IN PRINCIPIO ERA IL VERBO – “Nel nome di Gesù, ogni ginocchio si pieghi …” - VercelliOggi.it VercelliOggi
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se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO - Letture dalla Liturgia di domenica 1 ottobre 2023 - "Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra" - Commento a cura delle Suore Carmelitane del Monastero Mater Carmeli di Biella

Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse...

Ez 18, 25-28

Dal libro del profeta Ezechièle

Così dice il Signore:
“Voi dite: “Non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque, casa d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?
Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e a causa di questo muore, egli muore appunto per il male che ha commesso.
E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà”.

Sal.23

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua verità e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza,
in te ho sempre sperato.

Ricordati della tua fedeltà che è da sempre.
Non ricordare i peccati della mia giovinezza:
ricordati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.

Buono e retto è il Signore,
la via giusta addita ai peccatori;
guida gli umili secondo giustizia,
insegna ai poveri le sue vie.

Fil 2, 1-11

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési

Fratelli, se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi.
Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri.
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore!”, a gloria di Dio Padre.

Mt 21, 28-32

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: “Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?”. Risposero: “Il primo”.
E Gesù disse loro: “In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli”.

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO “MATER CARMELI” DI BIELLA

Diciamo sì e agiamo per il sì!

(Ez 18,25-28; Sal 24; Fil 2,1-11; Mt 21,28-32)

Gesù entra in dialogo con i sacerdoti e gli anziani del popolo di Israele con questa domanda e questo breve discorso: “Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”.  Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”.  Ma poi si pentì e vi andò.  Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, Signore”. Ma non vi andò”. Partecipiamo attivamente anche noi all’ invito che quest’uomo rivolge ai suoi due figli. Vuole che ci impegniamo responsabilmente per collaborare con lui nella sua vigna, nella sua fabbrica, nel suo ufficio, nella sua scuola, nella sua Chiesa, in tutti i campi dove il Signore ci ha assegnato un lavoro da svolgere nella nostra giornata quotidiana e nella storia dell’umanità, perché abbiamo anche noi parte alla sua ricchezza, perché la nostra gioia sia piena!

Il padre vuole non solo che abbiamo parte a tutto il patrimonio che possiede, ma che diventiamo coeredi dei suoi tesori. Sì, perché nel lavorare la vigna scopriamo i tesori nascosti in essa, in noi, come la parabola del tesoro nascosto.

Proseguendo nella lettura vediamo come si comportano i due figli: il primo non aveva voglia, ma poi si pentì e vi andò. Mentre il secondo aveva detto sì e poi non vi andò. Possiamo dire che portiamo in noi la figura dei due figli, che portano in sé il sì e il no. Ma la parola del vangelo è un sì, che ci guida alla conversione quotidiana di ogni momento, il discepolato di Gesù ci orienta a un sì totale e pieno in lui come Maria. La prima e la seconda lettura di questa domenica ci vengono in aiuto: il tema della conversione e dell’obbedienza. Due parole che si sono realizzate nel primo figlio che prima aveva detto no e poi ha riflettuto, cioè si è convertito dal suo pensiero che non rifletteva la volontà del padre e ha obbedito. Sembra che abbia sentito lo Spirito che comunicava queste parole a San Paolo: “Fratelli, se c’è qualche consolazione in Cristo, qualche conforto, cioè quella gioia e godimento del padre nel sapere che il proprio figlio obbedisce alla sua voce, i suoi desideri. Se c’è qualche comunione di spirito e sentimenti di compassione e di carità! Se c’è quell’amore che unisce nella carità in Cristo che ci fa portare i pesi gli uni degli altri, allora possiamo intuire che abbiamo in noi gli stessi sentimenti di Cristo. Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Ci potrebbe sorgere la domanda: perché il padre invece di andare a lavorare manda i suoi figli nella vigna che potrebbero godere la vita in un altro modo? Non dimentichiamo che il padre, come dice la scrittura è il padrone della vigna. Egli aveva già fatto un grosso lavoro nel preparare il terreno e piantare la vigna e non è detto che è lì senza lavoro, perché c’è anche la parte amministrativa della vigna che il padre fa ogni giorno per fare sì che tutto proceda bene. Una ragione più impellente potrebbe essere che il padre da cuore buono vuole provvedere il lavoro sicuro ai suoi figli perché non siano in balia della disoccupazione e dell’oziosità. Ci sentiamo tutti responsabili e grati verso un padre cosi buono che prepara un presente e un futuro nobile ai suoi figli. Andiamo tutti insieme, dunque, fratelli e sorelle, piccoli e grandi, pubblicani e peccatori, a lavorare con frutto in questa vigna benedetta dove i frutti e la paga sono gratuiti per tutti!

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza     

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