IN PRINCIPIO ERA IL VERBO – “Dio è più grande del nostro cuore” - VercelliOggi.it VercelliOggi
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Ma io vivrò per lui, lo servirà la mia discendenza.

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO - Letture dalla Liturgia nella V Domenica di Pasqua - "Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa" - Commento a cura della Prof. Elisabetta Acide -

Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto.

At 9, 26-31

Dagli Atti degli Apostoli.

In quei giorni, Saulo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo.
Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso.
La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero.

Salmo 21

RIT: A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.

Scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano;
il vostro cuore viva per sempre!

  RIT: A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.

Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra;
davanti a te si prostreranno
tutte le famiglie dei popoli.

  RIT: A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.

A lui solo si prostreranno
quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere.

  RIT: A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.

Ma io vivrò per lui,
lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
annunceranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l’opera del Signore!».

  RIT: A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.

1 Gv 3, 18-24

Dalla prima lettera di San Giovanni Apostolo

Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità.
In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa.
Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito.
Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

Gv 15, 1-8

Dal Vangelo secondo San Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE

Saulo “andava e veniva in Gerusalemme, predicando …La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa…” (prima lettura)

San Giovanni nella sua lettera ci dice: “Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità…Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri” (seconda lettura).
Poche frasi bastano a riassumere la vita delle prime comunità cristiane: la comunità missionaria, che vive l’amore vicendevole e verso il prossimo e che riconosce di credere nel nome di Gesù.
“Andava e veniva” come quei discepoli che sono tornati da Emmaus, anche Saulo “corre” con anelito missionario e porta la “pace”.

La pace che gli apostoli hanno conosciuto in quel cenacolo e che ora portano come discepoli al mondo, la pace di cui ha bisogno il mondo, la pace che “viene dal Signore”, non come quella che dà il mondo.
Quella pace fatta di carità e amore, nel nome del Signore.
Amare, agire, pensare, vivere… come Cristo…
Il “modello” è “ unico”.
Saulo “corre” perché ha il “giusto modello”: “non son più io che vivo , ma Cristo vive in me” (Gal 2,20)

“Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto” (Vangelo).

“In me”, non serve altro: il modello è Cristo.
In un paese di agricoltura e pastorizia, come la Palestina al tempo di Gesù, quale migliore immagine se non quella agreste della coltivazione di quella pianta che porta “frutto”, che regala quella “bevanda inebriante”.
La vigna è segno di ricchezza, si tratta di uno degli impianti produttivi più redditizi del Medio Oriente, e l’ immagine è perfetta…
Non più Israele ma Gesù ci dice: “Io sono…”.
Immagine dell’ Antico Testamento che diventa “nuova”.

Vite che ha bisogno di un agricoltore “sapiente”, che sa “il fatto suo” in materia di potatura e coltivazione, che ha cura per la sua vite, il Figlio ed i suoi “tralci”.
Quei “tralci” che se non potati, non danno frutto, che producono foglie, che “fanno piangere la vite” (ogni agricoltore e viticultore esperto sa, che quando la vite viene potata “piange”; il “pianto” di quel “ritorno alla vita”).

Il “pianto” della rinascita.

Linfa che “cicatrizza” la ferita e la fa “germogliare”: vita nuova.
Potature continue nella vita della vite, come nell’ esistenza dell’ uomo.
“Io sono la vite vera”: Gesù conferma il suo essere Figlio di Dio, e se lui è la vite e gli uomini i tralci, se restano uniti alla vite portano frutto buono, perché la vite è “buona”.
Quante volte si apprezza il “vino buono”, ma anche la sua produzione, frutto del lavoro sapiente, della potatura, della raccolta a tempo debito, della pigiatura, dell’ invecchiamento nelle botti giuste…
Il buon vino… dai buoni frutti …
Il “modello” taglia unica ma universale, quella che “va bene a tutti”, non perché si “adatta” ma perché è “per tutti”: modello che in libertà, fede, speranza e carità rende “vera” la vita di ogni uomo.
“Io sono la vite”: Gesù traccia il cammino della comunità cristiana.
Il contadino ha cura della sua vigna, ne traccia i contorni, mette tutto l’ amore possibile, controlla parassiti e malattie, pota e toglie i rami secchi, la circonda di siepi e torri …
Il contadino che zappa, che smuove la terra, che la concima, che la irrora, che la “osserva” e la “protegge”…
Il contadino che non “demanda”, che si “ occupa” personalmente della vigna …
Il Dio che cura, che ha a cuore … un Dio ha così a cuore la sua vigna perché produca succhi gustosi, grappoli ubertosi.
I tralci… devo essere uniti alla vite…
I tralci… dallo stesso ceppo… della stessa sostanza, con lo scorrere della linfa vitale…
I tralci …potature per “staccare il vecchio” e far “fioriere il nuovo”…
I tralci… la comunione tra piè di vite e foglie…
I tralci… in ogni piccolo pampino, in ogni piccolo acino, in ogni piccola foglia… esistenze “ricche” perché piene di quell’ Amore che vivifica, che fa produrre, che è in grado di far fruttificare ogni esistenza…

“ Rimanete in me”…
La vita cristiana è rimanere uniti a Cristo.
L’ evangelista Giovanni usa in modo sapiente il termine “rimanere”, il verbo greco che sottolinea il perdurare del rapporto tra Padre e Figlio e del cristiano con Gesù.
Rimanere in Cristo e’ vita piena e duratura, e’ rapporto di “ comunione”.
“Rimanere” in Cristo per nutrici della sua Parola e del suo corpo per “produrre frutto”.
“Rimanere”: se siamo “tagliati” possiamo essere  anche meravigliosi, come quei fiori recisi, che però dopo qualche giorno, sfioriscono…
“Rimanere” per “dimorare” per far “stare” Gesù con noi… come quella richiesta a Zaccheo: “devo fermarmi a casa tua” per dimorare con te.
“Rimanete in me” per “portare frutto” e portare frutto è arricchirsi di quella vita di Cristo che si riempie di “pienezza” di felicità , non dei bisogni di questo mondo, ma del “desiderio” di Dio.

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