IN PRINCIPIO ERA IL VERBO – “Avverrà come a un uomo…” - VercelliOggi.it VercelliOggi
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Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare.

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO - Letture dalla Liturgia nella XXXIII domenica del Tempo Ordinario - "Avverrà come a un uomo..." - Video omelia di Padre Jean Paul Hernandez  - Commento a cura delle Suore Carmelitane del Monastero Mater Carmeli di Biella - 

Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte.

Prv 31, 10-13. 19-20. 30-31

Dal libro dei Proverbi

Una donna forte chi potrà trovarla?
Ben superiore alle perle è il suo valore.
In lei confida il cuore del marito
e non verrà a mancargli il profitto.
Gli dà felicità e non dispiacere
per tutti i giorni della sua vita.
Si procura lana e lino
e li lavora volentieri con le mani.
Stende la sua mano alla conocchia
e le sue dita tengono il fuso.
Apre le sue palme al misero,
stende la mano al povero.
Illusorio è il fascino e fugace la bellezza,
ma la donna che teme Dio è da lodare.
Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani
e le sue opere la lodino alle porte della città.

Sal.127

Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.

La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.

Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!

1 Ts 5, 1-6

Dalla prima lettera di San Paolo Apostolo ai Tessalonicesi

Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: “C’è pace e sicurezza!”, allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire.
Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre.
Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.

Mt 25, 14-30

Dal Vangelo secondo San Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
“Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti””.

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UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

Come l’estate feconda di frutti!

(Pr 31,10-13.19-20.30-31; Sl 127; 1 Ts 5,1-6; Mt 25,14-30)

Qual è la buona notizia che si dischiude nella lettura prolungata e pregata del Vangelo di questa domenica del tempo ordinario? Focalizziamo lo sguardo su Dio che si presenta come un padrone il quale chiama i suoi servi consegnando loro i suoi beni dando a ognuno secondo la propria capacità. Poi parte e se ne va lontano per tornare solo dopo molto tempo. Il Signore si fa povero dando a noi i suoi beni, come un padre che gode nel dare tutto ai propri figli, in effetti non ci tratta da servi che vanno vigilati e comandati ma da figli lasciandoci piena fiducia e libertà, tempo e spazio per crescere, affinché il dono consegnato come un seme germogli e porti frutto. Tutti abbiamo ricevuto dei talenti a noi riconoscerli e trafficarli, contenti di quanto ci è stato consegnato e responsabili dei doni di Dio che hanno un sorprendente potenziale di vita. I primi due servi, subito, senza indugiare, senza tenere per sé, investono quanto hanno ricevuto sperimentando con gioia il moltiplicarsi dei talenti a loro affidati. Dio ci sceglie e ci chiama perché andiamo e portiamo frutto e il nostro frutto rimanga a noi moltiplicato! Infatti quando il padrone torna e chiama nuovamente i suoi servi, con sorpresa non chiede la restituzione dei suoi beni, forse si poteva immaginare che avrebbe potuto lasciare loro l’utile ottenuto, invece lascia tutto; Dio infatti è venuto perché noi abbiamo la vita e la vita in abbondanza. Il sorprendente rendiconto premia la fedeltà e la bontà di chi ha scelto di diventare collaboratore di Dio entrando nel suo disegno di amore e dopo aver condiviso l’impegno della semina condivide la gioia dei frutti. Una nota di tristezza viene invece dal servo che decide di nascondere il talento ricevuto privandosi così da se stesso della gioia di scoprire e vivere la forza lievitante nascosta in tutte le cose e in ognuno di noi. Un senso di soffocamento come quello del talento sotterrato al buio lontano da ogni possibilità di bene e di male è l’esistenza dell’ultimo servo, piatta, senza rischi né slanci, ridotta al minimo, al non fare niente di male. La parola del Signore condanna la pusillanimità e quella grettezza d’animo che segue l’idea distorta di un Dio del quale non si è mai sperimentato l’amore. Lo Spirito del Signore ci doni coraggio e fiducia per non perdere le occasioni di fiorire e aiutare altri a farlo, lasciando il mondo migliorato.  La parabola dei talenti è l’esortazione pressante ad avere più paura di restare inerti e immobili, come il terzo servo, che di sbagliare (Evangelii gaudium 49); la paura ci rende perdenti nella vita: quante volte abbiamo rinunciato a vincere solo per il timore di finire sconfitti! Il Vangelo è pieno di una teologia semplice, la teologia del seme, del lievito, di inizi che devono fiorire. A noi tocca il lavoro paziente e intelligente di chi ha cura dei germogli e dei talenti. Dio è la primavera del cosmo, a noi il compito di esserne l’estate feconda di frutti, (Ermes Ronchi) sempre, anche quando l’inverno è alle porte!

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza     

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