IN PRINCIPIO ERA IL VERBO – “Come può costui…?” - VercelliOggi.it VercelliOggi
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questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz'acqua

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO - Letture dalla Liturgia nella Solennità del Corpus Domini - «Come può costui darci la sua carne da mangiare?» - Commento delle Suore Carmelitane di Biella - Video omelia di Papa Francesco

Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all'unico pane.

Dal Libro del Deuteronomio, Cap. 8, 2 – 3. 14 – 16

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi.
Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.
Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».

Dal Salmo 147

Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.

Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.

Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.

Dalla Prima Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi, Cap. 10, 16 – 17

Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?
Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane.

Sequenza

[Sion, loda il Salvatore,
la tua guida, il tuo pastore
con inni e cantici.

Impegna tutto il tuo fervore:
egli supera ogni lode,
non vi è canto che sia degno.

Pane vivo, che dà vita:
questo è tema del tuo canto,
oggetto della lode.

Veramente fu donato
agli apostoli riuniti
in fraterna e sacra cena.

Lode piena e risonante,
gioia nobile e serena
sgorghi oggi dallo spirito.

Questa è la festa solenne
nella quale celebriamo
la prima sacra cena.

È il banchetto del nuovo Re,
nuova Pasqua, nuova legge;
e l’antico è giunto a termine.

Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l’ombra:
luce, non più tenebra.

Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo.

Obbedienti al suo comando,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salvezza.

È certezza a noi cristiani:
si trasforma il pane in carne,
si fa sangue il vino.

Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.

È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero
realtà sublimi.

Mangi carne, bevi sangue;
ma rimane Cristo intero
in ciascuna specie.

Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.

Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato.

Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.

Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione
ben diverso è l’esito!

Quando spezzi il sacramento
non temere, ma ricorda:
Cristo è tanto in ogni parte,
quanto nell’intero.

È diviso solo il segno
non si tocca la sostanza;
nulla è diminuito
della sua persona.]

Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev’essere gettato.

Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell’agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.

Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.

Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.

 Dal Vangelo secondo San Giovanni, Cap. 6, 51 – 58

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

***

UN PENSIERO DALLE SUORE DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

La forza della Comunione

(Dt 8,2-3.14-16; Sal 147; 1Cor 10,16-17; Gv 6,51-58)

“Come può costui darci la sua carne da mangiare?”. L’interrogativo è forte, scuote anche noi che a distanza di millenni rileggiamo l’accaduto. Come potevano i Giudei del tempo citati nel vangelo capire le parole di Gesù? Come possiamo noi credenti del nostro tempo capire questa profonda verità che Lui ci ha annunciato e poi lasciato concretamente nell’Eucarestia?

Le parole di Gesù vanno avvicinate con il cuore, vanno ripetute dentro il proprio cuore con la calma che permette di assimilarle, con il silenzio che permette di ascoltarne la musicalità che sa di Cielo.

Il Pane venuto dal Cielo. Questo Gesù ci offre. Ci offre cioè se stesso con il suo entrare nella storia, con la sua incarnazione, farsi uomo con noi e per noi, farsi uomo come noi.

Ecco la concretezza di Dio: tra il fumo degli incensi che saliva a lui, tra i tanti sacrifici di capri e di agnelli che per secoli erano stati offerti, lui si apre un varco di anonima normalità. Dio decide che l’uomo va raggiunto nella sua umanità per poterlo rinnovare dal di dentro, nelle profondità del suo essere.

Non è forse il cibo che mangiamo a nutrici e trasformarci? Il cibo buono possiamo dire che ci fa più “buoni” perché non ci fa ammalare, perché non ci intossica, perché rispetta il nostro corpo e la nostra psiche.

Dio si fa cibo e bevanda perché possiamo avere la vita e averla in abbondanza.

Come una madre è cibo per il bimbo che porta nel grembo, e allora è attenta a nutrirsi bene per nutrire a sua volta, così Gesù si fa cibo. Dio come una madre premurosa ci alimenta di se stesso. Se noi mangiamo di lui, rimaniamo in lui.

In questa domenica possiamo fermarci a meditare sulla preziosità dell’Eucarestia, dono grande che non è dono per pochi, ma per tutti. Gesù nell’ultima cena ha voluto raggiungere con la sua donazione ogni uomo.

Eucarestia è vita divina che può circolare nella nostra vita. Eucarestia è adorazione, ma è anche azione. Se sono alimentato del cibo divino, sarò attraversato da energia divina, che alimenterà in me pensieri divini, cioè pensieri positivi di amore, misericordia, pace.

L’incontro con il corpo e sangue di Gesù avviene durante la celebrazione della Messa, ma può avvenire anche nei momenti di adorazione silenziosa e intensa; mangiare il corpo di Cristo significa ricevere l’Eucarestia durante la celebrazione, ma se questo per vari motivi non è possibile, può anche significare ricevere l’Eucarestia attraverso la forza del desiderio, con una unione cuore a cuore con Gesù.

E poi l’Eucarestia ha una potenza universale, non la riceviamo solo per noi, non è un privilegio. La parola significa “ringraziamento”: riceviamola allora anche per chi ha bisogno, per chi è nel dolore, per chi è malato. Riscopriamo la solidarietà spirituale del nostro essere cristiani.

Ti voglio bene … ti sono vicino… ti ringrazio per esserci … mi hai fatto del male … ti perdono … sei sulla strada sbagliata e voglio aiutarti … vorrei dirti una parola ma non riesco… nel momento in cui ci accostiamo sacramentalmente oppure con una vicinanza di desiderio all’Eucarestia, possiamo chiedere a Dio che sia lui stesso a veicolare tutte queste espressioni ai nostri amici, ai nostri familiari, e siamo certi che il messaggio arriverà loro.

Il desiderio di Dio è che tutti possiamo godere della vita eterna, e dove possiamo trovare già da ora questa vita eterna se non nel suo corpo risorto che si dona a noi nella gratuità di amore?!

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza     

 

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