(g.g.) – I Lettori forse ricorderanno il nostro precedente

che raccontava la storia, bella ed edificante, di Don Stefano Cossavella, per 33 anni (dal 1932 al 1965, quando morì il 1 luglio) Parroco della parrocchia di Muriaglio, frazione di Castellamonte.

Nel corso di 20 mesi, dal settembre 1943, quando si fece più feroce la persecuzione nazifascista ai danni della popolazione ebraica, ospitò, salvandola, la famiglia del Dott. Armando Morello: papà, mamma (la Signora Maria Gagliardone) e tre bambini, Vittorio (1933), Luciano (1936) e Maria Grazia (1940), quest’ultima ancora oggi residente a Casale Monferrato, mentre il fratello maggiore è deceduto pochi anni orsono e Luciano vive negli Stati Uniti a Naples.
Ebbene, in quella occasione potemmo riferire di un fatto certamente importante e significativo, come il conferimento dell’onorificenza di “Giusto tra le Nazioni” di cui Don Cossavella è statp insignito dallo Yad va – Shem (Un nome eterno; da Isaia, 56,5), l’istituzione israeliana che rende onore a tutti i non ebrei che, negli anni della folle persecuzione, corsero gravi rischi per mettere in salvo ebrei loro connazionali.
Fino ad ora gli italiani che sono ricordati presso il Memoriale dell’Olocausto a Gerusalemme sono circa settecento: uno di questi, come da qualche anno è stato reso noto, è, per esempio, il Dottor Carlo Angela, detto anche “lo Schindler italiano”, padre del giornalista televisivo Piero e della professoressa Sandra, che ha insegnato tanti anni matematica e scienze alla Scuola Media Gaudenzio Ferrari di Vercelli.
Giovedì 18 dicembre – nel corso di una semplice, quanto partecipata e toccante cerimonia tenutasi presso la Sinagoga di Torino, in piazzetta Primo Levi – la consegna ufficiale del riconoscimento alla memoria agli eredi di Don Cossavella e di altre due famiglie piemontesi di Castagnole delle Lanze in provincia di Asti, quelle, rispettivamente, di Maria e Mario Rivella e di Ernesto e Luigina Albezzano.
Il nostro filmato racconta i momenti essenziali e certo commoventi della serata trascorsa a Torino.
Serata che ha permesso di mettere in rilievo anche un dato assai significativo e di cui il nostro Paese può andare fiero.
Rispetto altri Paesi europei, l’Italia ha assicurato protezione e salvezza ad un numero molto elevato di ebrei.

Basti pensare – lo ricorda il Presidente della Comunità ebraica di Torino, Dario Disegni – che nel periodo tra il 1943 ed il 1945 gli ebrei in Italia erano 32.300; di questi 8.800 furono arrestati e 6.800 deportati.
Rimasero in Italia 23.500 persone: braccate dai nazifascisti, ovviamente senza più lavoro, private di ogni loro bene.
Ebbene, tutte riuscirono a salvarsi grazie all’aiuto – sempre disinteressato – del popolo.
Il nostro articolo del 2024 racconta tanti particolari della storia del Dott. Morello e dalla sua famiglia e, in questo periodo, abbiamo ricevuto altre testimonianze.
Tra queste, quella di una Signora ormai 93enne (che preferisce non essere citata perché teme che la memoria la tradisca, ma è tropo modesta; vedremo che è una sorta di Enciclopedia Britannica di quei tempi) che racconta:
“Sono nata nel 1932, la terza di cinque fratelli. Vivevamo a Casale Monferrato ed il nostro Medico di famiglia era proprio il Dott. Morello.
Gli eravamo tutti affezionati ed i miei genitori, in particolare, nutrivano per lui una grande fiducia per le cure che prestava al più piccolo dei miei fratelli, colpito da una grave nefropatia.
Un giorno arrivò da noi e ci disse che non avrebbe più potuto esercitare la professione, proprio a cause delle leggi razziali che inibivano agli ebrei ogni attività.
Ci presentò il suo successore, un giovanissimo Dott. Capra Marzanis che, pur molto dispiaciuto per la sorte toccata al suo predecessore, accettò necessariamente di subentrargli.
Un giovane di valore, che più tardi sarebbe diventato Direttore Sanitario dell’Ospedale di Casale Monferrato.
Io stessa, poi, fui compagna di scuola al Liceo di Vittorio Morello: allora le classi erano divise, ragazzi e ragazze non potevano stare insieme. Solo le lezioni di Inglese potevano, per ragioni di numero, tenersi in classi miste; lo conobbi così”.
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Se questa è certamente una testimonianza inedita, altre non meno interessanti sono raccontate nel video che abbiamo messo in repertorio nel pomeriggio trascorso a Torino.
Ne facciamo un piccolo sommario, invitando il Lettore ad ascoltare dalla viva voce dei protagonisti il ricordo di quei giorni.
Il video si apre con l’introduzione ed un breve, ma molto esauriente excursus storico offerto dal Presidente della Comunità ebraica di Torino, Dario Disegni.

Ascolteremo poi l’intervento della Dott.ssa Ophir Eden, Capo Dipartimento per gli Affari Pubblici dell’Ambasciata di Israele in Italia.

A seguire, la testimonianza delle Signora Adriana Torre ved. Ottolenghi, Vice Presidente della Comunità ebraica di Casale Monferrato (cui il Medico Morello apparteneva).
La Signora Torre Ottolenghi è a sua volta una testimone del tempo: suo marito Giorgio fu Medico che avemmo il privilegio di conoscere quando già era anziano, così come altri illustri esponenti della Comunità quale il Prof. Dario Carmi.
L’attuale Presidente della Comunità ebraica di Casale è sua nipote Daria
figlia del compianto Elio di cui sentiamo parlare nel video.
Storie di persecuzioni e discriminazioni subite senza colpa alcuna ed alleviate dalla pietà popolare capace di veri e propri atti di coraggio, umile e silenzioso, ma indomito, che inverano l’insegnamento offerto da una sapiente massima: chi salva una vita umana salva il mondo intero.
E’ poi la volta del Dott. Davide Morello, nipote di Armando. Con lui si inizia il racconto dell’iniziativa e della ricerca che ha portato a riannodare i fili della vicenda che ha per protagonista l’insignito di oggi, proprio Don Stefano Cossavella.
E’ proprio il Dott. Davide che richiama il grande e amichevole sostegno ricevuto da Elio Carmi nel proseguire in questa ricerca, anche nei momenti in cui tutto pareva difficile ed il traguardo lontano.

Una ricerca che ha un’altra protagonista, la Signora Rachele Bernardi Gra: se l’iniziativa di Davide Morello fa scoccare la scintilla sul versante casalese, su quello canavesano è proprio Rachele a corrispondere, tanto che una storia altrimenti destinata all’oblio può tornare alla luce ed essere insegnamento per tutti.

E ora, finalmente, tocca al pronipote di Don Cossavella, Alessandro Viglia Atton di Ivrea, che ritira il riconoscimento alla memoria dello zio.
Sua mamma ne era nipote e “Perpetua” e lui, bambino, ne ricevette i racconti, le memorie, anche quelle delle ansie e della paura che pervadeva la giovane mamma (nata nel 1921, si trovava poco più che ventenne sotto la minaccia delle armi degli squadristi che cercavano gli ebrei nascosti in canonica) quando arrivavano le brigate nere.
Ma non parlarono mai, né lei, né don Cossavella.
E nemmeno la gente del paese che, anzi, tutta concorse a proteggere la famiglia dei rifugiati.

Ancora una testimonianza, quella del Sindaco di Bollengo, Luigi Sergio Ricca: Bollengo è il paese dove Don Cossavella nacque e dove riposano le sue spoglie mortali.
Buona visione – con le immagini di Giancarlo Guidetti – e buon ascolto.



































