RIT: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Fm 1, 9-10. 12-17
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Filemone.
Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore.
Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario.
Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore.
Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso.
Lc 14, 25-33
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
“Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”.
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UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO “MATER CARMELI” DI BIELLA
Non preferire nulla all’amore che Cristo ha per me
(Sap 9,13-18; Sal 89; Fm 1,9-10.12-17; Lc 14,25-33)
Gesù, invece di essere contento di avere un grande seguito, invita ad una verifica, a vagliare, con una riflessione attenta e realistica, le proprie intenzioni, la disponibilità, le possibilità.
David Maria Turoldo direbbe: un conto è credere, un conto è credere di credere.
Gesù ci aiuta a scendere in profondità indicandoci quali sono i punti da considerare, ciò che impedisce di essere suoi discepoli.
Chi vuole seguire davvero il Signore deve dare a Lui il primato e amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze, secondo il primo dei comandamenti (Mc 12,28-34).
La domanda è: siamo disposti a non anteporre nulla all’amore di Cristo?
Il Signore non ci chiede di non amare le persone a noi più vicine e care, ma di dare a Lui il primo posto nella nostra vita, e di amare tutti in Lui fino a fare della nostra vita un dono per tutti.
Questo amore non lega, ma libera e spezza i legami familiari anche più stretti per dilatare la capacità di amare oltre la cerchia dei parenti e trasformare anche l’amore naturale che ci lega a noi stessi e che ci fa vivere come se fossimo il centro del mondo.
Altra realtà che impedisce il discepolato è il rifiuto della croce, essere di fatto nemici della croce di Cristo finendo, come ci insegna san Paolo, per vantarsi di ciò di cui ci si dovrebbe vergognare tutti intenti e alle cose della terra (cf Fil 3,18-19).
A colui che vuole davvero seguire il Signore, viene chiesto come a un buon soldato di prendere la propria parte di sofferenza (2 Tim 2,3-4); chi invoca il nome del Signore deve allontanarsi dal male e questo richiede una lotta spirituale che comporta energia, sacrificio, un peso da portare in unione a Cristo che per noi si è addossato il peso del peccato del mondo.
Chi vuole davvero seguire il Signore, consideri che non sta cercando il riposo e l’appagamento, ma si prepara alla lotta più nobile e più importante che coinvolge chiunque desideri imparare ad amare come Cristo ha amato.
Per incominciare grandi imprese simboleggiate dalla costruzione della torre, bisogna armarsi di umiltà e di fede: prima di elevarsi in alto è necessario scavare in basso per porre solide fondamenta alla propria costruzione.
Il fondamento è Cristo da non perdere mai di vista, poiché senza questo fondamento non si saprà perseverare nell’impegno e nella fatica, non si potrà durare nella pazienza e nelle prove della vita.
A chi vuol seguire davvero il Signore sarà chiesto di essere uomo e donna di pace, di abbandonare la bramosia del guadagno, rinunciando a ogni desiderio di possesso che libera da liti e guerre.
Gesù ci insegna la strategia del discepolato perseverante e vero, la fede si concretizza nel cammino della vita, scegliendo di non anteporre nulla e nessuno all’amore di Cristo.
Poiché non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi, non anteporre nulla all’amore di Cristo significa non preferire nulla all’amore personale di Cristo per me, Cristo mi ha amato e ha dato se stesso per me questo è il tesoro che non ha pari né confronto!
Le Sorelle Carmelitane
Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza
Manca poco all’inizio della Festa Patronale di Casalvolone che si terrà dal 5 all’8 Settembre 2025, per cui ricorre quest’anno il trentennale del “Dì d’la Festa” dell’Associazione Al me’ Pajs, sagra che ormai è diventata un appuntamento culinario importante per il territorio.
L’ associazione ‘Al mè Pajs’ opera da anni all’interno del Comune di Casalvolone (Novara) ma a partire dal gennaio del 2023 ha ampliato il suo organico, giovane e volenteroso, affiancato sempre però dall’esperienza organizzativa di chi l’ha preceduto.
La loro mission è quella di creare momenti di aggregazione per i concittadini e non solo, ma soprattutto riunire i giovani, altrimenti sempre meno coinvolti in questo tipo di attività, cercando di riavvicinarli alle tradizioni.
A questo si aggiunge la volontà di voler contribuire per aiutare, seppur nel piccolo, chi ne ha più bisogno investendo parte del ricavato ottenuto in progetti locali.
“In un quadro così complesso dal punto di vista sociale – esordisce il presidente dell’Associazione Al me’ Pajs Carta Silvia – ci siamo prefissati degli obiettivi ben precisi: aggregazione ed avvicinamento dei giovani alle tradizioni unitamente al cercare di essere utili nel territorio facendo ciò che sappiamo fare ovvero cucinare!
La parte gastronomica è il nostro punto forte e come ogni anno proponiamo un menù sempre accattivante e diversificato per ogni serata, partendo dalla tradizione con l’immancabile paniscia ed il fritto misto piemontese passando dalle serate interamente a base di pesce o carne alla griglia di fassona piemontese, ampliando anche gli orizzonti per attirare target più giovane con arrosticini, pulled pork, e hamburger.
In aggiunta quest’ anno in particolare abbiamo un obbiettivo in più: sfruttando la visibilità della festa abbiamo organizzato una lotteria benefica a sostegno di Neo – N Neonati a Rischio Novara ODV che opera all’interno del Reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara, per contribuire all’acquisto di una nuova termoculla destinata al reparto, la quale a obiettivo raggiunto sarà dedicata alla prematura scomparsa di due fantastici membri del nostro Staff.
Per raggiungere l’obiettivo ed incentivare la partecipazione alla Lotteria ecco alcuni tra i premi in palio dell’estrazione: maglia della Juventus autografata da Kenan Yildiz, 2 magliette autografate della Igor Volley di Novara, Cofanetto per soggiorno in Europa, televisore da 43”, bicicletta e molto altro. L’estrazione avverrà l’ultima sera, Lunedì 8 Settembre 2025 nel corso della serata al cui termine sarà possibile assistere presso l’area sportiva Green Park allo spettacolo pirotecnico offerto dall’Associazione a conclusione di questa importante manifestazione.
Tutte buone ragioni per venirci a trovare, vi aspettiamo!”
Per prenotazioni chiamare il numero 351 7732 882). Inoltre nella giornata di DOMENICA 7 settembre si terrà l’Auto – Moto incontro, esposizione in Via Roma di circa 200 esemplari di auto e moto d’epoca e la premiazione durante la SS. Messa alle ore 10:45 di due Casalvolonesi che si sono distinti nelle loro attività:
– Premio “NOCE D’ARGENTO 2025” a Massimo POLUZZI titolare della Ditta Poluzzi track “per la continua capacità innovativa nella sua attività imprenditoriale con meriti e brevetti internazionali nel settore meccanico agricolo, nonché per aver contribuito ad aumentare l’attrattività del paese grazie alla creazione di un museo di mezzi storici di grande forma e prestigio.”
– Premio “PIEVE SAN PIETRO 2025” all’associazione “CASAL…VOLIAMO!” nella persona di Elisa CORRADINO “in segno di tangibile impegno per la collettività, nell’organizzazione di manifestazioni, nel ricreare sia il Gruppo Oratorio sia la Catechesi dei bambini”.


Sir 3,19-21.30-31
Dal libro del Siracide.
Figlio, compi le tue opere con mitezza,
e sarai amato più di un uomo generoso.
Quanto più sei grande, tanto più fatti umile,
e troverai grazia davanti al Signore.
Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi,
ma ai miti Dio rivela i suoi segreti.
Perché grande è la potenza del Signore,
e dagli umili egli è glorificato.
Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio,
perché in lui è radicata la pianta del male.
Il cuore sapiente medita le parabole,
un orecchio attento è quanto desidera il saggio.
Sal 67
RIT: Hai preparato, o Dio, una casa per il povero.
I giusti si rallegrano,
esultano davanti a Dio
e cantano di gioia.
Cantate a Dio, inneggiate al suo nome:
Signore è il suo nome.
RIT: Hai preparato, o Dio, una casa per il povero.
Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.
A chi è solo, Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri.
RIT: Hai preparato, o Dio, una casa per il povero.
Pioggia abbondante hai riversato, o Dio,
la tua esausta eredità tu hai consolidato
e in essa ha abitato il tuo popolo,
in quella che, nella tua bontà,
hai reso sicura per il povero, o Dio.
RIT: Hai preparato, o Dio, una casa per il povero.
Eb 12, 18-19.22-24
Dalla lettera agli Ebrei.
Fratelli, non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola.
Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova.
Lc 14, 1. 7-14
Dal Vangelo secondo Luca
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: “Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.
Disse poi a colui che l’aveva invitato: “Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”.
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UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO “MATER CARMELI” DI BIELLA
Umiltà e gratuità
(Sir 3,19-21.30-31; Sal 67; Eb 12,18-19.22-24a; Lc 14,1.7-14)
Nel corso del suo ministero pubblico Gesù accolse con una certa frequenza gli inviti di diverse persone a pranzare a casa loro, anche di chi era considerato, nella società dell’epoca una persona da evitare. L’atteggiamento di accoglienza di Gesù è stato tale, tanto che venne accusato di essere «un mangione e un beone, amico di pubblicani e di peccatori!» (Lc 7, 34).
In questa occasione, in giorno di sabato, Gesù è invitato a pranzo a casa di uno dei più importanti farisei, egli accetta l’invito, pur sapendo che non avrebbe certo trovato il clima di Betania, dove si fermava per rinfrancarsi e godere la compagnia dei suoi amici Lazzaro, Marta e Maria.
Gesù entrato nella casa del fariseo, si trova a mensa davanti a un uomo idropico, per questo i presenti, comprensibilmente in maggioranza farisei, lo osservano, per vedere se avrebbe guarito o no quell’uomo in giorno di sabato.
Alle parole e azioni di Gesù, volte a far comprendere che un uomo che soffre è più importante della Legge, segue il silenzio dei commensali (cf Lc 14,2-6) che probabilmente distolgono lo sguardo, e Gesù, da osservato diventa osservatore.
Lo sguardo di Gesù però non è come quello di chi spia per cogliere in fallo, non è uno sguardo giudicante di chi ha bisogno di vincere sull’altro per difendere le proprie convinzioni e posizioni.
Gesù, che ha il profondo desiderio di salvare tutti, cerca di aiutare con la parola e le guarigioni le persone presenti, rivolgendosi prima agli invitati e poi al padrone di casa.
Mosso dall’amore, dal volere il bene degli altri, il Signore rivolto agli invitati, aiuta a far riflettere come non sia conveniente scegliere i primi posti: è una scelta azzardata che può condurre a un’esperienza di umiliazione e di vergogna poiché chi si esalta sarà umiliato.
La scelta e l’amore ai primi posti era tipica dei farisei che fondamentalmente cercavano la propria gloria e non quella di Dio.
Gesù insegna a scegliere l’ultimo posto, quello vicino a Lui, che sulla croce condannato come un malfattore, ha preso l’ultimo posto.
L’umiltà appartiene alla creatura che riconosce la verità del proprio essere davanti a Dio e Dio vede, guarda, questa umiltà.
Egli proclama beati i poveri, gli umili che come Maria, ricevono tutto da Dio e a Dio tutto ridonano, seguendo Gesù mite e umile di cuore. Rivolgendosi poi al padrone di casa, Gesù invita alla gratuità, certamente non è suo intento sconsigliare pranzi e cene con gli amici ma introdurre una nuova regola di vita per la quale gli esclusi diventano privilegiati: poveri, storpi, zoppi e ciechi, (gli ultimi tre esclusi dal culto del Tempio e quindi dalla comunità di Dio). Non a caso proprio con loro Gesù si trovava in comunione di mensa; si tratta dunque di imitare lui, che solidarizzava con gli emarginati. La chiave di volta è cambiare il motivo dell’invito che non deve essere l’attesa del contraccambio, secondo la mentalità del “do ut des”, fondata sul calcolo e la ricerca del benessere, ma l’amore, che è gratuito e toglie la discriminazione e le disuguaglianze tra gli uomini.
Le Sorelle Carmelitane
Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza
La Patronale di San Bartolomeo a Trino termina con quella che può sembrare una “allusione sapiente” al prossimo grande appuntamento del territorio, Risò, la prova generale di una nuova capacità di “fare sistema”, che incontreremo tra il 12 ed il 14 settembre.
Ieri, 26 agosto, a concludere una riuscita edizione della festa patronale sono arrivati i Sindaci dei Comuni che fanno parte dei “Borghi delle Vie d’Acqua”, realtà a sua volta resa possibile da una, a lungo latitante, attitudine a dare corpo alle idee.
Abbiamo raccontato l’esperienza dei “Borghi” non da oggi e, proprio per favorire, senza ripeterci, la ricostruzione di un percorso che ha già permesso il raggiungimento di risultati, ci piace in questa sede
riproporre l’articolo che pubblicammo il 20 febbraio 2022,
quando i Primi Cittadini fondatori si riunirono a Caresanablot per procedere alla firma dell’Atto costitutivo.
Le fotografie di quel servizio portano la cifra del momento storico (tutti con la mascherina), apparentemente il meno adatto per pensare qualcosa che non fosse condizionato da una emergenza non ancora superata.
Tre anni e mezzo più tardi e tirando le (prime) somme si può dire che l’intuizione originaria si sia rivelata giusta.
Sarà che il 19 febbraio è una data che porta bene, se ricordiamo che nel 1219 fu posta la prima pietra per la costruzione della Basilica di S.Andrea.
Scherzi a parte, il risultato non meno importante di quello costituito dalle opere, è quello “identitario”.
Una scommessa necessariamente concepita “a tavolino”, con una progettualità pragmatica quanto coraggiosa e lungimirante, si è rivelata idonea a cogliere la sintonia con un’istanza reale, quanto fino a quel momento latente, di comunità il cui territorio si estende dal Casalese (con Balzola, Morano e Villanova) fino al Canavese con Villareggia e la minuscola quanto (si permetta la partigianeria) stupenda Maglione.
Territorio abituato, forse per mancanza di altri riferimenti, a concepirsi e definirsi “per differenza”: non siamo Valsesia, non siamo Monferrato, non siamo nemmeno un luogo che riconosca come “capo-luogo” quello provinciale che, quanto a forza centripeta, purtroppo è da tempo bisognoso a sua volta di un nuovo impulso.
Dunque, chi siamo?
Siamo i “Borghi delle Vie d’Acqua” e la radice ha attecchito, superando persino lo strato superficiale di un “naming” di non facilissima traduzione nel web.
Una dimostrazione in più, però e proprio anche per questo, che, se le esigenze sono reali, le risposte capaci di soddisfarle trovano comunque una strada.
Dunque, ieri a Trino tutti (o quasi, del resto il Generale Agosto ha i suoi diritti) presenti i rappresentanti di 56 Comuni per dire e ribadire che i Borghi si pensano come parte di una realtà vocata a “fare sistema”, valorizzando ciascun singolo “campanile” e senza campanilismi, pronti a condividere passi ulteriori, assicurando collaborazioni tanto con Vercelli, quanto con i territori che danno vita ad una osmosi sociale, economica, culturale, viva e feconda, oltre i confini amministrativi provinciali: Casale Monferrato in primo luogo, come ha dimostrato anche la presenza di ospiti quali il Sindaco della città aleramica, Emanuele Capra e l’On. Enzo Amich.
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La piccola gallery con cui vi lasciamo dice anche dell’impegno della Pro Loco (ma ci ritorneremo) per la riuscita della festa di San Bartolomeo.
Impegno sostenuto da un bel gruppo di volontari, giovani e meno giovani, che hanno lavorato con passione, cura, competenza dedizione (e anche buon umore, che non guasta mai), per coccolare i numerosissimo ospiti che in questi giorni hanno potuto fare onore a menù diversificati e studiati con fantasia ed attenzione ai gusti di tutti.
Al prossimo anno e, intanto, possiamo prepararci alla Festa dello Sport, il 7 settembre.
Is 66, 18-21
Dal libro del profeta Isaia.
Così dice il Signore:
“Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria.
Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti.
Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore.
Anche tra loro mi prenderò sacerdoti levìti, dice il Signore”.
Sal 116
RIT: Tutti i popoli vedranno la gloria del Signore.
Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.
RIT: Tutti i popoli vedranno la gloria del Signore.
Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.
RIT: Tutti i popoli vedranno la gloria del Signore.
Eb 12, 5-7.11-13
Dalla lettera degli Ebrei.
Fratelli, avete già dimenticato l’esortazione a voi rivolta come a figli:
“Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore
e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui;
perché il Signore corregge colui che egli ama
e percuote chiunque riconosce come figlio”.
È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati.
Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire.
Lc 13, 22-30
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme.
Un tale gli chiese: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”.
Disse loro: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.
Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi”.
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UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO “MATER CARMELI” DI BIELLA –
L’impegno di diventare piccoli
(Is 66,18b-21; Sal 116; Eb 12,5-7.11-13; Lc 13,22-30)
Gesù è in viaggio, come spesso accade nel vangelo di Luca, un viaggio che ha una direzione e una meta precisa: Gerusalemme.
Gerusalemme è la città santa per la quale Gesù piange perché non ha saputo riconoscere il tempo in cui è stata visitata.
Gerusalemme che ha perseguitato e ucciso i profeti che le sono stati inviati, colmerà la misura con la condanna di Gesù.
E mentre Gesù si incammina decisamente verso Gerusalemme, continua a passare risanando e beneficando tutti seminando con abbondanza il seme della parola; come un maestro itinerante, insegna per città e villaggi, passa annunciando il Regno di Dio, esce per raggiungere e farsi raggiungere da tutti.
Tra la tanta gente che incontra, il vangelo di oggi ci presenta la domanda di un tale che potremmo pensare quasi come il portavoce di ogni uomo e donna che si portano dentro l’interrogativo sul proprio destino: “sono pochi quelli che si salvano?”.
Dalla risposta di Gesù si comprende che la salvezza significa entrare nella casa del Padre: c’è una porta che rimane aperta per tutti, è la porta d’ingresso della casa del Padre.
“L’anima mia desidera la casa del Signore” (Sl 83); nel profondo abbiamo questa nostalgia di una casa dove essere accolti, al sicuro, dove il nostro desiderio di amore, che accomuna credenti e non credenti, avrà una risposta. Veniamo da Dio e a Lui ritorniamo, lui è la nostra casa, la nostra parte di eredità in eterno!
La buona notizia è che questa casa è pronta per tutti, c’è un posto che Gesù ci prepara che è il nostro posto, se lo vogliamo.
La porta indica il passaggio da fuori a dentro.
È un movimento che ha delle difficoltà, come Gesù avverte: la porta è aperta ma stretta, non si può passare senza sforzo. Nell’originale greco c’è un verbo (agonizesthe) che indica l’agonismo, l’impegno di chi combatte e lotta per raggiungere degli obiettivi.
Siccome molti cercheranno e crederanno di entrare senza riuscirci, bisogna essere vigilanti imparando dalla parola del Signore e seguendo i suoi insegnamenti.
Non basta una vicinanza formale, anche abituale al Signore, “abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”, se questo non ci converte e se di fatto restiamo operatori di iniquità, di ingiustizia.
“Voi mi chiamate Signore, Signore ma il vostro cuore è lontano da me”.
E ai maestri della Legge Gesù dice: “guai a voi perché avete portato via la chiave della vera scienza: voi non ci siete entrati e non avete lasciato entrare quelli che avrebbero voluto”.
In questo pellegrinaggio del ritorno a casa, c’è anche una responsabilità non solo personale, infatti, possiamo essere di aiuto o di ostacolo per il cammino dei nostri fratelli e sorelle. La vera scienza è quella che viene rivelata ai piccoli; lo sforzo, l’impegno è quello di diventare piccoli per poter entrare per la porta stretta, senza temere di abbassarci troppo perché questo non potrà farci del male, mentre se ci alziamo anche solo di poco è inevitabile sbattere contro l’architrave della porta senza poter entrare.
Come i piccoli, guardiamo la Madre, Maria, Porta del Cielo, che ci accompagna con la sua benevolenza e preghiera!
Le Sorelle Carmelitane
Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza
(fabio santomauro) – Anche quest’anno la sottosezione dell’Oftal di Chivasso, guidata dal dott. Gianluigi Scala e da Mariuccia Dellarole, collegata alla sezione di Vercelli, ha vissuto, nei giorni dall’11 al 17 agosto, il tradizionale pellegrinaggio a Lourdes, presieduto dall’Arcivescovo di Vercelli, Mons. Marco Arnolfo, nei giorni dell’Assunzione di Maria al cielo.
Con l’Arcivescovo il Vicario Generale Mons. Stefano Bedello e molta parte del Clero diocesano.
Sono stati giorni molto importanti, dove ognuno di noi ha vissuto giorni di preghiera e meditazione attraverso tutte le proposte delle relative giornate.
Le più importanti sono state, ad esempio: la Santa Messa alla Grotta al mattino e la Processione Eucaristica al pomeriggio del 14 agosto; la Santa Messa Internazionale al mattino e la Processione serale della luce (aux flambeaux) il 15 agosto; il Gesto dell’acqua alle piscine il 16 agosto.
Inoltre, c’è stato anche un grande momento di festa per la famiglia dell’Oftal, con l’incontro di preghiera e accoglienza per il personale del I e II anno di pellegrinaggio: consegna della mozzarella (distintivo senza medaglia) alle prime esperienze e conferma delle seconde con la consegna della medaglia Oftal.
A Lourdes si va per rispondere alla chiamata di Maria e cercare di essere discepoli dell’Immacolata, proprio come ci ha detto il presidente generale, Mons. Paolo Angelino, durante i ringraziamenti nella Messa finale di fine pellegrinaggio.
Quest’anno era presente anche il diacono permanente Moreno Lipari, che ha condiviso con noi la gioia di questi giorni.
Ritorniamo a casa con molta nostalgia, ma con tanta gioia e felicità nel cuore ed anche con una “news” molto bella!
Il pellegrinaggio Oftal interdiocesano, che dal 13 al 18 ottobre prossimi concluderà la stagione dei pellegrinaggi, sarà presieduto dal Vescovo di Ivrea, Mons. Daniele Salera.
Grazie Maria, grazie Lourdes, grazie Mons. Arnolfo e grazie Oftal!
Nostra Signora di Lourdes, prega per noi.
Regina della pace, prega per noi.
Santa Bernadette, prega per noi.
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I filmati e le fotografie sono stati interamente realizzati da pellegrini Oftal, che ringraziamo per questo servizio.
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Ger 38,4-6.8-10
Dal libro del profeta Geremìa
In quei giorni, i capi dissero al re: “Si metta a morte Geremìa, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché quest’uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male”. Il re Sedecìa rispose: “Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi”.
Essi allora presero Geremìa e lo gettarono nella cisterna di Malchìa, un figlio del re, la quale si trovava nell’atrio della prigione. Calarono Geremìa con corde. Nella cisterna non c’era acqua ma fango, e così Geremìa affondò nel fango.
Ebed-Mèlec uscì dalla reggia e disse al re: “O re, mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremìa, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame là dentro, perché non c’è più pane nella città”. Allora il re diede quest’ordine a Ebed-Mèlec, l’Etiope: “Prendi con te tre uomini di qui e tira su il profeta Geremìa dalla cisterna prima che muoia”.
Sal.39
RIT: Signore, vieni presto in mio aiuto.
Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
RIT: Signore, vieni presto in mio aiuto.
Mi ha tratto da un pozzo di acque tumultuose,
dal fango della palude;
ha stabilito i miei piedi sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi.
RIT: Signore, vieni presto in mio aiuto.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
una lode al nostro Dio.
Molti vedranno e avranno timore
e confideranno nel Signore.
RIT: Signore, vieni presto in mio aiuto.
Ma io sono povero e bisognoso:
di me ha cura il Signore.
Tu sei mio aiuto e mio liberatore:
mio Dio, non tardare.
RIT: Signore, vieni presto in mio aiuto.
Eb 12, 1-4
Dalla Lettera di San Paolo Apostolo agli Ebrei
Fratelli, anche noi, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento.
Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio.
Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato.
Lc 12, 49-53
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
“Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera”.
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UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO “MATER CARMELI” DI BIELLA
Edificati nel fuoco dello Spirito
(Sap 38,4-6.8-10; Sal 39; Eb 12,1-4; Lc 12,49-53)
Nella prima lettura, la vicenda del profeta Geremia, ci ricorda che seguire la verità di Dio può portare a conflitti e opposizioni, e quindi la fede per non soccombere deve accendersi, rivestirsi del sacro fuoco dello Spirito, ardere come fiaccola per tenere alta la parola di vita, anche quando è scomodo, anche quando sembra che tutto e tutti ci diventino contrari.
L’autore della lettera agli Ebrei ci aiuta in questo cammino, esortandoci a correre con perseveranza la corsa della fede; il credente, infatti non si adagia, non si abitua, ma corre sospinto dallo Spirito tenendo fisso lo sguardo su Gesù.
Guardare Gesù, senza perderlo di vista, senza lasciarsi distrarre a lungo lasciando che altri o altro prendano il suo posto.
Egli è la bussola che orienta la nostra corsa, è la via per superare le difficoltà con fiducia, pienamente abbandonati alla parola del Signore.
E la sua parola oggi annuncia nel Vangelo che la venuta di Gesù porterà fuoco e non pace, divisione anche tra gli affetti più cari e i legami più forti.
Egli viene a portare fuoco per fondere e purificare e divisione, non nel senso di conflitto fine se stesso, ma nel senso di separare ciò che è vero da ciò che è falso, ciò che è puro da ciò che è impuro, nel nostro cuore e nelle nostre relazioni.
La pace non è il quieto vivere ottenuto aggirando o insabbiando i conflitti, ma è la pace interiore che è frutto dello Spirito, della sua azione prolungata e paziente, che quando trova accoglienza purifica e trasforma le nostre relazioni donandoci la forza di perseverare nel cammino della fede.
Il credente, pur restando nel mondo, sperimenta la separazione dal mondo, la divisione dalla sua logica; è come se due mondi fossero vicini e al tempo stesso lontani e contrari.
Quando la fede è non solo pensata ma vissuta, produce una separazione dove emerge chi appartiene a Cristo e lo segue e chi non lo conosce e non lo segue.
Gesù è venuto a distruggere in se stesso questa inimicizia, per fare dei due un solo popolo nuovo, una sola famiglia non più fondata sui legami del sangue ma edificata nel fuoco dello Spirito.
“Sono venuto a gettare fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso! Gli Apostoli, insieme ai fedeli delle diverse comunità, hanno portato questa fiamma divina fino agli estremi confini della terra: aprendo così una strada per l’umanità, una strada luminosa e hanno collaborato con Dio che con il suo fuoco vuole rinnovare la faccia della terra. Com’è diverso questo fuoco da quello delle guerre e delle bombe! Com’è diverso l’incendio di Cristo propagato dalla Chiesa, rispetto a quelli accesi dai dominatori di ogni epoca, che lasciano dietro di sé terra bruciata. Il fuoco di Dio, il fuoco dello Spirito è quello del roveto che divampa senza bruciare (cfr Es 3,2). È una fiamma che arde e non distrugge; che anzi, divampando fa emergere la parte migliore e più bella dell’uomo, come in una fusione fa emergere la sua forma interiore, la sua vocazione alla verità e all’amore (Papa Benedetto XVI).
Le Sorelle Carmelitane
Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza
Ap 11,19;12,1-6.10
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza.
Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra.
Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito.
Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio.
Allora udii una voce potente nel cielo che diceva:
«Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo».
Sal 44
RIT: Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.
Figlie di re fra le tue predilette;
alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir.
RIT: Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.
Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre.
RIT: Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.
Il re è invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo signore: rendigli omaggio.
RIT: Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.
Dietro a lei le vergini, sue compagne,
condotte in gioia ed esultanza,
sono presentate nel palazzo del re.
RIT: Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.
1Cor 15, 20-26
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.
Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza.
È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.
Lc 1, 39-56
Dal Vangelo secondo Luca
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
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UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE
“Cristo è risorto dai morti” (seconda lettura).
Incarnato e Risorto.
Attraverso il grembo di una donna.
Maria madre del Salvatore e Redentore.
Madre dell’Unigenito Figlio del Padre, del Risorto.
Risurrezione fondamento della fede cristiana, quella fede sperimentata da Maria, sua madre e madre di tutti i credenti, esempio di “fedele” e “cristiana”.
“Per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti”.
E per mezzo di una donna, venne quell’Uomo.
Venne da Dio, Verbo Incarnato.
Primogenito, primizia (in greco aparché).
Colui che per “primo” ha aperto la strada della morte con la sua Risurrezione.
E Maria ha accolto la “primizia” di Dio, si è fatta “grembo” ed accoglienza del “vincitore del peccato e della morte”, per donarlo.
Accoglienza e dono.
Per il mondo, nella storia, per ogni uomo.
“In quei giorni…” (Vangelo).
I giorni dell’annuncio, dello stupore, della risposta, della fede.
Nei giorni di Dio nel mondo.
Nel tempo e nella storia… i giorni del Dio Incarnato, del Dio che “visita” il mondo, che si fa “Figlio” di colei che è “sua figlia”…
Giorni di viaggio e di umiltà, giorni di abbandono e di servizio, giorni di speranza e di fiducia…
Giorni di passi e di pensieri…
Giorni di salite su quelle montagne di Giuda dalla lontana zona piana di Nazareth.
Giorni di “ingressi in casa” del sacerdote Zaccaria per “visitare”, “aiutare”, “informare” la cugina Elisabetta.
Giorni di abbracci e di parole…
Giorni e mesi di “assistenza”, di parto, di sussulti e pensieri.
Giorni di Spirito Santo.
Giorni di Cristo.
E Cristo, porta la pace, la gioia.
Il primo capitolo del Vangelo di Luca è pieno di “pace”, quella pace che fa gioire, quella pace che non ha bisogno di parole, perché è la pace dello Spirito che fa “sussultare”.
Letteralmente dovremmo tradurre quel “sussultare” con “saltellare”, bellissima immagine, ci pare di “vedere” quel “feto saltellante”, che quasi vuole “venire alla luce” subito, perché ha “visto la Luce”.
La “Luce” che “veniva nel mondo” riconosciuta da un bambino che ancora deve “venire alla luce”.
Luce che rischiara nelle tenebre e che viene “accolta”.
Lo Spirito Santo che fa riconoscere subito il Messia.
“Appena…” Elisabetta è “immediata”, lo ha “sentito” subito, attraverso quel “sussulto” di Giovanni nel grembo… il “Mediatore” lo ha annunciato: Cristo ha visitato il suo popolo, Cristo è qui nella mia casa, il Signore è con noi perché è con Maria.
Giovanni nel grembo sussulta ed Elisabetta loda.
Giovanni sussulta ed Elisabetta riconosce Dio.
Giovanni sussulta ed Elisabetta “alza gli occhi” e “vede Dio” in Maria.
Giovanni sussulta ed Elisabetta viene “colmata di Spirito Santo” per poter esclamare “Benedetta”.
Giovanni sussulta e, dopo il saluto “illuminato” dall’Amore di Dio di Elisabetta, Maria “parla”.
E con lei “parliamo” anche noi, contempliamo e meditiamo la grandezza di Dio, la sua opera, la sua misericordia verso le creature, i suoi disegni, le sue grandi opere, la sua onnipotenza, il suo braccio potente, la sua santità…
Affamati, umili, servi, poveri, timorati di Dio…
Tutti con Maria a “magnificare” Dio.
Grazie Maria perché ti sei “alzata in fretta” e hai “magnificato” Dio e noi lo vogliamo fare con te.
Grazie Maria perché ci insegni ad essere “alzati”, a rinunciare alla placida e tranquillizzante “normalità”, per essere “cristiani in piedi” ed “in cammino”, che “escono”, che si arrampicano sui monti della Giudea, non per essere “camminatori” delle cime, ma per essere missionari ed annunciatori di speranza.
Grazie Giovanni, perché hai “saltellato” di gioia e noi dobbiamo imparare ad essere “cristiani saltellanti”.
Grazie Elisabetta, perché, sotto l’azione dello Spirito Santo, ci hai insegnato ad “ascoltare” la voce di Dio, ad “usare” la nostra voce per la preghiera, hai impresso in noi le tue “parole ispirate”, affinchè anche noi imparassimo a “benedire”, a chiamare madre colei che è madre del Signore. Il “nostro Signore”, quello che è con noi, che ci viene a visitare, che non lascia soli che promette e mantiene il ritorno.
Grazie Elisabetta perché ci hai insegnato ad “ascoltare”, ad “udire” la voce di Dio nelle nostre orecchie, a prestare attenzione alle Parole di Dio che ci spinge a riconoscere ed annunciare con gioia la sua misericordia, la sua gioia, la sua pace.
In quella casa di Zaccaria, in quel villaggio in Giudea “piena della presenza dello Spirito Santo”, ci siamo anche noi come Chiesa, una casa che si fa “culla”, che “accoglie” che “prega”, che “celebra”, che “canta le lodi” di quel Dio Presente, che è in grado, con la sua presenza di trasformare la vita di chiunque lo incontra.
In quella casa si fa “esperienza di Dio” e vogliamo esserci anche noi, Chiesa in cammino, a svolte smarrita, sfiduciata, presa troppo spesso dalle “cose terrene” da dimenticare l’umiltà per l’ascolto della Presenza divina.
In quella casa ci siamo anche noi che vogliamo “servire” camminando, mettendoci in viaggio con Cristo, come Maria, Chiesa che incontra, che serve, che “procede”, che è attenta alla voce dello Spirito.
In quella casa vogliamo “cantare” con Maria la nostra fede.
Vogliamo “cantare” il Magnificat quotidiano nell’Eucaristia, come Chiesa.
Maria nel suo “cantico”, ci fa percorrere gli avvenimenti dell’Antico Testamento (l’esodo, il passaggio del Mar Rosso, il cantico di Anna, i Salmi 37 e 86, 149 quelli dei “poveri” (anawim).
Maria ci fa “camminare” nella consapevolezza delle “grandi cose” di Dio.
Dio è Dio.
Sembra una “ovvietà” eppure a volte dimentichiamo la bellezza del riconoscimento di Dio grande nell’Amore, di Colui che ha “ha amato così tanto il mondo”, di Colui che ha dato prova di “così tanto Amore”, da Incarnarsi, da farsi uomo, “piccolo”, di farsi dono, perché da Lui ricevessimo Dono.
Dio è Dio e noi siamo “salvati”.
Il Dio Salvatore salva e noi lo guardiamo con lo sguardo della fede, con lo sguardo di Maria.
Lasciamo che “Dio sia Dio” e cantiamo a Lui in cui crediamo.
Maria ce lo ricorda: siamo “nulla”, ma siamo Amati.
Siamo “nulla” ma siamo oggetti d’Amore, quell’Amore che è Dono totale e assoluto.
Siamo “nulla”, ma “immagine e somiglianza” della Verità, perché nel riconoscere la nostra “nullità” con umiltà, possiamo riconoscere la nostra grandezza, nella Sua Grandezza.
Maria ci “parla di Dio”: Signore, Salvatore, Santo, Onnipotente, Misericordia.
Ecco il “nome di Dio”, lo ha rivelato Maria: “Dio è misericordia”.
Misericordia di generazione in generazione…
Misericordia che disperde, che rovescia, che rimanda… ma che innalza, ricolma, riempie, soccorre…
Maria ci parla di Dio.
Maria ci porta Dio.
Maria ci porta a Dio.
Maria ci “parla” con la lingua di Dio, con le parole di madre che hanno accompagnato, cresciuto, educato il Figlio di Dio.
E Maria “rimane con lei circa tre mesi” (cfr. Lc 1,56).
Non si limita a “camminare”, a “visitare”, Maria “rimane”.
Si ferma: l’annuncio e la cura.
Il messaggio e la dimora.
Camminatrice e premurosa.
In anno giubilare abbiamo sperimentato i cammini… tanti… ogni occasione è stata ricca e propizia per “camminare”, ma davvero abbiamo “sostato” nei luoghi?
Siamo riusciti come Maria ad essere missionari con il dono della cura, del servizio, della disponibilità, della dimora attenta e attendente… Importante camminare, importante annunciare, ma importante è anche “avere tempo” e “dare spazio”.
Prossimità dei cammini e dell’ “esserci”, dello “stare”, perché il nostro cammino ed il nostro annuncio non sia solo uno “spot”, ma sia “dimora” e “prossimità”, condivisione e comunione.
Non è una “nota inutile” quella dell’evangelista, ci aveva detto che la cugina è “anziana” e ora sottolinea la premura di Maria.
Non fa una visita “mordi e fuggi”, non si prende la benedizione e “grazie devo pensare a me”, non fa scatenare di gioia Giovanni e si compiace del suo ruolo, non si prende la gloria e “scusate ma sono incinta anche io”…
Maria si ferma e serve.
Un versetto che ci racconta ancora, dopo quel canto di lode a Dio, l’azione di Dio in lei.
Maria che aveva detto “ecco la serva del Signore” (cfr. Lc 1,38) ora dice “ecco la serva degli uomini attraverso mia cugina Elisabetta”.
Maria dice “sono strumento” nelle mani di Dio, sono strumento del suo amore, sono serva per amore.
Maria servendo il Signore, serve, incontra, si fa prossima… realizza in prima persona quello che dirà ai servi a Cana: “qualunque cosa vi dica, fatela”.
Maria mette in opera l’opera di Dio.
Sperimenta ciò di cui si farà annunciatrice, diventa modello di servizio, non perché così “si sente bene”, non perché “se aiuto mi aiutano”, non perché “sono buona e condividiamo la carità”, non perché “se aiuto mi sento utile e buona”, Maria è lì, con Elisabetta, per “stare” con lei come si sta con Dio, per servire la cugina come serve Dio, per amare come ama Dio.
Maria con la cugina anziana crea chiesa: vive, prega, spezza il pane, crea comunione e con loro c’è Dio.
Qo 1, 2; 2, 21-23
Dal libro del Qoèlet.
Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità.
Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male.
Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!
Sal 94
RIT: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: “Ritornate, figli dell’uomo”.
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.
RIT: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.
RIT: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!
RIT: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.
RIT: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Col 3, 1-5. 9-11
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi.
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria.
Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato.
Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.
Lc 12, 13-21
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: “Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità”. Ma egli rispose: “O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”.
E disse loro: “Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”.
Poi disse loro una parabola: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio”.
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UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO “MATER CARMELI” DI BIELLA
L’orizzonte da guardare
(Qo 1,2; 2,21-23; Sal 89; Col 3,1-5.9-11; Lc 12,13-21)
Uno della folla chiede praticamente a Gesù che faccia quello che lui desidera, che gli risolva il problema dell’eredità con suo fratello.
In realtà capita che siamo così convinti di essere nel giusto che ci sembra logico “suggerire” a Gesù di prendere le nostre difese; anche la scorsa domenica abbiamo visto un intervento simile da parte di Marta, che contestava il comportamento della sorella Maria.
La risposta di Gesù però non è quella sollecitata in entrambi i casi, egli infatti chiede a chi domanda di cambiare modo di pensare, cerca di comunicare il perché della sua risposta che sembra prendere le distanze dai problemi che ci mettono in difficoltà.
Gesù non è giudice o mediatore sopra di noi, non risolve i problemi al posto nostro, ma ci aiuta a capire la radice e il valore di quanto ci preoccupa.
L’amore al denaro è la radice di tutti i mali, leggiamo nella prima lettera a Timoteo (6,10).
Non si condanna il denaro in sé ma l’amore al denaro, il suo desiderio smodato, le cui conseguenze non sono buone.
In fondo si pensa che la felicità venga dalle cose, così come lo crede il protagonista della parabola che Gesù presenta, la sua vita è tutta rivolta verso i beni che sono la sua unica compagnia; questo uomo fondamentalmente è solo, parla con se stesso, pensa solo a sé, progetta per assicurarsi il futuro sull’unica dimensione materiale dei bisogni primari del mangiare, bere, riposarsi e divertirsi.
La sovrabbondanza del raccolto della sua campagna sembra essere una possibilità (l’ultima prima di morire) per uscire da sé, per pensare anche al bisogno degli altri, per condividere quella straordinaria abbondanza che la vita (e non solo il suo lavoro), gli dona.
Purtroppo l’amore al denaro fa scegliere a quell’uomo, che non sapeva dove riporre la grande quantità del raccolto, di decidere la demolizione dei suoi magazzini per costruirne altri più grandi, invece di pensare alla solidarietà e alla condivisione di quella eccezionale ricchezza.
La ricchezza sembra non bastare mai, più si ha più si vuole, dimenticando che il valore della nostra vita non dipende da quello che possediamo, ma da quello che siamo.
I beni materiali sono necessari, sono beni e possono e dovrebbero essere un mezzo per vivere onestamente e nella condivisione con i più bisognosi.
Gesù ci invita a considerare che le ricchezze possono incatenare il cuore e distoglierlo dal vero tesoro che è nei cieli.
Ce lo ricorda anche san Paolo nella seconda lettura: “cercate le cose di lassù, rivolgete il pensiero alle cose di lassù non a quelle della terra”.
Questo non vuol dire estraniarsi dalla realtà ma cercare le cose che hanno un valore che non passa: la giustizia la solidarietà, l’accoglienza, la fraternità, la pace. La conclusione della parabola che ci propone l’evangelista è particolarmente efficace: così è di chi accumula tesori per sé e non arricchisce presso Dio.
È un ammonimento che rivela l’orizzonte verso cui tutti noi siamo chiamati a guardare.
Le Sorelle Carmelitane
Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza






















































































































