VERCELLI – Primo Maggio di nuovo “in presenza” – Il lavoro: problemi vecchi e nuovi - VercelliOggi.it VercelliOggi
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Integrale l'intervento del Segretario Uil Giuseppe Manta

VERCELLI, I MAGGIO DI NUOVO IN PRESENZA - VIDEO E GALLERY - Problemi (e paradossi) vecchi ed inediti, nel mondo del lavoro che cambia - 

Sicurezza sul lavoro, contraddizione aperta

Vercelli Città

Primo Maggio di nuovo “in presenza” oggi a Vercelli ed in tutta la provincia.

In città la manifestazione è persino partita con mezz’ora di anticipo sulla tabella di marcia. Alle 10, dunque, ritrovo “al solito posto”, davanti al Bar Principe e subito si sfila in corteo verso Piazza Municipio dove, ovviamente, si arriva prima e si finisce prima.

Accompagna la cerimonia la musica offerta dalla sempre apprezzata Banda di Crescentino.

Il filmato che, insieme alla gallery, abbiamo messo a repertorio, dice, anche in questa occasione, di un desiderio comune e condiviso per ricominciare.

Anche, forse, per mettere a riportare al centro della riflessione di tutti, con rinnovata e maggiore convinzione, i temi conosciuti, così come quelli inediti, con i quali ci siamo trovati alle prese in questa nuova fase della nostra storia.

Se la sicurezza sul lavoro è al primo posto (tra i problemi irrisolti) e le situazioni di crescente precarietà e approccio “selvaggio” al lavoro come “merce” e valore d’uso non possono che risultare aggravanti, oggi ci si misura anche con contraddizioni nuove, che si sono aperte in questo periodo, certamente non ordinario.

Ne parlano – dopo l’introduzione, a nome dei Sindacati Confederali, di Carlo Rivellino della Cisl – sia l’oratore della giornata, il Segretario regionale Uil Feneal, Giuseppe Manta (integrale, tra poche righe, in forma scritta, il suo intervento), sia, in conclusione, Valter Bossoni, Segretario della Camera del Lavoro di Vercelli.

Ed è a Bossoni che tocca fare rilevare con forza il paradosso di una Sanità pubblica ove ancora riecheggiano i dovuti e giusti tributi per l’abnegazione, talvolta davvero fino all’eroismo, di tutti gli Operatori: Medici, Infermieri, Oss.

Ma che si appresta – è qui il paradosso – in Piemonte a non rinnovare i contratti a termine perfezionati con tanti lavoratori proprio nel corso dell’emergenza Covid.

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Non sono gli unici problemi nuovi – dal punto di vista dei diritti dei Lavoratori ed a parere di molti – con cui la pandemia ha costretto tutti a misurarsi.

Nel corso degli ultimi mesi si sono registrati veri e propri eccessi, fino ad ora del tutto inimmaginabili come, ad esempio, l’espulsione in massa e sulla base del mero dato anagrafico, cioè in modo “orizzontale”, come una falce messoria che cali sulla platea degli occupati, di tutti i lavoratori ultracinquantenni che avessero rifiutato la pratica vaccinale.

Salvo poi, da parte dello stesso fondamentalismo burosanitario che tale novità aveva concepito, fare una rapida retromarcia, forse dovendo prendere atto dell’elevata consistenza numerica del fenomeno costituito dal rifiuto al vaccino.

Una violenza messa in atto dal “sistema”, sorda e tetragona a qualsiasi istanza di mitigazione che, pur in situazioni ove è stato difficile per tutti tenere la barra al centro e vigilare sulle basi logiche dei provvedimenti, non può essere considerata alla stregua di uno svarione inevitabile: certo non si è trattato di un bell’esempio.

Un dolore inferto con fredda determinazione a persone che non hanno colpa alcuna, se non quella di rifiutare di sottoporsi a pratiche vaccinali le cui ipotesi di rischio ancor oggi non sono confutate in modo persuasivo.

E, tuttavia, persone private d’un colpo sia del lavoro, sia della retribuzione, fondamentale per il sostentamento proprio e della famiglia. Una cosa semplicemente mai vista, almeno nel mondo occidentale.

Anche da questo punto di vista, si spera nel ritorno ad una unanimemente auspicata “normalità”.

Ora vi lasciamo con il video, la gallery: dopo le fotografie, il testo dell’intervento di Giuseppe Manta.

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PROLUSIONE UFFICIALE PER LA CELEBRAZIONE DEL 1 MAGGIO A VERCELLI,

A CURA DEL SEGRETARIO REGIONALE FENEAL – UIL,  GIUSEPPE MANTA

Buongiorno a tutti,

Un saluto a tutte le lavoratrici ed i lavoratori, agli studenti ed ai pensionati, a tutti coloro che oggi festeggiano il primo maggio.

Ci troviamo in piazza dopo due anni difficili in cui abbiamo dovuto convivere con una pandemia ed oggi ci troviamo con un conflitto in Europa che spaventa sia noi che la nostra economia.

Per questo motivo lo slogan di quest’anno è AL LAVORO PER LA PACE!

E’ un percorso difficile ma tutti si devono adoperare perché questo accada.

Purtroppo ad oggi i conflitti ad alta intensità nel mondo sono ben 23, oltre all’ultimo che è quello che ci terrorizza di più bisogna ricordare il conflitto in Siria che dura da ben 11 anni, nello Yemen dove si ha la più grave crisi umanitaria del mondo con 19 milioni di persone che soffrono la fame, la maggior parte bambini. Conflitti che si susseguono in Etiopia, Mozambico, Sud Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Mali, Afghanistan, Medio Oriente… questi sono i luoghi di scontro più cruenti.

Gli anni appena trascorsi hanno segnato un’epoca del tutto inaspettata, una crisi internazionale da cui ci preparavamo ad uscire ma che, nel frattempo, con la guerra in corso, minaccia di travolgerci di nuovo in maniera ancora più catastrofica.

Nessuno di noi nel gennaio di due anni fa avrebbe mai predetto quello che solo poche settimane dopo avvenne. Nessuno avrebbe mai potuto solo immaginare il mondo in lockdown, i morti, gli ospedali pieni, il distanziamento sociale, il blocco dei viaggi, la paura dei contagi, la corsa ai vaccini.

La pandemia di Covid-19 ha sconvolto le nostre vite con un impatto enorme sulla società e sull’economia. In questi drammatici mesi abbiamo capito che quello che accade dall’altra parte del globo interessa anche noi, che il pericolo sia esso economico, sanitario o qualunque sia può arrivarci addosso senza preavvisi.

Da inizio pandemia, marzo 2020, a gennaio 2022 il numero dei morti in più causati dalla pandemia, rispetto a qualsiasi altra causa, rispetto alla media 2015-2019, è stato di 178 mila decessi (Dati Istat).

L’Italia è stato il primo paese occidentale in cui il governo ha imposto un regime di rigoroso lockdown, con limiti rigidi a mobilità, attività economiche e interazioni sociali. L’intervento drastico ha influito notevolmente su economia e società, e non è stato criticato pesantemente, ma ha sicuramente impedito che molte più persone si ammalassero e morissero e che il sistema sanitario già precario si trovasse al collasso.

La Pandemia ha portato a forti cambiamenti all’interno del mercato del lavoro, connessi alla riorganizzazione dell’attività lavorativa e della produzione. Non va dimenticato il ruolo fondamentale che unitariamente il sindacato ha giocato nella gestione dell’emergenza, garantendo la tenuta sociale ed assumendosi precise responsabilità.

Con i protocolli sottoscritti tra CGIL CISL UIL e il Governo, lavoro e salute non sono stati mai contrapposti, sono state tutelate le attività essenziali e i lavoratori hanno potuto riprendere gradualmente il lavoro grazie a precise misure anti – covid e di contenimento del contagio ed al ricorso massiccio allo smart working per chi poteva svolgere il lavoro a distanza.

La perdita dei posti di lavoro con la chiusura di migliaia di aziende è stata in una prima fase contenuta con il blocco dei licenziamenti e l’attivazione della cassa integrazione, sebbene il lavoro abbia poi inevitabilmente subito una brusca frenata, soprattutto per le donne e i giovani. In particolare il 2021 sarà ricordato si come l’anno della crescita del Pil al più 6,3 %, ma anche come l’anno dei licenziamenti di massa.

Anche il territorio vercellese è stato colpito soprattutto nel settore del commercio e del manifatturiero.

Quasi un giovane su quattro di età compresa tra i 15 ed i 29 anni non studia e nemmeno lavora, quasi il 23% dei ragazzi al di sotto dei 30 anni.

Un indicatore di un malessere preoccupante che sebbene in calo rispetto al 2020 resta al di sopra dei livelli pre pandemici. E segna un primato negativo dell’Italia rispetta agli altri paesi della UE.

Il 14,2 % dei minori italiani vivono in povertà assoluta, il 17,1 % dei ragazzi della scuola primaria sono rimasti senza DAD durante il lockdown.

La pandemia ha accentuato la distanza tra nord e sud ed ha creato disagi psicologici per 220.000 adolescenti.

Le politiche giovanili nel nostro paese che continua ad invecchiare hanno di rado ricevuto attenzioni prioritarie e risorse adeguate, è giunto il momento di cambiare strategia.

È pur vero però che la ripresa economica sta ripartendo. Per la prima volta, dopo anni di bassa crescita e in ultimo la crisi generata dalla pandemia, l’Italia è tornata tra i principali Paesi Ue in termini di sviluppo. A questo risultato ha contribuito fortemente il settore delle costruzioni che con tutte le attività collegate arriva a rappresentare il 22% del Pil, attivando una filiera collegata a quasi il 90% dei settori economici, in grado di generare l’effetto propulsivo più elevato sull’economia tra tutti i comparti di attività industriale.

Una ripresa che però rischia di essere frenata da una serie di criticità derivanti da caro materiali e dall’aumento smisurato dell’energia e del gas.

Sotto la spinta della guerra e del caro energia la Cassa Ordinaria e Straordinaria è tornata a crescere. La differenza tra marzo 2022 e marzo 2021 segnala un aumento delle richieste Cigo del 20,9% e della Cigs del 21,89%, numerose sono le richieste del settore edile.

Non si intravede ripresa invece per l’equità e la giustizia sociale. La pandemia ha inferto profonde ferite sociali, economiche, umane, creato disagi e sofferenza, povertà e diseguaglianze su scala globale rendendo evidente la debolezza del nostro sistema sanitario e sociale, ma anche politico.

Non è più sopportabile che lavoratrici e lavoratori vivano con contratti instabili e precari e che il nostro mercato del lavoro sia connotato da carriere frammentate, discontinue e con bassi salari.

Questo paese ha un grande bisogno di una scossa contro le disuguaglianze. L’invasione dell’Ucraina non ci aiuta, la crescita dell’inflazione cominciata già prima della guerra agisce di più sulle fasce più vulnerabili. Le disuguaglianze rischiano di aumentare ulteriormente. Il PNRR ci può aiutare ma non può bastare.

Il 2021 si è chiuso positivamente ma mancano all’appello circa 850 mila posti di lavoro rispetto all’anno pre-pandemia. Quindi si segnala un aumento di persone in cerca di occupazione ed anche, purtroppo, un numero molto elevato di inattivi che continua a superare i 13 milioni.

È necessario cambiare modello economico e promuovere una Politica economica redistributiva più giusta che possa ridurre le disuguaglianze e garantire un futuro ai nostri giovani. Con la spinta del PNRR, nei prossimi cinque anni, l’occupazione potrebbe crescere fra 1,3 e 1,7 milioni di unità, a seconda dello scenario economico preso a riferimento.

Entro il 2026 andranno realizzati tutti gli investimenti previsti dal piano di ripresa e resilienza (PNRR). Non possiamo permetterci di fallire e sprecare l’ultima grande occasione di far tornare l’Italia su un percorso di crescita stabile, in una dimensione economica e civile più giusta ed inclusiva. Molti danno per scontato che il Piano di Rilancio e Resilienza che gestirà questa spesa dovrà portare un aumento duraturo della crescita dell’economia, facendoci uscire dalle secche della crescita quasi zero dell’ultimo ventennio ma se spesa male questa montagna di soldi potrebbe addirittura ostacolare la crescita.

Occorre dotare le PA di tecnici in grado di attuare e monitorare il piano. I soldi vanno spesi presto ma anche e soprattutto bene se vogliamo cambiare le cose. Su questo è importante tenere alta la guardia e valutare i fatti più che le parole.

Come già detto nel frattempo una nuova minaccia incombe sulle nostre vite, la guerra tra la Russia e l’Ucraina. Anche questa volta l’Europa sta dando prova di unità, con risposte immediate e unanimi. La solidarietà che ha caratterizzato la prima ondata della pandemia sta riemergendo con forza oggi di fronte all’ondata di profughi che si sta riversando nei paesi europei ma occorre mettere in campo azioni sempre più mirate per ridurre al massimo le ripercussioni sociali, economiche e sanitarie e i danni ancor peggiori di una terza guerra mondiale.

Comincia a farsi largo la consapevolezza che i riflessi dell’invasione russa in Ucraina sulla globalizzazione saranno molto più larghi e strutturali di quanto abbia causato il Covid anche nelle sue fasi più acute di blocco della mobilità.

È evidente che lo sviluppo dei commerci da solo non assicura il mantenimento della pace e ci si chiede se è prudente che le società ‘aperte’ conducano normali relazioni economiche con quelle autocratiche, come Russia e Cina, che abusano di diritti umani, mettono in pericolo la sicurezza e diventano più minacciose quando si arricchiscono.

Diventa urgente diversificare le fonti di approvvigionamento delle materie prime e energetiche e ridurre al massimo la nostra dipendenza dalle forniture asiatiche e russe.

L’aumento costante dei prezzi di beni e servizi non è un problema secondario e rischia di intaccare i salari e diminuire la domanda modificando le stime di crescita per il 2022 e il 2023, e portando la Banca Centrale Europea a rivedere le proprie strategie di politica monetaria.

Il conflitto ha abbassato la stima del PIL globale ed anche quello italiano, quello globale si attesta ad un +3,6% rispetta al +4,4% preventivato a gennaio.

Con una economia tipicamente manufatturiera ed una maggiore dipendenza dalle forniture di gas russo, l’Italia (insieme alla Germania) è uno dei paesi europei a pagare il conto più salato del nuovo shock. La previsione per il PIL italiano scende al 2,3% ben 1,5% in meno rispetto alla stima di inizio anno.

Sono già due anni, infatti, che registriamo una riduzione del potere reale d’acquisto dei salari.

Ora l’impennata dell’inflazione e l’aumento dei costi dell’energia stanno determinando un netto peggioramento della situazione. Ma è chiaro che un ritorno all’austerità non è la soluzione e la pandemia ha mostrato che quel modello economico non è più sostenibile. Occorre invece promuovere un modello di sviluppo differente che non prescinda dalla lotta alla povertà e alle diseguaglianze. La pandemia ha modificato l’agenda europea ed è emerso forte il messaggio di andare oltre il PIL, verso un modello economico sostenibile e al servizio del benessere delle persone.

Inoltre non si ferma la strage sui posti di lavoro ma anzi peggiora ogni giorno di più. Una vera e propria emergenza nazionale che merita un impegno concreto per sensibilizzare tutti su una strage quotidiana e non degna di un paese civile come il nostro.

Secondo i dati Inail nel 2021 più di 3 persone sono morte ogni giorno nell’esercizio della propria attività lavorativa.

– 555.236 le denunce di infortunio sul lavoro: +0,2% rispetto al 2020,

– 1.221 delle quali con esito mortale: di cui 131 nelle costruzioni,

– 55.288 le patologie di origine professionale denunciate: +22,8% rispetto al 2020,

– 377 casi mortali nella fascia di età tra i 55 e i 64 anni di età.

Un quadro che mostra drammaticamente quanto la sicurezza sul lavoro sia un tema attuale e che va affrontato con assoluta urgenza per garantire un futuro dignitoso alle persone.

Bisogna essere decisi a continuare a lavorare per garantire a tutti i lavoratori, il diritto di lavorare in salute e in sicurezza, tramite, la contrattazione ad ogni livello da un lato, e l’azione politica sindacale dall’altro, al fine di ottenere soluzioni normative che garantiscano sempre meglio il rispetto di tale diritto.

Non dimentichiamolo mai: la Sicurezza sul Lavoro è strettamente collegata alla Legalità!

Ognuno ha il diritto di lavorare in un mondo del lavoro sicuro, meno precario ed un salario dignitoso!

Buon 1 maggio a tutti voi ed alle vostre famiglie!

 

 

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