C’è ancora chi pensa che comunicare significhi parlare. O scrivere. O, nella versione deluxe del terzo millennio, spedire un vocale da due minuti e trentasei secondi con un “scusa se ti disturbo” mormorato all’inizio e un rumore di chiavi, treno e aspirapolvere in sottofondo.
Ma ieri mattina, all’I.I.S. Cavour, le classi 4^B SSAS e 4^I TUR hanno scoperto che dietro quella parolina da dizionario c’è molto di più: c’è un’arte. C’è una strategia. E c’è pure qualche trappola.
A guidare il viaggio, nell’ambito della Rassegna culturale d’istituto, la professoressa Claudia Vignola che con voce ferma, slide leggere e un approccio diretto, ha fatto scoprire agli studenti che comunicare significa connettersi. E che comunicare bene non è un talento per pochi: è un’abilità da costruire, come i Lego, mattone dopo mattone. Con fatica, ma anche con qualche sorriso in più.
Il titolo dell’incontro era chiaro: Comunicare per connettersi senza ostacoli. Ma quello che si è capito è che gli ostacoli, spesso, ce li costruiamo da soli. Con l’insicurezza, con il bisogno di approvazione, con la paura del giudizio — piccoli “virus della mente” che infettano i nostri messaggi ancora prima di partire.
E poi, il grande classico: le parole contano, ma non troppo. Solo il 10% di quello che comunichiamo passa dal contenuto.
Il resto? È musica. O meglio, è come la suoniamo. 60% tono di voce. 30% postura.
E se fai il totale, sì: il nostro corpo, il nostro sguardo, perfino il nostro silenzio, spesso parlano prima (e meglio) di noi.
Serve tattica, certo. Ma anche posizionamento. Che non è solo stare dritti sulla sedia, ma presentarsi al mondo come persone affidabili, aperte, chiare. Persone che sanno cosa stanno dicendo, ma sanno anche ascoltare. E soprattutto — dettaglio non trascurabile — persone capaci di stupire. Perché, come ha ricordato la prof, la differenza la fa quel dettaglio che nessuno direbbe, quella frase che nessuno si aspetta. È lì che nasce la comunicazione efficace: non nel parlare tanto, ma nel colpire giusto.
E poi, una verità che dovrebbe stare scritta su ogni muro scolastico: il fallimento è la via del successo. Sbagliare è normale. Comunicare male, ogni tanto, pure. Ma si impara. Sempre. Perché la comunicazione, quella vera, non è perfezione: è connessione.
Alla fine dell’incontro, quando l’ultima slide ha detto “Thank you”, il ringraziamento era sincero. Non solo perché la prof non ha interrogato, ma perché — tra posture, virus emotivi e strategie di posizionamento — ha ricordato una cosa semplice e luminosa: parlare bene può farci vivere meglio. E ascoltare meglio. E capire meglio.
E sì, per una volta, anche i banchi pare abbiano ascoltato.
Riham Machach
Classe 3^B SSAS- Istituto professionale Lanino
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Redazione di Vercelli