IN PRINCIPIO ERA IL VERBO – “Perchè a loro parli con parabole?” - VercelliOggi.it VercelliOggi
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Tu visiti la terra e la disseti, la ricolmi di ricchezze.

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO - Letture dalla Liturgia di Domenica 16 luglio 2023, Beata Vergine Maria del Monte Carmelo - "Perché a loro parli con parabole?" - Commento a cura delle Suore Carmelitane di Biella - Video catechesi di Padre Giulio Michelini

così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata

Dal Libro del Profeta Isaia, Cap. 55, 10 – 11

Così dice il Signore:
“Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata”.

Dal Salmo 64

Tu visiti la terra e la disseti,
la ricolmi di ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu prepari il frumento per gli uomini.

Così prepari la terra:
ne irrìghi i solchi, ne spiani le zolle,
la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli.

Coroni l’anno con i tuoi benefici,
i tuoi solchi stillano abbondanza.
Stillano i pascoli del deserto
e le colline si cingono di esultanza.

I prati si coprono di greggi,
le valli si ammantano di messi:
gridano e cantano di gioia!

Dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Romani, Cap. 8, 18 – 23

Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.
La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.

Dal Vangelo secondo San Matteo, Cap. 13, 1 – 23

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: “Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti”.
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: “Perché a loro parli con parabole?”. Egli rispose loro: “Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno”.

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UN PENSIERO DALLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

La Parola compresa porta frutto

(Is 55,10-11; Sal 64; Rm 8,18-23; Mt 13,1-23)

Questa settimana il vangelo presenta una lunga esposizione: la parabola del seminatore che esce a seminare. Ci soffermiamo sul versetto finale: “Il seme seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta” (Mt 13,23)

Il seme è la Parola di Dio: non ci sono semi diversi seminati da Dio, tutti i tipi di terreno ricevono l’unico seme, la pienezza del seme, la pienezza della Parola.

La differenza tra i terreni non sta neanche in una “predestinazione” di sfortuna o fortuna: terreno arido, rovi, sassi… Certo – verrebbe da dire – se semino tra i rovi, la piantina prima o poi rimarrà soffocata. Ma non è tanto il terreno che fa la differenza, piuttosto l’accoglienza che il terreno riserva al seme. Il terreno buono è tale perché sa accogliere e custodire il seme. Sono coloro che ascoltano la Parola e la comprendono.

Interessante questo: ma io come posso comprendere la Parola? A volte ascolto il vangelo e non capisco niente! E se capisco a livello letterale, però non capisco cosa vuole dirmi il Signore attraverso quel testo.

Ecco l’aridità del terreno, l’aridità spirituale legata ad una incapacità di comprendere la parola.

IL verbo comprendere significa contenere, capire. La sua etimologia arriva dal latino: è composto da “cum”, con, e “prehendere”, prendere.

Comprendere è dunque un prendere con sé. Vi ricordate dell’apostolo Giovanni che sotto la croce riceve da Gesù il mandato di prendere con sé Maria? Ascoltando le parole di Gesù le ha comprese, fatte sue, custodite nel cuore e da quel momento prese Maria nella sua casa. Il cuore di Giovanni era quel terreno buono dove il seme è stato custodito, si è sviluppato e ha portato frutto.

Perché la Parola di Dio, come ci spiega la lettura del profeta Isaia (55,10-11), produce sempre un effetto, non torna a lui senza aver realizzato quello che Dio ha pensato pronunciandola.

L’ascolto della Parola vuole la comprensione della Parola. È un contenere che è includere, un capire che è afferrare – una considerazione che riorganizza e ridisegna ogni assetto precedente. Una volta accolta, custodita, presa dentro di sé la Parola è un seme vivo che cambia la vita. Non puoi più essere quello di ieri quando non ti eri aperto all’accoglienza del seme, diventi il contadino della tua vita, incominci a custodire il seme, lo innaffi con una comprensione sempre più profonda della volontà di Dio, contempli il crescere della nuova pianticella della tua vita.

Comprendere un principio di valore, un pensiero, una posizione, un sentimento, fa sì che nella nostra mente acquisisca il peso massimo che può avere, che dispieghi il massimo effetto: ciò che si comprende si fa proprio, diventa mattone per costruirsi. E la connotazione etimologica ci sottolinea che questo avviene sempre con un mezzo ben preciso – ora l’intelletto, ora il cuore, ora un abbraccio.

Accogliere la Parola, custodirla, vuol dire portare frutti di vita bella nel mondo; ognuno darà quanto riuscirà, ma sappiamo che la logica di Dio non fa paragoni, non soppesa: il trenta che uno riesce a dare con amore, corrisponde al sessanta di un altro, e al cento di un altro ancora.

L’unico seme dà avvio a vocazioni e missioni diverse: la bellezza nella Chiesa sta nel vivere in pienezza la propria chiamata in armonia con le altre, così che tutti insieme esprimiamo la bellezza di Cristo!

 Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza     

 

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