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QUESTIONE GLIFOSATO – La posizione di Isde Nazionale

In una lettera inviata a tutti i sindaci italiani i che chiarimenti in termini di evidenze scientifiche

PiemonteOggi, Regione Piemonte, Vercelli Città

Riceviamo e pubblichiamo la lettera che ISDE Nazionale ha inviato a tutti i sindaci italiani in merito alla questione Glifosato che chiarisce in termini di evidenze scientifiche la sua posizione.

 

A tutti i Sindaci italiani

Oggetto: Ultimi studi pubblicati sugli effetti tossici del glifosato e richiesta di azioni urgenti

Gent.mi,

Le scriviamo alla luce dei risultati di studi recentemente pubblicati su autorevoli riviste scientifiche internazionali, che confermano i gravissimi danni indotti dal glifosato.

Come è noto, gli studi sperimentali, quando ben condotti, costituiscono un’importantissima fonte di informazioni attendibili. Tale fonte viene utilizzata da sempre nel mondo scientifico per dimostrare gli effetti di un agente fisico (ad esempio radiazioni) o chimico, per comprenderne i meccanismi di danno e adottare politiche precauzionali possibilmente prima che siano rilevati gli stessi danni nella popolazione.

Per la loro predittività. gli studi sperimentali sono parte integrante della classificazione dei cancerogeni da parte dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro IARC (OMS), insieme a studi sulla popolazione e studi meccanicistici.

Già nel 2015, la IARC aveva classificato il glifosato come “probabile cancerogeno per l’uomo”. Da allora, controversia non si è mai spenta, anche a causa degli interessi economici che, come è noto nella storia dei rischi ambientali, hanno spesso ostacolato l’adozione di normative ambientali restrittive. Ma oggi, grazie allo studio condotto dall’Istituto Ramazzini e pubblicato su Environmental Health nel giugno 2025, disponiamo di una delle prove sperimentali più solide: l’esposizione cronica al glifosato, iniziata in utero e protratta per due anni in ratti di laboratorio, ha causato un aumento significativo e dose-dipendente di tumori multipli, quelli rari come leucemie precoci, tumori del sistema nervoso, del fegato, della pelle, delle ossa e della tiroide.

La gravità è accentuata dal fatto che gli effetti si manifestano anche a dosi corrispondenti a quelle considerate “sicure” dall’Unione Europea (0.5 mg/kg/die, la cosiddetta ADI). In alcune casistiche, come quella delle leucemie, il 40% degli animali esposti è morto nel primo anno di vita. Un dato anomalo e inquietante, se paragonato all’incidenza di leucemie precoci negli animali di controllo (non esposti in alcun modo) dello stesso studio (incidenza = 0%) e con quelli storici dell’Istituto Ramazzini e del National Toxicology Program americano (<1%), anche questi appartenenti allo stesso ceppo di ratti utilizzati dall’Istituto Ramazzini nello studio. ><1%) anche questi appartenenti allo stesso ceppo di ratti utilizzati dall’Istituto Ramazzini nello studio.

Purtroppo, il rischio non riguarda solo la cancerogenicità. Studi recenti suggeriscono che il glifosato possa rappresentare un filo conduttore tra due condizioni apparentemente distanti, ma sempre più diffuse: l’autismo (ASD) e il morbo di Parkinson (PD). Un’analisi longitudinale, recentemente pubblicata su JAMA Neurology, ha evidenziato un aumento significativo del rischio di Parkinson nei soggetti affetti da autismo, aprendo lo scenario a una comune debolezza neurobiologica, forse genetica (ad es. mutazioni nel gene PARK2), ma verosimilmente esacerbata da esposizioni ambientali precoci.

È importante sottolineare che gli studi sperimentali citati si aggiungono a solide evidenze epidemiologiche nell’uomo, che hanno documentato in maniera chiara come l’esposizione a glifosato, confermata dalla misurazione di questa sostanza nelle urine, incrementi il rischio di mortalità per tutte le cause, l’insorgenza di insulino-resistenza, alteri il metabolismo del glucosio e aumenti il rischio di diabete e di malattie cardiovascolari.

Purtroppo oggi, nonostante gli appelli da parte della comunità scientifica internazionale, il glifosato rimane l’erbicida più utilizzato al mondo; esso continua a insinuarsi nella nostra catena alimentare, nell’acqua che beviamo e nell’aria che respiriamo. E, come sempre, saremo costretti poi a pagare ingenti danni morali e materiali per non essere stati prudenti prima.

Eppure ci sono Sindaci e comunità locali che hanno già deciso di eliminare il glifosato dal loro territorio sostituendolo con altri metodi di diserbo ugualmente efficaci e non dannosi per la salute (Conegliano Valdobbiadene, dove il divieto è stato introdotto nell’area del Prosecco DOCG; Bucine, che ha rinnovato il divieto temporaneo di utilizzo di erbicidi contenenti glifosato; Livorno, che ha vietato l’uso del diserbante in agricoltura; Ferrara etc.).

Altri Sindaci, invece, hanno fatto scelte opposte, come quello di Vercelli che pochi giorni fa ha incomprensibilmente deciso di utilizzare di nuovo il glifosato per la manutenzione del verde pubblico, dopo dieci anni di bando.

Questo dimostra che c’è un ampio margine per la responsabilità individuale dei Sindaci e che amministratori virtuosi e rispettosi della salute pubblica possono fare la differenza.

Abbiamo già accennato alle difficoltà di una normativa nazionale ed europea cautelativa, in quanto osteggiata dai produttori e da chi non vuole accettare i risultati degli studi scientifici, o li mette in discussione ad arte al fine di far perdere tempo nella valutazione dei rischi e procrastinare i provvedimenti eventualmente necessari. Ma oggi non possiamo più ignorare le prove che corroborano la possibilità di trovarci di fronte ad un determinante ambientale che, anche in seguito ad assunzione cronica di basse dosi, contribuisce in modo subdolo a quella che possiamo definire la “deriva endocrino-cardio-metabolica-neuro-oncologica” della nostra epoca: un’esplosione silenziosa di malattie complesse ad elevata prevalenza, dai disturbi neurologici infantili alle alterazioni del sistema ormonale, dalle malattie cardiovascolari e metaboliche ai tumori giovanili, alle gravi patologie neurologiche nella senescenza, che aumentano con l’intensificarsi dell’inquinamento ambientale

Il glifosato può trasportare metalli pesanti, interagire con altre sostanze tossiche e penetranti come le micro e nanoplastiche, potenziando effetti genotossici o infiammatori attraverso una rete di co-fattori.

Noi siamo fiduciosi ed è da tempo che è stato richiesto alla IARC/WHO di rivedere la classificazione di “probabile cancerogeno” inserendo il glifosato nella classe dei “cancerogeni certi”, ma siamo altrettanto fiduciosi che già fin d’ora le prove fornite dalla comunità scientifica, la classificazione “come cancerogeno probabile” della IARC, oltre alle altre numerose e solide prove di danno anche di tipo non-oncologico, possano indurre gli amministratori ad assumersi la responsabilità di vietarlo sul proprio territorio.

Ripetiamo, molti lo hanno già fatto basandosi non più sul solo principio di precauzione ma, ormai, sul principio di prevenzione.

Ogni giorno che passa senza un’azione decisa sul fronte normativo è un giorno in cui la generazione attuale e, potenzialmente, una nuova generazione sono esposte fin dalla vita prenatale a una molecola in grado di alterare processi fisiologici vitali e aumentare il rischio di malattie che potranno manifestarsi a distanza di decenni.

Fiduciosi in una Sua adesione al nostro appello, rimaniamo disponibili per fornire eventuali approfondimenti ed eventuale supporto.

La ringraziamo per l’attenzione.

Roberto Romizi – Presidente ISDE Italia

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Redazione di Vercelli

Posted in Salute & Persona