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“Senza Sacerdoti la comunità non è più una comunità di persone unite per il bene comune, ma è una comunità di persone divise, perché l’unità è in Cristo che ci porta ad essere una cosa sola con lui e quindi fratelli anche tra noi”.
Entra subito “in media res” l’omelia tenuta oggi da Don Giovan Giuseppe Torre, al Santuario della Beata Vergine del Trompone a Moncrivello.
Circostanza importante ed attesa dal popolo di Dio che vive questo luogo di spiritualità diventato punto di riferimento per una realtà ampia, che ha il “cuore” nel territorio che si estende da Cigliano a Caluso.
Ma se questo è il “cuore”, appunto, lo “share” è molto più ampio.
Un luogo di spiritualità (ma sappiamo bene anche di cure sanitarie, assistenziali, di attività formative di altissimo livello: insomma, l’Opera del Beato Mons. Luigi Novarese, la realtà dei Silenziosi Operai della Croce, dei Volontari della Sofferenza) che è posto al confine tra la Diocesi di Vercelli e quella di Ivrea, per qualche metro in provincia di Vercelli: ma è un confine che unisce, non divide.
Ne è testimone diretto e autorevole, nella propria attività pastorale, il Parroco di Villareggia, Mazzè, Tonengo, Don Alberto Carlevato, che oggi ha altresì diretto la Corale interparrocchiale, unanimemente apprezzata.
E che questo luogo sia “cerniera” tra due realtà vive in una dimensione di osmosi pastorale, ma anche civile, è testimoniato simbolicamente dalla presenza, qui, oggi, sia del Sindaco di Moncrivello, sia del Sindaco di Villareggia ed i simboli sono importanti per rappresentare realtà avvertite su vari piani, non sempre e non solo per i profili materiali, concreti, palpabili.
Omelia veramente ispirata che ci fa piacere riproporre integralmente nel nostro filmato che, insieme alla gallery, correda il servizio: parole che meriterà ascoltare e riascoltare, perché si dilateranno certamente in echi e risonanze, come accade alle parole sincere.
C’è molto da imparare.
Una vocazione, quella di Don Giovan Giuseppe, classe 1938, nata contemplando la Madonna di Lourdes, nel lontano 1966 e che sarebbe stata poi in gran parte vissuta qui, dove la Madre di Dio volle manifestarsi nel 1562, guarendo la povera Domenica Millianotto.
Per questo – lo ascoltiamo nel video – se è vero che, per un napoletano, la Madonna di Pompei rappresenta la massima espressione (celia con un colorito neologismo) della “madonnità”, per Don Giovan Giuseppe è la Vergine che si presentò “Que soi era Immaculada Concepciou” a Bernadette ad essere stata strumento della Provvidenza.
Una Provvidenza che ha bisogno dei Sacerdoti: di Operai per la Messe.
Messe che si raccoglie percorrendo una strada, strada che unisce l’altare al confessionale, come è la testimonianza di vita, per esempio, di San Pio da Pietrelcina.
Il Signore ha voluto che il prete fosse necessario, alla Chiesa e all’umanità.
Necessario perché il sacrificio d’amore della Croce dolorosa di Cristo fosse presentato in ogni tempo ed in ogni luogo, quale insostituibile sorgente di riconciliazione, di speranza e di santità.
Dunque il “potere” di celebrare l’Eucarestia – l’intimo vincolo della dimensione eucaristica e la dimensione sacerdotale della celebrazione della Messa.
Una seconda esperienza sacerdotale è legata ad un altro gesto, un’altra parola, che per precisa volontà del Signore sono riservati al solo Presbitero: l’assoluzione nel Sacramento della penitenza. Non potrò mai cancellare l’emozione che provai nel dare la mia prima assoluzione:
”Io ti assolvo dai tuoi peccati…”.
Sì, “Io”, Giovanni, nel nome del Signore, ti assolvo dai tuoi peccati.
Sì, un’emozione forte, come risonanza umanissima di un gesto di fede che per la prima volta compivo, di un dono di grazia che mi raggiungeva (…).
Come abbiamo anticipato, il video propone la versione integrale dell’omelia.
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Dunque è il 30 novembre 1966 quando è lo stesso Beato Mons. Luigi Novarese ad accogliere il giovane Giovan Giuseppe, che inizia così il cammino di formazione per diventare Sacerdote.
La fondazione dei Silenziosi Operai della Croce era avvenuta il 1 novembre 1950 e sarà poi il 31 ottobre 1973, il giorno dell’Ordinazione, proprio alla vigilia dell’anniversario di fondazione, presso il Santuario Salus Infirmorum in Valleluogo.
Il 1973 segue di poco quel 1970 quando la Provvidenza fa incontrare Mons. Novarese con l’allora Arcivescovo di Vercelli, l’indimenticabile Mons. Albino Mensa, che mette a disposizione dell’Opera questo luogo, il Trompone: e la storia ha inizio.
Al termine della Celebrazione, prima di condividere un momento di festa con la partecipazione del Personale della Casa di Cura, Don Giovan Giuseppe Torre non si sottrae ad un saluto ed una benedizione particolare ai nostri Lettori, sorprendendoci davvero (e gliene siamo riconoscenti) con parole che ci hanno commosso, certo immeritate per chi si reputa null’altro che un servo inutile, modesto “operaio”, appunto, impegnato a comunicare e fare conoscere la bellezza della Fede.
Prima la cronaca o prima i ricordi?
Non è facile scegliere, perché, in questa domenica 15 ottobre 2023, quando Mons. Stefano Bedello fa il proprio ingresso in Cattedrale, come nuovo Parroco del Duomo di Sant’Eusebio (e coordinatore dell’Unità Pastorale che comprende anche San Giuseppe, Sant’Agnese e San Bernardo – Madonna degli Infermi) torna alla mente quel (non troppo) lontano
17 ottobre 2009, – leggi cliccando qui –
quando il compianto Arcivescovo Padre Enrico Masseroni lo ordinava Sacerdote.
Un’emozione particolare, si diceva e non solo perché un nuovo “Operaio” giungeva ad occuparsi della Messe. Anche perché quelli erano gli inizi di un altro (sia permesso), certo non pari, ma anch’esso vissuto come adesione ad un compito, “ministero”: quello della comunicazione pastorale, categoria dell’informazione forse non troppo frequentata, ma nella quale VercelliOggi.it ha sempre creduto (trovando, peraltro, più che lusinghieri riscontri tra i Lettori, che ringraziamo, anche in questa occasione).
E proprio in quel giorno (ma nei mesi precedenti si era già seguita l’ordinazione diaconale del giovane Sacerdote) ha data uno dei primi articoli (siamo on line dal 5 gennaio di quell’anno) pubblicati per raccontare di un fatto importante per il popolo di Dio che è in Vercelli, per l’intera Chiesa eusebiana.
Oggi, 14 anni dopo, abbiamo il piacere di documentare questo arrivo, di pubblicare alcuni momenti di una Liturgia davvero coinvolgente: semplice e coinvolgente, che dice di una – se si passa l’ossimoro – “familiarità solenne” forse la cifra più persuasiva di un momento bello della Chiesa eusebiana.
Il video che volentieri offriamo ai Lettori anche perché resti come documento di questo giorno, insieme ad ampi tratti della Liturgia, presenta, integrali, l’omelia dell’Arcivescovo, Mons. Marco Arnolfo, e l’indirizzo di saluto pronunciato dal nuovo Parroco.
La S. Messa è stata animata, suscitando apprezzamento unanime, dalla Cappella Musicale della Cattedrale, diretta da Mons. Denis Silano.
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Dunque, l’omelia, dettata per illustrare le Letture di questa XXVIII domenica del Tempo Ordinario (Is 25, 6-10; Sal.22; Fil 4, 12-14. 19-20; Mt 22, 1-14.) con quel noto ed esigente brano del Vangelo di San Matteo.
Un affresco, come un trittico, che si compone di tre immagini, che a tutta prima possono apparire di non facile lettura.
Ma l’omelia ha proprio questo scopo: spiegare la Parola di Dio.
Così, si inizia il “viaggio” in questa pagina di Vangelo che forse si può comprendere meglio se si inizia della fine, con quella sentenza così netta: ”Molti sono chiamati, ma pochi gli eletti”.
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L’OMELIA
Se fossimo i registi e gli sceneggiatori di una fiction, sarebbe d’obbligo dedicare l’inquadratura di apertura – la prima immagine – a quella sala, già preparata per una festa.
Una festa nuziale, che il re prepara per le nozze del Figlio.
Una festa disertata, come sappiamo, proprio da coloro che per primi vi sono invitati.
Tanti i motivi: qualcuno di questi motivi di diserzione possiamo forse cercarlo anche in noi stessi; non siamo, ad esempio, dell’ “umore” giusto per festeggiare.
Abbiamo altro da pensare, siamo “occupati”, come diciamo così spesso, senza forse renderci conto di quanto sia rivelatrice di significati ulteriori e bivalenti quella locuzione che allude all’occupazione di territori da parte di chi li sappia conquistare.
Chi “ci occupa”?
Il nostro cuore da chi e cosa è “occupato”, occupato a tal punto che non vi trova posto la chiamata del Padre a vivere con lui, a vivere quella festa per le “nozze” del Figlio?
Diciamo spesso, anche, che siamo “presi”.
Come rapiti dal Mondo.
Come si fa, in queste condizioni, a pensare di partecipare ad una festa e, per di più, una festa nuziale?
Ma il re, il Padre, non ci pensa nemmeno a rinviare le nozze.
E’ tutto pronto, è l’ora, è venuta la “pienezza dei tempi”.
Se i primi chiamati non sono degni, si vada allora (ecco il secondo “ambiente”, la seconda scena che la telecamera può inquadrare) lungo la strada, le strade, nei luoghi in cui si snoda, scorre, il fiume della vita: che non è sempre e tutto gorgogliante di acque limpide, fresche, zampillanti e pure.
Ci sono buoni, cattivi, quelli che sono così così, e quelli ai quali la vita ha presentato un conto salato.
Il Padre chiama tutti, la chiamata alla santità è per tutti, la porta è aperta, il banchetto preparato: questa volta la sala si riempie, perché ad essere aperta è non soltanto la porta di casa, ma sono aperte anche le porte dei cuori.
Ce lo ha ricordato San Giovanni Paolo II nella celeberrima omelia in occasione dell’apertura del suo pontificato.
Era proprio il 22 ottobre ed il precedente 16 ottobre, è certo d’uopo ricordarlo, nell’anno 1978, 45 anni fa, fu eletto al Soglio di Pietro.
Cosa disse, dunque, il Papa:
“Fratelli e Sorelle! Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà!
Aiutate il Papa e tutti quanti vogliono servire Cristo e, con la potestà di Cristo, servire l’uomo e l’umanità intera!
Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!
Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa”!
Parlò a, a tratti, voce alta, ancorchè sempre affettuosa, ad un mondo che forse non era preparato a sentire parole così, certo non se le attendeva, ma ad un mondo che non aveva bisogno d’altro, se non di parole così.
Chi ricorda quei momenti ricorda un’emozione intensa, la rivelazione di un orizzonte nuovo.
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Dunque, in quella sala, così come tra coloro che furono folgorati dalle parole del Papa in quel 22 ottobre 1978 (per contestualizzare: allora Don Stefano aveva 4 anni…) non ci furono santi: ci furono uomini e donne con i limiti e – come si dice oggi – fragilità della condizione umana.
Ma ci furono uomini e donne che, dalla strada, avevano scelto di aderire ad un invito che aveva saputo raggiungere il loro cuore.
Avevano aperto – anzi, spalancato – quella porta.
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Dunque, perché la sorte di quell’infelice, destinato ad essere smascherato, gettato là dove è pianto e stridor di denti?
E siamo alla terza scena, che fissa quell’abito che non c’è.
Perché nella sala preparata per la festa delle nozze di quel così unico Figlio, anche coloro che vengono dalla strada hanno scelto di “cambiare abito”, cambiare costumi, essere uomini e donne nuovi.
Che, sappiamo bene, non necessariamente significa riuscirci subito, né riuscirci sempre.
Ma significa che la scelta è quella: cambiare, convertirsi, non certo per compiere una sorta di “inversione a U” della nostra vita, ma per tentare una trasformazione, interiore, autentica, profonda.
In certo senso, per “connettersi” o “riconnettersi”, come fra poco sentiremo dire da Mons. Bedello nel proprio saluto.
Per conformare la nostra vita a Cristo.
Chi è in sala senza essersi “cambiato d’abito”, senza avere indossato l’abito “nuovo”, senza avere scelto la via nuova, con umiltà e consapevolezza del proprio limite, ma senza riserve, può solo vivere una partecipazione priva di costrutto.
Non può avere parole di verità.
E forse è proprio per questo che quell’ospite che pare – se è lecito il termine – un “imbucato”, ammutolisce.
E’ lecito pensare che, se l’Evangelista si preoccupa di dirci che “ammutolì”, è segno che stesse parlando, tentando di dire cose.
Sicchè, qualunque cosa stesse dicendo in quella comunità, evidentemente, non sarebbe stata una cosa utile: mancava, infatti, la conversione del proprio cuore.
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Forse sull’omelia siamo andati un po’ “lunghi”, ma, a proposito di comunicazione pastorale, non va dimenticato che è proprio questo il momento in cui la Chiesa si preoccupa di “spiegare” al popolo di Dio la Parola: e tutto ha senso se al centro di tutto ci sono la Parola e l’Eucarestia.
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Come abbiamo anticipato, sia l’omelia dell’Arcivescovo, sia l’intervento del nuovo Parroco sono integrali nel nostro video e sarà così possibile ascoltare ancora, nel tempo, entrambi.
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IL SALUTO DEL NUOVO PARROCO
Don Stefano, oltre ai ringraziamenti di rito, ha posto l’accento in particolare su tre “piani” lungo i quali si sviluppa l’esperienza di un Sacerdote.
Il Sacerdote come uomo, come Prete, come Parroco.
Ed in questo senso, con cenni sintetici, ha offerto alcuni tratti della propria esperienza umana.
Un “grazie”, dunque, come uomo a chi, soprattutto la famiglia, ha trasmesso valori educativi autentici e, primo tra questi, quello che, per essere uomo davvero, la prima scuola sia quella dell’umiltà.
Poi, il “grazie” del Prete, accolto in questo Presbiterio diocesano 14 anni orsono, consacrato dall’Arcivescovo Padre Enrico Masseroni ed ora, da Mons. Marco Arnolfo, destinato a questo duplice, impegnativo incarico, di Vicario Generale della Diocesi e di Parroco di Sant’Eusebio, la Parrocchia del Duomo di Vercelli e coordinatore dell’Unità pastorale che comprende anche Sant’Agnese, San Giuseppe e San Bernardo – Madonna degli Infermi.
Infine, il terzo “grazie”, quello del Parroco.
Un ringraziamento e, insieme, un chiaro intento “programmatico”, un “triplice intento”: fare bene, dire bene e stare bene.
Fare “il bene”, cioè orientare il cuore, di ciascuna persona e della comunità a Dio, al bene di Dio, che è la carità.
Dire bene, cioè “bene-dire” per portare la salvezza di Dio, per crescere insieme nella fede.
Stare bene, infine, non secondo il significato mondano dell’espressione, bensì nell’accezione evangelica, cioè restare ancorati al cuore di Dio, come i tralci alla vite.
Poi, rivolto ai parrocchiani, le parole forse più “forti”: mi metto al servizio, nel senso della collaborazione, per favorire la corresponsabilità.
I fedeli non sono riusciti a trettenere un più che motivato applauso “a scena aperta” quando Don Stefano ha rivolto un ringraziamento al suo predecessore, Mons. Giuseppe Cavallone, che fu altresì il Sacerdote forse più influente nel determinarne la scelta per assecondare una vocazione già ormai pienamente avvertita ed entrare così in Seminario.
Infine, l’esortazione forse più esigente: se siamo “disconnessi” – dice il Parroco – con noi stessi, disconnessi dalla nostra interiorità, non potremo essere “connessi” agli altri, tra appartenenti alla stessa comunità e, così, fare un cammino comune.
Un pensiero che pare in una sintonia chiara con la lezione agostiniana “non uscire fuori, rientra in te, solo nell’uomo interiore abita la verità”.
Insomma, un inizio che poggia su basi assai solide e promettenti.
Il nostro video si conclude, così, con una benedizione finale e con il canto davanti alla sacra effige della “Madonna dello Schiaffo”, che, così cara ai vercellesi, ci ricorda l’amore inesausto e sempre stupefacente della Madre di Dio per i propri figli.
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Il primo passo potrebbe essere mosso già domani, lunedì 16 ottobre, dal Ministro dell’Agricoltura e Sovranità Alimentare (forse, di nuovo, come un tempo, delle “Risorse annonarie”?), Francesco Lollobrigida.
La pratica è sul tavolo del titolare di Via XX Settembre a Roma da qualche tempo e, come sempre, la nomina del Presidente dell’Ente Nazionale Risi si rivela un round della mai sopita tenzone tra le due più influenti (e rappresentative) organizzazioni di categoria delle imprese agricole: Coltivatori Diretti e Confagricoltura.
Una tensione sempre sensibile a delicati (ma talvolta muscolari) equilibri, tutti giocati su pesi e contrappesi in qualche modo condizionati delle urgenze dell’ora.
Ma andiamo con ordine.
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Dunque, bisogna sapere che l’attuale Presidente di Via San Vittore a Milano, Paolo Carrà, ha portato a termine (a detta di tanti, per non dire tutti, con buoni risultati) il proprio secondo mandato e, perciò, non può più essere rinnovato.
La politica, come spesso succede, non sa che fare.
Sicchè la prima proposta è stata quella solita: commissariate l’Ente, in attesa che decidiamo.
Pare, però, che non si possa commissariare un’Istituzione, soprattutto del peso e calibro come l’Ente Nazionale Risi, soltanto perché qualcuno deve pensare.
Sicchè le cose precipitano o, almeno, vanno avanti.
E si incomincia: questa volta il Presidente potrebbe toccare alla Coldiretti, che non ha più avuto un proprio esponente nell’incarico, dai tempi dell’On. Renzo Franzo.
E di anni, perciò, ne sono passati circa 50.
Dall’altra parte si obbietta: appunto per questo, l’Ente è ormai considerato un “hortus conclusus” di Confagricoltura.
Tanto più in questi tempi – la congiuntura questo direbbe – in cui, di converso, la “Bonomiana” sta occupando tutti i posti più importanti dell’Agricoltura italiana: insomma, pare entrata nelle grazie dei Fratelli (in questo caso: dei Cognati) d’Italia.
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Un bel rebus, di che lambiccarsi il cervello.
Poi a qualcuno viene in mente di guardare (ma dopo, solo dopo) il curriculum di ogni singolo candidato.
E qui arriviamo all’oggi (a domani, lunedì) quando pare in pole position per la nomina un tecnico sicuramente di livello (di area Coldiretti), come il pavese Giuseppe Croce, imprenditore agricolo di 63 anni, già Presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi di Milano, componente del Consiglio di Amministrazione del Consorzio “Terrepadane”, erede (cresciuto in un ambito territoriale ampio) della Federconsorzi, con sede in Piacenza.
Al suo attivo ha anche un Master tenuto dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, sulla gestione delle biomasse e dei processi per la produzione di energia
Gli farebbero – è vero – difetto i quarti di nobiltà meloniana, ma amen, non si può avere tutto nella vita.
A Vercelli il sistema politico sta vivendo giorni di tensione, perché l’idea di riuscire a perdere (anche) il Presidente dell’Ente Risi pare procuri insonnie.
Insonnie che, nel partito di Corso Libertà, sono, forse, sempre preferibili ad un vero e proprio incubo: il timore, tremore e, diciamo pure, terrore, che il Senatore novarese e fratello-coltello, Gaetano Nastri, conti più di loro.
Dal cilindro dei fraterni prestidigitatori bicciolani sarebbero stati, così, estratti tre nomi, da candidarsi alla Presidenza: Massimo Camandona (Sindaco di San Giacomo Vercellese e Consigliere provinciale), Raffaella Oppezzo (Sindaco di Costanzana) e Natalia Bobba (Presidente di Donne e Riso).
Dei tre, l’unica a poter contare sul sostegno di un’Organizzazione agricola (appunto, la Confagricoltura, della quale è esponente anche l’uscente Carrà) è proprio Natalia Bobba che, curiosamente, ha anche alle proprie spalle un rapporto di conoscenza professionale con il “competitor” pavese, se è vero che quest’ultimo è stato suo superiore, come Ispettore generale, quando lei era Perito grandine, entrambi per la Società Cattolica di Assicurazione.
La scelta che il Ministro Lollobrigida firmerà domani è, comunque, solo il primo passo di un lungo processo decisionale: il nominativo indicato sarà poi passato al vaglio del Consiglio dei Ministri, delle Commissioni Agricoltura di Camera e Sanato, per giungere al Colle, al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Come finirà?
Chi vivrà, vedrà.
Non si insisterà mai abbastanza sull’importanza della prevenzione per combattere tante malattie, soprattutto quelle cardiovascolari.
Ma un conto è insistere in modo pedane, noioso.
Tutta un’altra cosa è, invece, studiarsi qualcosa per divertire, coinvolgere, meglio se “dando l’esempio” con una bella (ma non competitiva) camminata, approfittando di questa straordinaria ottobrata, che ci regala ancora giornate splendide.
Certo, ci vogliono fantasia e impegno, che non sono mancati al Soroptimist Club di Vercelli che, in collaborazione con il Reparto di Cardiologia dell’Ospedale S.Andrea, ha organizzato l’evento “Si cammina con il cuore” che oggi, 8 ottobre, ha portato a Vercelli tante persone ad indossare tuta e scarpe da ginnastica per una passeggiata in città.
Testimonial d’eccezione, Valeria Straneo, la campionessa italiana di Maratona, che vanta un record ancora oggi, dopo 10 anni, imbattuto.
Regista discreto ed efficiente, per la parte “sportiva” dell’evento, Piero Volpiano, Presidente di Atletica Vercelli ’78, sodalizio che è una vera certezza, anche dal punto di vista organizzativo, nel panorama sportivo vercellese.
Può dirsi soddisfatto della ottima riuscita dell’evento il Soroptimist di Vercelli, con la Presidente Lucia Ruzzante.
Chi vuole (tentare di) porre un freno all’escalation degli aumenti dei compensi agli Amministratori comunali, può firmare al banchetto, domenica 8 ottobre, domani.
Ma andiamo con ordine.
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Diciamo subito che prendere tutti quei soldi non è affatto obbligatorio, anzi!
Rinuncio.
Rinuncio perché, ha detto, papale papale, come si vede e sente dallo streaming del Consiglio Comunale di Verbania:
”Io questa faccia non ce l’ho”.
E con lei tutta la sua Amministrazione.
Fortemente contrariati, come si vede e sente,
sempre nel video allegato all’articolo che si vede qui sotto (ad un’ora e 27 minuti dall’inizio della seduta) i suoi attuali oppositori,
forse speranzosi di essere maggioranza dal 2024, i quali, se vorranno, dovranno aumentarsi gli stipendi, fino al limite massimo previsto dalla Legge e, quindi, mettere fuori la loro, di faccia.
Un limite cui subito ha aderito, invece, il Comune di Vercelli, dispensando, tanto alla Giunta del Niente, quanto all’indefesso Presidente del Consiglio Comunale, il massimo della retribuzione.
Se Silvia Marchionini dice “Io questa faccia non ce l’ho”, di diverso parere pare siano i suoi omologhi vercellesi.
E, proprio grazie al Sindaco Marchionini, si viene a sapere anche un’altra cosa: non è vero, come certo story telling tenta di spacciare per buono, che questi aumenti siano interamente a carico dello Stato, quindi, tutto sommato, chi se ne frega.
Perché c’è l’8,5 per cento di Irap (ovviamente, sul lordo) che tira fuori il Comune.
I conti di cosa costino di sola Irap il Sindaco e 9 Assessori sono presto fatti.
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C’è poi il problema rappresentato dalla pletorica consistenza numerica della Giunta.
Dieci persone dieci.
Anche qui, il massimo consentito dalla Legge.
Già par di udire l’indefesso Presidente del Consiglio Comunale: noi siamo per la Legge!
Viva la Legge, dunque, che, tuttavia, non impedirebbe di ridurre un po’ il numero degli Assessori, tanto più ora che sono profumatamente pagati e potrebbero dedicare il tempo pieno.
Tempo pieno e capacità manageriali.
Sicchè – dicono coloro che stanno guardando un po’ le tendenze emergenti presso gli Enti Locali maggiori, in vista del voto 2024 – in molte situazioni si sta pensando (non da oggi, peraltro) a modelli organizzativi in cui ad ogni Dirigente comunale, corrisponda il proprio (e uno solo) Assessore di riferimento, così da rendere più organico il rapporto tra Esecutivo e management, più diretta e immediata la verifica tra obbiettivi e risultati, più semplice il confronto.
A Vercelli vorrebbe dire cinque o sei Assessori oltre al Sindaco.
Al di là delle esigenze di sovvenire ai bisogni familiari, c’è qualcuno che potrebbe dire che sei Assessori oltre al Sindaco sarebbero pochi?
Che dire poi della Presidenza del Consiglio Comunale?
Almeno in questa fase, una funzione che pare meccanica: staccare il microfono al quinto minuto e un secondo a chi sta parlando (e qui, però, le responsabilità sono di chi un simile regolamento d’Aula ha votato).
Anche se, peraltro, il termine di cinque minuti per ogni intervento non risulta perentorio: è, infatti, di intuitiva evidenza che la tolleranza non possa essere la stessa per qualsiasi argomento in trattazione, che si parli di Bilancio, di alberate che rischiano di cadere sul coppino delle persone, di piano Kipar – Patriarca – Pirata, oppure, per esempio, di come sistemare le rastrelliere per le biciclette in Corso Abbiate.
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Ma quanto sono (e, da gennaio 2024, saranno) pagati Sindaco, Assessori e Presidente del Consiglio Comunale?
La progressione delle indennità di carica è illustrata da questa tabella.
Va altresì chiarito che, nel tempo, quando gli aumenti non sono stati tempestivamente applicati, sono successivamente stati erogati fior di arretrati: dura Lex, sed Lex.
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Insomma, l’argomento è tutt’altro che di poco conto e, se è vero che ci sono ben poche speranze che la Giunta del Niente, né l’Indefesso, per il momento rinuncino ad alcunchè, è altrettanto vero che questa materia potrebbe essere uno dei punti più qualificanti dei programmi ed impegni elettorali dei candidati Sindaco alle prossime elezioni comunali del 2024.
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Ora i cittadini che vogliono far sapere la propria opinione su questi aumenti hanno uno strumento concreto: andare a firmare al banchetto organizzato dal Consigliere Comunale indipendente, Michelangelo Catricalà.
Ecco cosa dice l’interessato:
“𝐕𝐢 𝐀𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐃𝐨𝐦𝐞𝐧𝐢𝐜𝐚 𝟖 𝐎𝐭𝐭𝐨𝐛𝐫𝐞 𝐢𝐧 𝐕𝐢𝐚 𝐂𝐚𝐯𝐨𝐮𝐫 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐨𝐫𝐞 𝟏𝟎 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐨𝐫𝐞 𝟏𝟖 𝐜𝐢𝐫𝐜𝐚.
Continua la raccolta firme per dire 𝐍𝐎 𝐚𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐮𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐢𝐧𝐝𝐞𝐧𝐧𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐀𝐦𝐦𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐫𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐂𝐨𝐦𝐮𝐧𝐚𝐥𝐢 (Sindaco, Assessori, Vice Sindaco e Presidente del Consiglio)
Raccolta firme a sostegno di una possibile mozione per chiedere:
- 𝐂𝐡𝐞 𝐠𝐥𝐢 𝐀𝐦𝐦𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐫𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐝𝐞𝐥 𝐂𝐨𝐦𝐮𝐧𝐞 𝐫𝐢𝐧𝐮𝐧𝐜𝐢𝐧𝐨 𝐚𝐠𝐥𝐢 𝐢𝐧𝐜𝐫𝐞𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢
- 𝐂𝐡𝐞 𝐢 𝐬𝐨𝐥𝐝𝐢 𝐫𝐢𝐬𝐩𝐚𝐫𝐦𝐢𝐚𝐭𝐢 𝐯𝐞𝐧𝐠𝐚𝐧𝐨 𝐮𝐭𝐢𝐥𝐢𝐳𝐳𝐚𝐭𝐢 𝐝𝐚𝐥 𝐆𝐨𝐯𝐞𝐫𝐧𝐨 𝐚 𝐟𝐚𝐯𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐜𝐢𝐭𝐭𝐚𝐝𝐢𝐧𝐢/𝐢𝐦𝐩𝐫𝐞𝐬𝐞 𝐢𝐧 𝐝𝐢𝐟𝐟𝐢𝐜𝐨𝐥𝐭𝐚̀
Le indennità a Sindaco e Assessori raggiungeranno il tetto massimo a partire da gennaio 2024: circa 𝟏𝟎.𝟎𝟎𝟎 € per il Sindaco, più di 𝟓.𝟎𝟎𝟎 € al Vicesindaco e più di 𝟒𝟎𝟎𝟎 € agli Assessori.
Ritengo che gli aumenti (legge di bilancio Dicembre 2021) delle indennità degli Amministratori Comunali siano quantomeno imbarazzanti nei confronti degli Italiani, soprattutto in questo periodo storico, pesante dal punto di vista economico dove tutto aumenta in modo sproporzionato rispetto a ciò che si guadagna: bollette, mutui raddoppiati, beni di prima necessità, caro-scuola,
carburanti mai cosi alti”.
Una cosa resta, commuove, insegna, delle esequie celebrate a Vercelli in Cattedrale, sabato 30 settembre, per Kevin Laganà, il più giovane tra i Lavoratori vittime della disgrazia alla Stazione Ferroviaria di Brandizzo, nella notte tra il 30 e 31 agosto scorsi.
Questa cosa è l’amore.
Amore che parenti, amici, tutti coloro che con lui hanno condiviso un tratto del pur breve – 22 anni – suo cammino terreno, hanno espresso in tanti modi, qualcuno rivelatore di un impegno davvero unico.
Gli esempi sono tanti, e molti li illustriamo nel filmato che accompagna questo articolo, con la gallery: lo offriamo volentieri affinchè quei momenti, per chi lo vorrà, possano essere ancora condivisi.
C’è stato chi ha voluto, per dire di lui, raccogliere, come in un’antologia, alcuni suoi video su Tik Tok: i brevi filmati in playback, vera palestra di comunicazione, dall’adolescenza in poi, che accomuna tanti ragazzi, per non dire tutti i ragazzi.
E basterebbe questo per farcelo amare, come una persona che ha già vissuto abbastanza può amarne un’altra che si affaccia alla vita.
Una vita che aveva imparato ad affrontare da subito, senza chiedere sconti: si alzava di notte, mentre tutti gli altri dormono, per andare a fare un lavoro duro e rischioso, ma onesto.
***
Altri suoi amici hanno voluto salutarlo dando gas ai tanti cavalli delle moto, allineate come in un picchetto d’onore sul sagrato del Duomo di Vercelli, ricordando la passione per i motori del loro amico.
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Dicono, poi, di una solidale condivisione del lutto le corone di fiori che le famiglie di tutte le cinque vittime (oltre a Kevin, Michael Zanera, di 34 anni, Giuseppe Sorbillo, di 43, Giuseppe Aversa, di 49, e
Giuseppe Saverio Lombardo – leggi qui il precedente articolo sul primo funerale, il 28 settembre -,
di 52 anni) hanno voluto reciprocamente porre sulle tombe, nei Cimiteri di Vercelli, Borgo d’Ale, Brandizzo.
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Inedita anche l’idea di quel Rosario composto di palloncini colorati d’azzurro, che si libra nel cielo quando giunge il momento del congedo e, pur se con una lentezza dolente, il feretro deve prendere la strada di Billiemme.
Un Rosario che dice tutto: queste 1.500 (secondo altre stime, attendibili, circa 2 mila) persone che sono qui in questa mattina in cui un sole tiepido pare anch’esso volere accompagnare all’ultima dimora questo giovane di valore, parlano di un amore che non svanirà.
Sono persone capaci di amare.
Sappiamo che noi, miseri, quando non miserandi, mortali, possiamo amare, come non amare.
Solo Dio non può scegliere: perché Dio “è” amore.
Allora è proprio così: queste migliaia di persone hanno consegnato Kevin alla comunione con il Padre passando per la strada maestra, la strada dell’Amore.
I tre Assessori della Lega che sono rimasti (chissà perché) a fare parte della Giunta del Niente questa notte, forse, non dormiranno tranquilli.
Perché tre? Non erano quattro?
E’ vero, sono partiti in quattro nel 2019 ed uno di loro, il Sagacissimo
è stato designato addirittura Vice Sindaco.
Poi, però, come sappiamo, poche settimane fa ha abbandonato (anche ufficialmente) al modo di un paguro bernardo in cerca, nei fondali delle acque politiche, di ospiti più capienti, entrambe le conchiglie presso le quali si era acquartierato:
l’Onorevole emerito di Borgosesia e la Lega Nord per Salvini o chi per esso – leggi qui – .
Ora è battitore libero e già questo è un cruccio per il Pirata, che non sa come giustificarne la presenza in Giunta.
E’ l’unico Assessore (a parte Luigi Michelini, sempre sato in quota fiduciaria al Pirata) a non avere un partito che ne legittimi politicamente la presenza nell’Esecutivo.
Ed è, soprattutto, l’unico Assessore che non possa contare su Consiglieri Comunali disponibili a rappresentarne le “casa” politica.
Insomma, sarebbe il terzo di nomina fiduciaria del Pirata: un po’ troppo anche per la Giunta del Niente a fine corsa.
Ma non divaghiamo e andiamo con ordine.
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Dunque bisogna sapere che oggi, a Stroppiana, si è tenuto un partecipato convegno sul tema della “mobilità sostenibile”.
Tanti i partecipanti, tanti i relatori.
Nell’ambito del convegno era prevista una tavola rotonda dal titolo
“Piani di mitigazione dell’impatto ambientale e risvolti normativi”.
Bene.
In scaletta l ‘intervento istituzionale del Pirata (anche nella sua veste di Presidente regionale dell’Anci) e di esperti.
Ma il Pirata non arriva e soltanto verso le 12 si viene a sapere che è trattenuto a Vercelli per gli affari (professionali) suoi.
E amen.
Sempre a motivo degli affari suoi slitta a domani – venerdì di prima mattina – la riunione di Giunta convocata per le 15 di oggi.
E va bene.
I leghisti l’hanno scampata ancora per qualche ora.
Perché, rumors che provengono da fonti solitamente attendibili, ma rumors che questa volta sono veri e propri rombi di tuono, direbbero qualcosa che suona così: ma guarda che il Pirata è non solo incavolato, ma straincavolato che, al confronto, lo Sgarbi che urla “capra” pare un timidone indeciso e tentennante.
Perché?
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E qui bisogna fare un passo indietro riconoscendo che, ormai, l’analisi politica forse sia diventata troppo esigente per un povero omarino qualsiasi aduso a pigiare semplici tasti di un pc.
Non basta più sapere che Luigi Sturzo non è soltanto un Viale di Milano.
E’ del tutto inidoneo ad indagare lo specifico della fase, trattenere qualche memoria della lezione di Francesco Guicciardini.
E poi, cosa volete che conti, ora come ora, ricordare cosa sia stata la Giunta Provinciale Amministrativa?
Ti capita persino di imbatterti in qualche caricatura di pubblico amministratore che ti richiama: ma no, è la Giunta dell’Amministrazione Provinciale.
Confondendo tra l’Esecutivo della Provincia e la nonna dei Co.Re.Co..
I quali Co.Re.Co., infine, sono stati i genitori del nulla che ora controlla gli Atti degli Enti Locali, con i risultati che si vedono in termini di entità e qualità delle spesa pubblica.
Vabbè.
Ora, però, siamo tentati di rinunciare decisamente, perché se, per capire qualcosa di politica, è necessario acquisire anche competenze andrologiche, allora è chiaro che non fa più per noi.
Pare proprio, infatti, che la ragione di tante nubi sulla giornata di oggi, altrimenti, tutto sommato, quieta, sia stato l’ennesimo sussulto della Lega per tentare di porre qualche rimedio al criptorchidismo politico da cui è afflitta da quattro anni.
E, maneggiando in certi quadranti anatomici, è anche possibile ottenere qualcosa che assomigli a una solenne minchiata. Sempre politica.
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Per esempio, vale la pena di leggere il seguente comunicato:
““I residenti del quartiere dei Cappuccini in questi giorni hanno espresso diverse lamentele per le condizioni di trascuratezza che affliggono i cimiteri locali.
Molte tombe sono ricoperte di erbacce ed è evidente che tale situazione non può essere tollerata da alcuno, in particolare in un luogo dove riposano i nostri cari.
Il gruppo consiliare della Lega ha fin da subito chiesto un intervento risolutivo e urgente per sistemare non solo questa situazione ma anche quella del cimitero di Billiemme, anch’esso nello stesso stato di incuria.”
“Il nostro gruppo consiliare-commenta la Segreteria Provinciale della Lega- è da sempre sensibile alle sollecitazioni che provengono dai cittadini in tema di decoro urbano, specialmente in zone cosi sensibili come i cimiteri.
Per questo chiediamo che i responsabili del decoro urbano della Città si attivino nell’immediato per far ripristinare ordine e pulizia nei cimiteri, e laddove è necessario nella bella Citta di Vercelli.
Naturalmente il gruppo consiliare è pronto a portare le necessarie istanze nelle commissioni consiliari o ovunque serva.
Il nostro scopo è avere una Città pulita e ordinata, senza erbe infestanti che la soffochino e, oggettivamente, in molte parti della Città così non è”.
Gruppo Lega Comune di Vercelli e Segreteria Provinciale”
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In sostanza, cosa dicono i leghisti che amministrano il Comune di Vercelli (con il supporto, ci si cura di chiarire, ma è già chiarissimo, della Segreteria provinciale)?
Più o meno questo: il Campo Santo è in condizioni di manutenzione che fanno letteralmente vergogna.
Comune, sveglia!
Cerca di provvedere, Amministrazione Comunale.
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Peccato che gli smemorati del Carroccio pare non si ricordino che, oggi come oggi, hanno ben tre Assessori nella Giunta del Niente.
Ma il più smemorato di tutti pare essere Dante, che a sua volta è pure Segretario Cittadino del partito.
Ancora più immemori di Dante,
i leghisti vercellesi nel loro complesso che non si ricordano nemmeno più perchè debbano tenere un Assessore che non abita a Vercelli, non lavora a Vercelli, ma a Vercelli prende il gettone di Assessore.
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Quello che ai più parrebbe soltanto come il maldestro tentativo di manifestarsi, quasi un conatus essendi, è invece – dicunt – parso al Pirata come una vera e propria manifestazione di insubordinazione.
Sicchè non sarebbe riuscito a trattenere il proprio vivissimo disappunto, preparando, per l’imminente riunione di Giunta, una intemerata coi fiocchi e controfiocchi.
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Come finirà?
Chi vivrà, vedrà.
sulle cause che hanno determinato l’avaria al motore del velivolo Pony4 della Pattuglia acrobatica dell’Aeronautica Militare Italiana, le Frecce Tricolori.
Né si può ipotizzare che queste risposte arriveranno a breve: si apprende, infatti, che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ivrea (competente per territorio: il comune di San Francesco al Campo non è, infatti, nella giurisdizione del Tribunale di Torino, ma di Ivrea) affiderà una “consulenza tecnica”, cioè una perizia, da eseguirsi sia a carico del motore dell’aereo, sia a carico della cosiddetta “scatola nera”.
Non resta, quindi, che attendere il responso dei Tecnici incaricati dalla Magistratura, astenendosi dal formulare ipotesi del tutto astratte, appunto in carenza dei contributi tecnici di cui si è detto.
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Vi sono, invece, notizie rassicuranti sulle condizioni di salute dei tre componenti superstiti della famiglia Origliasso: i genitori ed il fratellino della piccola Laura, la bimba di 5 anni che ha perso la vita per conseguenza della collisione tra l’aero precipitato e l’auto su cui i quattro viaggiavano.
Il video che pubblichiamo mostra con buona evidenza quale sia stato il luogo del sinistro.
Nella fascia alta dell’immagine si vede la parte terminale della pista di decollo, che termina poco prima della recinzione; quest’ultima separata dalla carreggiata della strada, sempre carrozzabile, da una striscia di terra incolta.
Nella parte più bassa dell’inquadratura amatoriale ripresa da un elicottero, si vedono mezzi ed Operanti di soccorso e, al bordo del campo di mais, entrambi i relitti, dell’aereo e dell’auto, per i quali sono in corso le operazioni di estinzione delle fiamme.
Aggiornamenti nelle prossime ore.
Aggiornamento ore 20 –
In questo primo aggiornamento riportiamo soltanto gli elementi acquisiti con certezza dalle Autorità, senza, al momento, considerare le ipotesi ulteriori, soprattutto in ordine ai motivi che potrebbero avere causato il sinistro.
L’aereo della Pattuglia acrobatica nazionale è precipitato nel territorio comunale di San Francesco al Campo, quindi non più in quello di Caselle; la circostanza definisce la competenza delle indagini in capo alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ivrea, non di Torino.
Come anticipato, il pilota, che è riuscito a lanciarsi dal velivolo con il paracadute, non è in pericolo di vita ed è stato ricoverato in Codice Giallo.
L’aereo, rovinando al suolo, ha travolto un’auto che transitava regolarmente nella strada all’esterno della pista di volo (il video mostra come la strada medesima fosse frequentata normalmente): sulla vettura viaggiava una famiglia composta dai genitori e da due figli, una bimba di 5 anni ed il fratellino di 12.
La bambina è purtroppo subito deceduta, mentre il bambino, gravemente ustionato, è stato ricoverato. Ustionati anche i genitori, che paiono però fuori pericolo.
Aggiornamenti nelle prossime ore –
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TORINO CASELLE – Un aereo della Pattuglia acrobatica nazionale dell’Aeronautica Militare Italiana è caduto in fase di decollo dall’Aeroporto di Caselle, mentre l’equipe si preparava a dirigersi a Vercelli per l’esibizione.
Come le immagini del video dimostrano, tutto lascia credere che il Pilota sia riuscito a salvarsi.
Aggiornamenti nelle prossime ore –
Due lettere identiche, ma separate.
Identiche anche nel mettere la virgola tra soggetto e predicato: e sono fortunati che non c’è più la Prof. Pia Chiarla Ferrario, a segnare con la matita rossa e blu ed a spiegare per la centesima volta che non va bene.
Una parentesi: in questi giorni
il settimo anniversario dalla scomparsa della incomparabile Prof. (leggi qui).
Torniamo, però, a bomba.
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Dunque, dove sta questa virgola?
E’ distillata a fatica da un alambicco verbale moltiplicato per due (e già uno basterebbe, ma…) che suona, parola più, parola meno, più o meno così:
i soggetti attualmente gestori del servizio idrico integrato all’interno dell’ambito territoriale ottimale
(virgola!)
hanno avviato un’attività volta a esplorare (…) eccetera eccetera.
Ma andiamo con ordine.
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Anzitutto, può essere utile capire chi siano i soggetti.
Sono nientemeno che i quattro gestori tutti pubblici degli acquedotti di Vercelli, Biella e Casalese.
I quali firmano la prima lettera, insieme alla neo costituita BCV Acque scrl, leggi qui.
che tutti li riunisce: una sorta di consorzio, capitanato dal Richelieu degli acquedotti, Leonardo Gili.
Questi soggetti, cioè i gestori degli acquedotti come li conosciamo fino ad oggi, sono il Cordar Valsesia, il Cordar Biella, Am+ di Casale e Valenza e la Sii spa, che opera prevalentemente, ma non esclusivamente, in Baraggia.
Una seconda lettera, ma uguale uguale, anche nelle virgole, è invece a firma di Angelo d’Addesio, nella sua qualità di Presidente di Asm Vercelli spa che, come sappiamo, rappresenta per il 40 per cento il Socio Comune di Vercelli e per il 60 per cento il Socio Iren spa.
Bene.
A chi mandano le (la) lettere lorsignori?
All’Autorità d’Ambito2, cioè l’ente, costituito dagli Enti Locali dello stesso quadrante territoriale (presieduto, pro tempore, dal Sindaco di Biella, Claudio Corradino, Ente che ha sede in Vercelli, in Via Giosuè Carducci, lato opposto all’ingresso del Liceo Classico.
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Perché questo passo?
Perché, come è noto, entro il 2023 si dovrà riassegnare, per un trentennio, la gestione degli acquedotti: affare assai lucroso, sul quale Iren ha da tempo messo gli occhi.
Ne abbiamo parlato tante volte e, per fare un riassunto, forse è bene andare a
rileggere qualche precedente articolo riepilogativo – clicca qui – .
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Le strade possibili sono sostanzialmente due.
La prima: Ato2 bandisce una bella gara ad evidenza pubblica che, date le dimensioni della gestione (a questo punto unica: da Valenza a Piedicavallo, passando ovviamente per Vercelli) dovrebbe essere una gara di rango europeo.
Chi ha (avrebbe) i requisiti per partecipare ad una gara così impegnativa?
Ovviamente non i piccoli gestori pubblici (anche se presentano, come ad esempio, Am+, cioè la Amc di Casale, bilanci che sono, nel loro piccolo assai virtuosi) ma soltanto i grandi players come la stessa Iren, oppure A2A di Bergamo e Brescia, Hera di Bologna, Acea di Roma e via discorrendo.
Nessuno potrebbe, peraltro, vietare anche a concorrenti con sede in altri Paesi europei di partecipare.
La seconda: l’Ato2, invece, affida ad un gestore tutto pubblico, cioè “in house”, la partita.
Ma, c’è un ma; anzi, due e forse tre.
Il primo “ma” è che, come sappiamo, Asm Vercelli spa non si può più considerare pubblica, poiché la maggioranza del capitale ora è di Iren, cioè privato.
Il secondo “ma” è costituito dal fatto che, fino a pochi mesi fa, la posizione di Iren era tutta a favore della gara pubblica, forse perché speranzosa di aggiudicarsi l’intera gestione.
C’è, poi, un terzo “ma”: se i gestori pubblici (che già non nuotano nell’oro) dovessero risultare assegnatari di tutti gli acquedotti (appunto da Valenza a Vercelli a Piedicavallo, senza dimenticare, ad esempio, Balmuccia), dovrebbero rimborsare proprio Asm Vercelli degli investimenti apportati alla rete idrica in questi ultimi decenni.
Perché Asm sarebbe estromessa in quanto privata.
E si viene a sapere che questi investimenti sono valutati da qualche personaggio generoso (ma che ha voce in capitolo) circa 50 milioni di euro.
Se si pensa che, acquistando il 20 per cento di Atena, Iren ha tirato fuori nel 2015-2016 qualcosa come 14 milioni di euro ed ora si ritrova a mercanteggiare per il solo ramo idrico un controvalore di 50 milioni di euro, non c’è che riconoscere, sia pur tardivamente, come avesse ragioni da vendere chi allora – inascoltato – si opponeva a quella scelta, a cominciare da Piero Giuseppe Barbonaglia.
Ma anche, per esempio, Ketty Politi.
***
Chiarito chi scrive la lettera, la spedisce e perché, resta da stabilire cosa ci sia scritto.
Non è difficile. Meglio dire: non sarebbe difficile.
Perché il linguaggio è tutt’altro che accessibile ad un povero omarino, certo non aduso a misurarsi con le vette ardite delle strategie industriali.
Ma pare di comprendere che i gestori, tutti, abbiano avviato azioni che potrebbero fare pensare ad una attività
volta a esplorare le diverse peculiarità e implicazioni delle varie forme gestionali previste dal vigente ordinamento.
E quindi?
Quindi parrebbe (ma sono mere ipotesi) che vagheggiassero, tutti i firmatari dei due testi, la possibile costituzione di due sub ambiti.
Sicchè taluni interpretano: ma vuoi vedere che forse vogliono proporre ad Ato2 di separare in due il territorio?
Da una parte il Vercellese (cioè i comuni gestiti da Asm) e dall’altra parte tutti gli altri.
Dopo di che cosa potrebbe accadere?
E vabbè, ma come facciamo a saperlo noi? Dai! Mica siamo il Mago Otelma.
Forse qualcuno potrebbe pensare che si coltivasse una mezza idea di ripartirsi la torta.
Dopo di che i gestori pubblici si ritroverebbero a gestire “in house” ciò che già ora gestiscono, mentre, per la parte di territorio ora servita da Asm Vercelli, si dovrebbe bandire la gara ad evidenza pubblica, proprio perché si tratta di gestore privato e non pubblico, sicchè la (ri)assegnazione in house non sarebbe possibile.
Quante possibilità ci sarebbero che arrivasse un concorrente esterno a cercare di aggiudicarsi la sola Vercelli, sapendo che poi, in caso di aggiudicazione, dovrebbe sborsare 50 milioni di euro per rimborsare l’uscente?
Di nuovo: ma come possiamo saperlo noi?!
Dai!
***
Ma in sostanza e conclusivamente, dunque, cosa vogliono i cinque in fotocopia?
Chiedono ad Ato2 di
conseguentemente e opportunamente modulare i tempi del procedimento in oggetto.
E uno potrebbe chiedersi: conseguentemente a cosa?
Ma l’abbiamo già visto: conseguentemente al fatto che stanno pensando, cioè sono tutti li indaffarati a
esplorare le diverse peculiarità e implicazioni delle varie forme gestionali.
Ma la Regione, cui è deputata, in ultima analisi, una scelta di indirizzo, che direbbe?
Ed è qui che si registra la definitiva unanimità dei cinque in fotocopia i quali chiedono il rinvio della riunione dell’organo decisionale dell’Ato2.
Prendere tempo non ha mai fatto male a nessuno.
Vabbè.
Vedremo come andrà a finire.
Chi vivrà, vedrà.