Paoletta Picco e Pier Giorgio Fossale, Presidene dell'Ordine dei Medici -
Quali
sono le basi neurobiologiche dell’amore? In virtù di quali meccanismi neurali
desideriamo intensamente la presenza di una persona cara? Esistono ‘molecole
dell’amore?’ o un ‘collante’ biologico delle nostre relazioni sociali? E,
parlando di relazioni sociali, che ruolo hanno o dovrebbero avere le emozioni
nella vita pubblica?
Dobbiamo
abbandonarci ad esse puntando sulla dimensione empatica delle relazioni o le
emozioni - anche quelle positive - devono essere tenute sotto controllo a
favore di una analisi razionale? E, ampliando ulteriormente il discorso, cosa
ci insegnano le molteplici manifestazioni dell’amore nella storia e nelle
diverse culture su noi stessi, sulla natura dei nostri sentimenti e
dell’affettività? E infine esiste un’etica dell’amore? Se fosse possibile
liberarci con un farmaco o una terapia del ricordo di un amore sfortunato,
sarebbe giusto farlo?
Fino
a pochi decenni fa porre il tema dell’amore affiancando la riflessione
scientifica tipica delle neuroscienze e delle scienze cognitive in generale a
un approccio storico-umanistico sarebbe apparso come
qualcosa di sorprendente, se non francamente discutibile: un
tentativo (scientista?) di ridurre alla ‘fredda’ indagine scientifica una delle
caratteristiche più ‘calde’ e profonde dell’esperienza umana.
Oggi,
tuttavia, lo sviluppo delle scienze della mente ci permette di indagare sempre più a fondo
la soggettività umana, inserendo in una cornice unitaria i temi
delle emozioni e dell’affettività nella loro valenza individuale e sociale,
fino a toccare, appunto, il santuario dell’amore, nelle sue varie
manifestazioni.
I
progressi delle neuroscienze stanno infatti contribuendo a svelare le basi
neurofisiologiche di differenti tipi di relazione affettiva, inclusi amore
romantico e amore materno, e come le loro dinamiche siano influenzate da
cambiamenti nei meccanismi cerebrali della ricompensa, sotto l’influenza di
specifici sistemi ormonali. Per quanto preliminari, questi risultati mettono in
luce il potenziale contributo delle discipline neurobiologiche alla
comprensione di temi di grande rilevanza sociale, oltre che strettamente
scientifica.
Di
queste e altre questioni di tratterà, partendo dalle neuroscienze dell’amore,
nel corso del convegno Amor che nella mente mi ragiona. Natura e cultura
dell’amore, che si terrà sabato 19 ottobre a Vercelli, presso l’Aula
magna “San Giuseppe” dell’Università degli studi del Piemonte Orientale –
Piazza Sant’Eusebio – Vercelli.
L’incontro,
coordinato dal dott. Piergiorgio Fossale, presidente dell’Ordine
dei Medici di Vercelli, e da Michele Di Francesco, Filosofo della mente
presso la Scuola Superiore IUSS di Pavia, vedrà la partecipazione di Nicola Canessa,
Eva
Cantarella, Cristina Meini e Roberto Mordacci.
Nicola
Canessa,
docente di Psicobiologia e Psicologia fisiologica della Scuola Superiore IUSS
di Pavia, mostrerà come i progressi delle neuroscienze stanno contribuendo a
svelare le basi neurofisiologiche di differenti tipi di relazione affettiva,
inclusi amore romantico e amore materno, e come le loro dinamiche siano
influenzate da cambiamenti nei meccanismi cerebrali della ricompensa, sotto
l’influenza di specifici sistemi ormonali. Per quanto preliminari, questi
risultati mettono in luce il potenziale contributo delle discipline
neurobiologiche alla
comprensione di temi di grande rilevanza sociale, oltre che
strettamente scientifica.
Eva
Cantarella,
studiosa di diritto Romano e Greco, affermata scrittrice e collaboratrice della
pagina culturale del Corriere della Sera, introdurrà il tema dell’amore “degli
altri”, mostrando come l’amore, spesso considerato un sentimento immutabile, è
in realtà declinato in modo differente presso epoche e culture diverse,
offrendo uno strumento per la comprensione del nostro tempo attraverso le ‘differenze’
dell’amore.
Cristina
Meini,
docente di Filosofia della mente presso l’Università del Piemonte Orientale, affronterà il
tema del rapporto tra ragione ed emozione proponendo un primato
della ragione, ma solo a patto che quest’ultima contenga al proprio interno un
spazio per le emozioni (come avviene per esempio nella proposta di Antonio
Damasio).
Roberto
Mordacci,
filosofo morale dell’Università San Raffaele di Milano, prende le mosse dalla
domanda “Si
può dimenticare l’amore?”. Joel e Clementine,
nel film scritto da Charlie Kaufman (premio Oscar per la miglior
sceneggiatura originale) per Michel Gondry, ci provano, grazie a una procedura
avveniristica di cancellazione selettiva dei ricordi. Ma è bene farlo? E quali
sono gli esiti? Un film costringe a immaginare realisticamente gli scenari
aiutandoci a costruire una filosofia dell’amore.
Redazione
di Vercelli