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Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO - Letture dalla Liturgia nella Solennità di Ognissanti - «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello» - Commento a cura della Prof. Elisabetta Acide -

Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli.

Ap 7,2-4.9-14

Dall’Apocalisse di san Giovanni Apostolo.

Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».
E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele.
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».
E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».

Sal 23

RIT: Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.

Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.

  RIT: Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.

  RIT: Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

  RIT: Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.

1 Gv 3, 1-3

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo.

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.

Mt 5, 1-12

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE

Presente e futuro: oggi siamo chiamati allo sguardo.

Oggi siamo chiamati alla speranza.

Oggi siamo chiamati a riflettere sulla “santità”.

Oggi siamo ri-chiamati a riflettere sul nostro agire come “cristiani”, coloro che “sono di Cristo” e Cristo ci chiama alla santità.

I santi che “camminano” nella storia e che hanno “camminato” nella storia.

La visione dell’Apocalisse ci introduce la riflessione: “Vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua” (Lettura, Ap 7,9).

La “moltitudine immensa”… allora è possibile… non si può contare, ma è “possibile raggiungere”: quale consolazione! Tutti abbracciati dalla misericordia del Padre, quella rivelata in Gesù e donataci dallo Spirito.

“Tutti”: possibilità e certezza: nel cristianesimo non c’è “esclusione a priori”, tutti “chiamati”.

 “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello” (cfr.Ap 7,14): ecco chi appartiene alla “moltitudine”; la salvezza e la redenzione di Cristo “raggiunge” ogni uomo ed ogni donna.

Ogni uomo e ogni donna… chiamati alla santità, nella “grande tribolazione” della quotidianità, ciascuno con la sua esistenza, con i suoi passi, con il suo cammino, con le sue scelte, con la sua libertà, con i suoi sì ed i suoi no.

Santi, non “perfetti”.

Santi per essere “uomini e donne nuove”, “in cammino”.

Santi perché uomini e donne “vere”, con le difficoltà dell’esistenza, con i dubbi ed i tentativi, con il bagaglio di umanità, con una fede-dono, con una fede vacillante, con una fede matura, con una fede salda… con una fede, con la speranza, con la certezza della “chiamata alla santità”.

Santi perché chiamati a percorrere quelle strade dell’umano che Gesù stesso ha percorso, santi perché “chiamati” da Dio ad essere “nel mondo” ma non “del mondo” (cfr. Gv 17,15-18).

Santi perché vivi nel tempo e chiamati all’eternità.

Santi perché (santo dalla radice dell’ ebraico kadosh)altro”, “distinto”, separato dalle logiche del mondo.  “La santità, la pienezza della vita cristiana consiste nell’unirsi a Cristo, nel vivere i suoi misteri, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua” (Benedetto XVI, Udienza generale, 13 aprile 2011).

Santi per “vocazione”.

Santi con la certezza che ci viene dai figli amati: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui” (seconda lettura).

Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità: da questa santità è promosso, anche nella società terrena, un tenore di vita più umano” (Lumen Gentium, n. 40).

Santità di tutti.

Nell’Apocalisse, san Giovanni apostolo indica un numero “centoquarantaquattromila segnati” , l’intero popolo di Dio.

Ricordiamo che 12 è di solito il numero che sta per il popolo di Dio (12 tribù di Israele e 12 apostoli), da qui: 144 = 12 x 12 dunque l’intero popolo di Dio. Il numero viene  moltiplicato da 1000 per indicare la sua grandezza. Quindi i 144000 sono tutti i salvati, tutto il popolo di Dio, quelli che “cantano un canto nuovo” (cfr. Ap 14).

Santi perché “immersi” nella paternità di Dio, nel suo Amore, “diretti” verso il “cielo”, verso la “Gloria” di Dio.

Santi perché amati.

E quella “santità” ci “indirizza” (Vangelo), con quell’amore sovrabbondante che ci chiama alla felicità.

I santi pervasi dall’Amore di Dio che ci chiama a seguirlo per una beatitudine che non conosce tramonto.

Santi in cammino su quella “via”.

Un approssimarsi spaziale che colloca la “direzione”.

Su quel monte (secondo il racconto dell’evangelista Matteo e vogliamo ricordare anche il brano “parallelo” del Vangelo di Luca) Gesù “chiama” alla santità.

Gesù invita ad un “capovolgimento”, ad un “ordine nuovo di priorità”.

Le chiamiamo “beatitudini”, ma forse dovremmo ricordare l’origine ebraica asher che indica proprio quel “cammino retto” da percorrere per arrivare a Dio, il greco màkarios lo trasforma in “beato”, “felice”, ma “in cammino”.

Felicità.

Non una “felicità statica”, ma una “felicità dinamica”, una “chiamata” all’ascesa, come su quel monte con lo spazio “pianeggiante”, dove ci si può “mettere a sedere”, non solo per “parlare con autorità”, come fa Gesù-maestro, ma per aiutare a capire che dopo la “camminata”, “arrivo”, posso “sedermi”, contemplare e “stare” alla Presenza.

Folle in attesa di “parole di felicità”, che giungono da quel “monte”, da quel Dio “seduto” che invita a “metterci in piedi”. Da un Dio che “siede” e “parla” e “insegna” dopo aver camminato da “uomo in piedi” ed aver sperimentato i passi e la polvere, il male alle gambe e il bisogno di fermarsi. Parole di un Dio che non teme di “rivoluzionare” e “sconvolgere”, ma di “trasformare” le logiche della felicità “umana”.

E allora oppressi, miti, poveri in spirito, affamati ed assetati di giustizia, puri di cuore, operatori di pace, insultati, perseguitati, oppressi, emarginati… per il Suo Nome… diventeranno “camminatori di speranza”, anelanti di felicità.

Lo sa Dio, la felicità è una “ricerca”, è un “desiderio” e su quell’altura, con l’azzurro del cielo che si fonde con quel “mare”… parte da qui, parte dal “desiderio di Dio”: “vedranno Dio”. La felicità.

“Vedere” Dio. Bello, luminoso, Amore che dona Amore, Amore che dona gioia, che non “lascia in sospeso i desideri dell’uomo”, ma vuole dare gioia,luce, pace.

Un Dio che parla di felicità e la rende “possibile”, “accessibile”, un Dio che sa che l’uomo “rincorre”, “brama”, “ha sete”, tanto da intessere lodi, canti e preghiere appassionate…

E Dio risponde: “Beato l’uomo…” .

Non solo “felice”, ma “paradossalmente felice”.

Non solo perché “teme il Signore”, non solo perché “cammina sulle sue vie”, non solo perché “non si compiace”… certo, tutte cose importanti, ma Gesù si spinge “oltre” (Libro dei Salmi): “Beato l’uomo che sa camminare” nella povertà di spirito,nell’afflizione, nella ricerca di giustizia, nella costruzione della pace…”.

Beato quell’uomo che non si “ferma sul monte”, ma che “segue Dio”.

Sappiamo quante interpretazioni, ovviamente tutte autorevoli, hanno intessuto le trame dell’esegesi e della spiegazione: Gesù “novello Mosè”, “Nuova Legge”, “Nuova Alleanza”… forse qui il “Mosè” sono gli “Apostoli” che ricevono da Dio-Gesù la risposta alla ricerca dell’uomo.

Gesù è Dio e parla “come Dio” (dal “monte” a “sedere” dalla “cattedra”).

Non “guida”, non “consigli”, ma “Parole di vita eterna”.

“Beati”: non “allegri”, non “ottimisti”, non “sorridenti”, ma liberi e alla ricerca della comunione per vivere e cercare la pace, la giustizia, la speranza, la consolazione.

Beati perché “miti ed umili di cuore” …“imparate da me”…

Ecco il “modello”: Gesù insegna la “beatitudine” attraverso la santità.

Beati per quei “cieli nuovi e terra nuova”.

Beati perché “misericordiosi”, non solo perché “perdonati”, non solo perché “soggetto” dell’Amore misericordioso di Dio, ma perché in grado di “amare” sul “modello dell’Amore”: Amare senza tornaconto, senza interesse, i poveri, gli abbandonati, i miseri, chi è in difficoltà, chi mi insulta o mi perseguita…

Beati perché “luogo di pace con la vostra vita”, propagatori di giustizia, figli di Dio amati perché artefici di pace.

Beati perché folla discendente dal mondo, saprete percorrere i passi della santità, perché  vivrete la gioia del cammino, perché una “chiamata” attende, perché saprete “contagiare” con le parole del Maestro la vita del mondo.

Beati perché non vi abbatterete, non vi fare “sommergere” dalla logica del mondo, non vi “appiattirete” alla liquidità della vita, non vi “accontenterete” ma saprete essere  “strade di pace”.

E ci mettiamo “in processione” con le parole del Salmo 23/24 (Salmo), come quella liturgia d’ingresso al Tempio, quando si cantavano quelle parole che accompagnavano il cammino di “ingresso”: “Del Signore è la terra e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti”. Siamo “tuoi” Signore, chiamati alla santità, chiamati al cammino, chiamati alla “meta”, con “mani, pensiero e cuore” (secondo la logica ebraica del salmo, cuore come luogo dove si maturano luoghi, pensieri, progetti) per vivere la santità nella relazione con Dio e con i fratelli.

Vogliamo vivere i passi della santità e preparare il cuore al Mistero di quel volto splendente e glorioso che vedremo “faccia a faccia” (seconda lettura) se sapremo percorrere la strada della felicità con quell’esortazione di San Giovanni apostolo a non vivere più secondo il peccato, ma secondo il comandamento di Gesù, quello dell’amore, con la fede di chi ha abbracciato la fede in Gesù che ci permette di essere “figli di Dio”.

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