Il Referendum confermativo che vedrà chiamati gli italiani alle urne, verosimilmente nel prossimo mese di marzo 2026, dirà se il popolo italiano condivide o meno quanto il Governo, prima, ed il Parlamento, poi, hanno deciso e tradotto nella Legge costituzionale pubblicata in
Gazzetta Ufficiale il 30 ottobre 2025 – leggi qui il testo integrale – .
Il dibattito è aperto ed anche questa volta sarà importante la partecipazione al voto anche se (anzi, tanto più se), trattandosi di referendum confermativo, l’esito sarebbe valido anche se non dovesse recarsi alle urne la maggioranza degli Elettori aventi diritto.
Come è ormai noto, tre sono i cambiamenti che – votando sì – entreranno nel nostro Ordinamento.
Il primo è la separazione delle carriere: Magistratura requirente (il Pubblico Ministero che esercita l’azione penale e sostiene la Pubblica accusa) non potrà, nel corso della propria vita professionale, cambiare ruolo, “fronte”, entrando a far parte della Magistratura giudicante, cioè non potrà diventare Giudice.
E viceversa.
Il secondo è costituito dal conseguente “sdoppiamento” del Consiglio Superiore della Magistratura: in caso di approvazione della riforma, ce ne sarà uno per la Magistratura requirente ed uno per quella giudicante; entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica.
La composizione dei due Consigli, inoltre, avverrà per sorteggio.
Il terzo, infine, prevede che l’azione disciplinare sia esercitata da un nuovo Organismo, l’Alta Corte Disciplinare (15 giudici, mix di nominati, sorteggiati e togati) per giudicare i Magistrati, separando così le carriere e sostituendo il potere disciplinare del CSM attuale.
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Tra i primi soggetti a prendere posizione (a favore del “Sì” al referendum, cioè per la conferma della riforma) sono state le Camere Penali italiane, cioè le associazioni tra gli Avvocati penalisti, che da anni, peraltro, sostengono la necessità che le carriere dei Magistrati siano distinte, come la riforma stessa prevede.
Anche la Camera Penale di Vercelli fa parte di questo movimento e qualche giorno fa ha tenuto una conferenza stampa per presentarsi e presentare la propria posizione.
Da qui ai prossimi mesi, ci permettiamo un’avvertenza per il Lettore.
L’argomento è di grande importanza e non si mancherà di entrare ancora in tema, ospitando ovviamente tutte le posizioni.
E’ uno di quegli argomenti che, necessariamente, non si può che esporre facendo ricorso a linguaggi tecnici.
Pretendere il contrario sarebbe come chiedere ad un congresso di Cardiologi di esprimersi con formule del tipo: se hai un dolorino qui, uno là e via semplificando, pensando che così tutti possano capire.
Vuol dire, allora ed al contrario, che dovremo tutti improvvisarci e seguire corsi accelerati come dei novelli Francesco Carnelutti?
No, certamente: semplicemente, dovremo mettere un po’ di impegno in più e, con pazienza, cercare di approfondire gli argomenti, eventualmente esponendo i nostri dubbi a chi abbia le competenze tecniche per chiarire le cose.
Gli Avvocati, di contro, dovranno a loro volta impegnarsi per cercare le categorie ed i linguaggi di un’attività divulgativa seria, che rifugga slogan e formule apodittiche, quando accessibile.
Buona lettura.
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Il Presidente della Camera Penale di Vercelli, Avv. Massimo Mussato, così spiega, con quest’ampia sintesi, il pensiero suo e dei Colleghi.

È nato il Comitato per il Sì dell’Unione delle Camere Penali Italiane, al quale aderiscono la Camera Penale di Vercelli e le altre 128 Camere Penali che compongono il nostro territorio.
Nella maggior parte dei Paesi Europei, in Inghilterra, negli Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia i due ruoli di Giudice e di Pubblico Ministero sono distinti.
Sistemi diversi ma un principio unico.
Quello secondo cui chi controlla (il Giudice) non può essere il collega di chi è controllato (il PM, al pari del difensore penale).
Quello secondo cui chi esercita la giurisdizione (Il Giudice e nessun altro) non ha alcunché a vedere con il Pubblico accusatore che svolge un ruolo di parte, al pari, ancora, del difensore.
Stiamo parlando di modifiche costituzionali che non sono contro la Magistratura.
Ne sono anzi a favore, la tutelano, la rispettano, ne rendono concreta l’autonomia.
Chi pensa che tutto questo sia per penalizzare o indebolire la Magistratura (o, peggio ancora, punirla, chissà poi per quale ragione) commette un clamoroso errore.
E le Camere Penali portano avanti questi principi dai tempi dell’introduzione del sistema accusatorio nel codice di procedura penale del 1988.
Gli stessi principi di Giuliano Vassalli, di Giandomenico Pisapia e di Giovanni Falcone.
E potremmo citarne molti altri.
Il Giudice deve essere distinto da chi esercita il ruolo della pubblica accusa.
Quest’ultimo svolge le indagini, decide se esercitare o meno l’azione penale, chiede misure cautelari, chiede condanne sulla base degli elementi di prova che ha raccolto.
Il Giudice deve invece valutare le ragioni della pubblica accusa e della difesa, porsi nella sua costituzionale posizione di terzietà e decidere se e come intervenire sulla libertà delle persone e sulla loro vita.
Separare le carriere di PM e Giudice tutela entrambi e garantisce loro indipendenza ed equilibrio.
Perché rappresentano e incarnano ruoli così diversi che non è normale che appartengano alla stessa organizzazione, che si valutino tra loro, che condividano le medesime carriere, lo stesso organo di governo e quello di disciplina.
La riforma porta quindi all’autonomia, all’indipendenza e al rispetto di entrambi i ruoli.
L’art. 111 della Costituzione, che tratta del giusto processo, afferma, non a caso, che “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parità davanti a un giudice terzo e imparziale”.
E allora se il Giudice è separato dall’Avvocato difensore, come è giusto che sia, deve essere separato anche dal Pubblico Ministero.
E non corrisponde al vero, come affermano coloro che sono contrari alla riforma costituzionale, che la stessa andrebbe a tangere l’indipendenza del pubblico ministero e lo assoggetterebbe al potere esecutivo.
E’ invece vero il contrario.
L’art. 104 della Costituzione rimane infatti fermo e immutato sul principio secondo cui “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”.
Semplicemente si aggiunge un inciso: “è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente”.
E ogni legge successiva alla riforma che dovesse ispirarsi a un assoggettamento del PM al potere esecutivo sarebbe contraria alla Costituzione e avrebbe vita breve.
Nessun condizionamento politico e nessun condizionamento al potere esecutivo, quindi, ma proprio il suo esatto contrario: con la riforma si rende il Giudice libero da ogni possibile influenza.
E il PM continuerà ad essere un Magistrato autonomo, a sua volta libero da ogni altro potere.
Separare le carriere dei Magistrati non significa tangere la loro indipendenza, significa impedire una commistione tra la cultura dell’accusa e quella del giudizio che è contraria alla sostanziale differenza di ruoli e di funzioni che i Magistrati svolgono.
Attraverso la riforma il Consiglio Superiore della Magistratura viene inoltre sdoppiato: uno per i Giudici e uno per il Pubblici Ministeri.
E con il sorteggio dei componenti e la creazione di due CSM distinti si potranno superare le logiche delle correnti che condizionano le nomine e condizionano le carriere, a prescindere dal merito e dalla competenza che devono invece essere le sole ragioni per cui un Magistrato, giustamente, progredisce nella sua carriera.
Ma chi può dubitare di ciò?
Il Presidente della Repubblica continuerà a presiedere entrambi i Consigli Superiori e a garantire equilibrio istituzionale, unitamente all’istituzione dell’Alta Corte disciplinare, totalmente autonoma e indipendente dai due Consigli Superiori che perderanno il loro potere disciplinare.
E tutto questo non è per noi, Avvocati.
E’ invece per i cittadini e per la giustizia.
Di cui noi, Avvocati, siamo garanti.
Ed è per tutti quei Magistrati che lavorano bene, seriamente e con professionalità.
E sono molti. Davvero molti.
Ma i principi contano.
E il principio accusatorio vede due parti tra loro equidistanti (Accusa e Difesa) e un Giudice posto quale arbitro a valutare le loro ragioni e che, per essere davvero terzo anche sotto il profilo culturale, deve essere lontano ed equidistante da entrambi e avere con loro in comune soltanto la legge.















